Le religioni devono saper creare ponti fra individui, popoli e culture

ponti non muridi BARTOLOMEO

Se nell’accezione comune possiamo definire la “comunione” come una sorta di armonia tra due o più persone, nell’esperienza trinitaria essa è piena compartecipazione di scopi, sentimenti e ideali. È intima relazione tra le persone divine e allo stesso tempo intima relazione di Dio in Cristo con i credenti, grazie allo Spirito creatore.
Questa koinonia con Cristo significa partecipare alla sua passione, alla sua morte e alla sua risurrezione per entrare nel suo regno di gloria. Tale aspetto relazionale manifesta due facce della stessa medaglia: da una parte la relazione libera della sinergia dell’uomo col Dio filantropo, rappresentata dall’incarnazione, questo amore portato per primo da Dio all’uomo e «interazione dell’amore discendente di Dio e dell’amore ascendente dell’uomo» (Pavel Evdokimov), che san Nicola Cabasilas definisce manikòs e ro s, amore folle di Dio per l’uomo; dall’altra, la relazione si manifesta non tanto verso qualcuno, ma verso la partecipazione al “qualcosa”, significa condivisione della fede, della spiritualità, pregare gli uni per gli altri, significa realizzare concretamente questa comunione delle nostre vite e metterla in pratica. Significa fare l’esperienza di comunione nel dialogo, nella pace e nell’unità. La Chiesa ortodossa ha manifestato la sua koinonia nello scorso mese di giugno, quando a Creta, per decisione unanime di tutti i primati delle Chiese ortodosse autocefale, è stato convocato il santo e grande concilio. Dopo quasi cinquantacinque anni di preparazione, di discussioni, di incontri, di sinassi dei primati, nonostante i problemi occorsi a pochi giorni della sua convocazione, questa grande assise conciliare ha parlato con una sola voce ai propri fedeli, alle Chiese e al mondo. Il concilio, con i suoi documenti, è stato un “mare di comunione” per l’intera Chiesa ortodossa e per il mondo, i cui frutti si raccoglieranno lentamente. Frutti di comunione sono invece stati raccolti e si raccolgono in questa terra di Puglia, bagnata dal mar Adriatico e dal mar Ionio, aperti sul grande mare nostrum, il mare tra le terre, il mare Mediterraneo, culla di storia, civiltà, lingue, culture e religioni capaci di interconnessioni e di scambi, che hanno guidato i processi sociali dell’intera area per secoli, contribuendo alla crescita dei popoli che a esso si affacciano. Se il cristianesimo, nella sua accezione orientale e occidentale, ha giocato un ruolo fondamentale, dopo l’Editto di Milano, non di meno l’ebraismo e poi l’islam hanno contribuito nelle alterne fasi storiche a trovare vie di comunione e di coesistenza. Il susseguirsi dell’Impero romano, delle invasioni barbariche, dell’Impero romano d’Oriente a Bisanzio, di quello ottomano, non aveva mai rotto la sinfonia di comunione tra le varie anime esistenti tra i popoli dell’area, nonostante le tensioni mai sopite, quanto la nascita degli stati nazionali e la crisi della prima guerra mondiale. L’identità nazionale non esprimeva più l’appartenenza a un popolo o a una religione, ma diveniva elemento di divisione e di contrapposizione. Le guerre balcaniche e anche la recente crisi della ex-Jugoslavia sono il frutto di una ricomposizione nazionale, priva di un fondamento di comunione, che spesso ha privato anche le Chiese della capacità di superare l’etnofiletismo, sempre condannato dal patriarcato ecumenico. Anche la caduta dei sistemi totalitari dell’E u ro p a orientale ha provocato risentimenti e incapacità di preservare una koinonia di intenti per la possibile difesa dei valori umani e per la guida dei processi economici, sociali e politici degli stati stessi. La stessa Unione europea ha faticato e fatica a comprendere la grande valenza del Mediterraneo e la sua portata storico-religiosa, stritolata tra laicizzazione e secolarizzazione. Tuttavia Adriatico e Ionio, alla caduta del muro di Berlino e soprattutto durante la caduta del regime albanese e la guerra della ex-Jugoslavia sono stati il primo luogo di immigrazione verso la Puglia e verso la Grecia. In questi luoghi, nonostante i problemi legati a difficoltà di ordine economico, una economia di comunione ha saputo accogliere e integrare nel proprio tessuto sociale un grande numero di immigrati, così come aveva fatto nel passato con le immigrazioni del periodo tardo bizantino e dopo la caduta di Costantinopoli nel 1453. Gli anni che sono seguiti alle immigrazioni degli anni Novanta non hanno portato i paesi europei a comprendere o a vedere quello che accadeva sull’altra sponda del mare nostrum. Il Mediterraneo, il mare dell’incontro e della cultura, della convivenza di religioni e popoli, si è trovato improvvisamente attraversato da ondate di disperati che fuggono da guerre, dal fondamentalismo religioso, apparso sulla scena medio-orientale, da carestie, prodotte troppe volte dall’ingordigia di pochi a scapito di molti, da tirannie che rendono impossibile la vita, dalla mancanza dei più elementari beni di sopravvivenza. Come essere allora oggi in relazione con Dio e con i nostri fratelli e sorelle che soffrono, manifestando l’amore della relazione trinitaria? Come dare pratica attuazione alle proposte umane e sociali del grande concilio della Chiesa ortodossa e come alimentare i principi di dialogo, amore e pace, in un mondo sconvolto e davanti a un mare che è diventato la tomba di tanti fratelli e sorelle che sognavano una vita migliore? Crediamo che il ruolo delle religioni divenga fondamentale nel creare, avviare e consolidare un principio di comunione per la collaborazione e la comprensione reciproca, allontanando i fondamentalismi che si trovano in tutte le società e religioni. C’è necessità di ricreare la reciproca stima tra i popoli, superando diffidenze, violenza, stragi e genocidi. Bisogna che la giustizia sociale e la giustizia tra le nazioni prevalgano sui meri interessi dell’economia mondiale e della globalizzazione più sfrenata, così da porre fine a migrazioni incontrollate. Nessuno lascia piacevolmente il proprio focolare domestico se non è proprio incalzato dalle necessità o dalla violenza. Allo stesso tempo ci vuole un’economia di comunione che sappia accogliere, senza creare il malcontento sociale nei Paesi ospitanti. Se tutti i soggetti interessati sapranno accettare con coraggio la giustizia, la libertà e la verità come pilastri della pace e se le religioni sapranno creare ponti tra individui, popoli e culture, allora potremo essere ancora segno di speranza per l’umanità. Solo così Adriatico e Ionio, Puglia e Italia e le altre sponde dei nostri mari torneranno a essere luoghi di comunione per tutti.

© Osservatore Romano - 5-6 dicembre 2016