Il Documento firmato ad Abu Dhabi. La forza “politica” della fratellanza

ayuso kaiciidSi intitola "Fratellanza. Dal Documento di Abu Dhabi la sfida alla retorica dell’apocalisse" il nuovo volume della collana digitale «Accènti», della Civiltà Cattolica. La pubblicazione — attraverso parole-chiave ispirate dall’attualità — raccoglie e aggiorna il patrimonio di contenuti e riflessioni accumulato sin dal 1850 dal periodico dei gesuiti. Autore della prefazione — che pubblichiamo in questa pagina — all’ultimo numero della collana è il cardinale presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso. Il porporato spagnolo presiede anche il «Comitato superiore per l’attuazione del Documento sulla fratellanza umana» composto da studiosi e leader delle principali religioni.

Miguel Angel Ayuso Guixot

Non vi nascondo che non è la prima volta che mi è richiesta una riflessione sul Documento sulla Fratellanza Umana per la Pace Mondiale e la Convivenza Comune, siglato il 4 febbraio scorso a Abu Dhabi, da Papa Francesco e dall’imam al-Tayyeb. Eppure, credetemi, sono sempre contento di portare il mio contributo perché davvero il Documento firmato ad Abu Dhabi è stato un momento altamente significativo nel cammino del dialogo interreligioso e non solo per il dialogo islamo-cristiano. Sono pertanto grato di questa ulteriore iniziativa della «Civiltà Cattolica» che ci offre, con questo numero della collana «Accenti», un’ottima occasione per approfondire la riflessione su tale Documento.

Fin dall’inizio del Suo pontificato Papa Francesco ha parlato della necessità di improntare il dialogo al rispetto e all’amicizia. Un tema che si è reso ancora più visibile e concreto nel Documento di Abu Dhabi che non è altro che una nuova finestra aperta per dare orizzonti più approfonditi al cammino di dialogo fra persone di diverse religioni, uomini e donne di buona volontà e così proseguire sulla strada della fratellanza, della pace e della convivenza comune.
Come ha detto il Santo Padre durante la conferenza stampa sul volo di ritorno da Abu Dhabi: «Dal punto di vista cattolico il documento non è andato di un millimetro oltre il Concilio Vaticano II». Non si può infatti comprendere il documento se non lo si inserisce nel cammino ormai di lungo corso delle relazioni interreligiose della Chiesa cattolica, che ha trovato espressione ufficiale nel Concilio Vaticano II.
Con il Concilio l’argine si è progressivamente incrinato e poi si è rotto: il fiume del dialogo è dilagato con le dichiarazioni conciliari Nostra aetate sul rapporto tra la Chiesa e i credenti delle altre religioni e Dignitatis humanae sulla libertà religiosa, temi e documenti che sono strettamente legati l’uno all’altro, e hanno permesso a san Giovanni Paolo II di dare vita a incontri come la Giornata mondiale di preghiera per la pace ad Assisi il 27 ottobre 1986 e a Benedetto XVI, venticinque anni dopo, di farci vivere nella città di san Francesco la Giornata di riflessione, dialogo e preghiera per la pace e la giustizia nel mondo Pellegrini della verità, pellegrini della pace. Pertanto l’impegno della Chiesa cattolica per il dialogo interreligioso che apre le vie della pace e della fraternità, fa parte della sua missione originaria e affonda le sue radici nell’avvenimento conciliare. In tutto il Documento di Abu Dhabi traspare la convinzione che tutti insieme si possa e si debba ancora lavorare con coraggio e fede per recuperare la speranza in un nuovo futuro per l’umanità. È indubbiamente un Documento impegnativo, direi un punto di non ritorno, che richiede riflessione, studio e che ci impegna nella sua diffusione. Il Documento in sé pur essendo nato, come ha ben spiegato il Santo Padre, da una lunga e attenta riflessione comune in ambito musulmano e cattolico, non ha nulla che non possa essere condiviso da altri. Si tratta di un invito concreto alla fratellanza universale che riguarda ogni uomo e ogni donna.
Non è infatti un caso che il Santo Padre, durante il suo viaggio apostolico in Thailandia e in Giappone (19-26 novembre 2019), abbia voluto condividere i temi presenti nella Dichiarazione di Abu Dhabi e fare riferimento a essa. Ad esempio, durante la visita in Thailandia, Papa Francesco, regalando al Patriarca buddista una copia della Dichiarazione sulla fratellanza umana, ha auspicato che fra i fedeli delle due religioni, cristianesimo e buddismo, si lavorasse insieme a iniziative concrete sulla via della fraternità dicendo che: «in questo modo contribuiremo alla formazione di una cultura di compassione, di fraternità e di incontro, tanto qui come in altre parti del mondo» (Visita al Patriarca Supremo dei Buddisti, Bangkok, 21 novembre 2019). E sulla «cultura della compassione» ha ugualmente insistito durante gli incontri in Giappone.
Ecco quindi che il testo della Dichiarazione di Abu Dhabi si va facendo sempre più strada anche al di là delle relazioni tra cristiani e musulmani. Del resto il rapporto tra Occidente e Oriente, non solo in senso geografico, è necessario e non va trascurato tanto che la stessa Dichiarazione sulla Fratellanza umana deve essere: «un simbolo dell’abbraccio tra Oriente e Occidente, tra Nord e Sud e tra tutti coloro che credono che Dio ci abbia creati per conoscerci, per cooperare tra di noi e per vivere come fratelli che si amano» (Documento sulla Fratellanza Umana per la Pace Mondiale e la Convivenza Comune, Abu Dhabi 4 febbraio 2019).

L'Osservatore Romano, 13-14 gennaio 2019