Storia dei protomartiri francescani in Marocco

Francisco Henriques Mártires de Marruecos 1508 Museu Nacional de Arte Antiga di Lisbonadi GIUSEPPE BUFFON  -  A ll’inizio dell’inverno del 1219, Berardo da Calvi dell’Umbria, Pietro da San Gemini, Ottone da Stroncone, Accursio e Audito, dopo aver attraversato l’Italia e la Spagna, giungono a Marrakech, dove accettano l’ospitalità dell’infante Pedro, fratello di Alfonso II re del Portogallo, comandante della milizia cristiana del califfo omaiade.
La loro predicazione pubblica, rivolta ai saraceni, induce il califfo Miramolino a ricondurli in terra cristiana.
Nel tragitto, però, i frati sfuggono alla scorta e, giunti a Marrakech, ricominciano a predicare. Ancora più irritato, il califfo rinnova l’ordine di condurli fuori dal suo regno. Nuovamente fuggiti, i frati fanno ritorno in città, guadagnandosi la benevolenza della gente a motivo dei numerosi miracoli e delle tante guarigioni da essi impetrati e ottenuti. Ciononostante, sono arrestati e sottoposti a tortura. Condotti poi, di fronte al califfo e invano da lui incitati alla conversione con lusinghe e promesse, i missionari vengono decapitati. La celebrazione della santità dei protomartiri francescani del Marocco, dopo lunghi silenzi e imbarazzanti censure, viene evidenziata dalla Cronaca dei ventiquattro generali (1360-1370), che li colloca in una cornice geografica assai significativa per il rapporto tra l’Ordine francescano e i vari contesti territoriali, quasi a porne in risalto la funzione politica, sociale e religiosa. In Italia settentrionale, ad esempio, la presenza francescana si caratterizza, in particolare, per il confronto con l’eresia, come, d’altro canto, presso le università di Parigi e di Oxford, il ruolo dei frati si connota per il rapporto con la cultura. Nella regione iberica e, in modo speciale, lungo la frontiera portoghese del Magreb, la medesima presenza minoritica si distingue, invece, per l’interazione con l’islam. È lì che giunge a prendere corpo quello specifico ideale missionario, già diffuso dai mendicanti e soprattutto dai minori, che prevede il legame inscindibile tra martirio ed evangelizzazione dei saraceni. L’Ordine dei frati minori si dimostra, infatti, il primo determinato a scegliere di introdurre nella Regola un capitolo riguardante «coloro che vanno tra i saraceni», de eutibus inter saracenos. A conferma della centralità della frontiera islamica per l’indole francescana della missione, assunta al prezzo della stessa vita, perfino l’intervento normalizzatore sulla regola del 1221, allo scopo di uniformarne il testo ai canoni della tradizione giuridico-ecclesiastica, non incide sull’essenziale del capitolo, dedicato ai frati che vogliono andare tra i saraceni; anche la regola ufficiale, detta non bollata, del 1223, infatti, mantiene inalterata la collocazione dell’assunto in questione. E se nei successivi commenti alla Regola, come, ad esempio, in quello di Ugo di Digne, si invita alla prudenza, insinuando perfino il dubbio sull’utilità del martirio, di cui è privato lo stesso Francesco, non viene a mancare però il tema del rapporto con l’islam, che spingerà l’ingegno portoghese, affiancato dall’ideale missionario francescano, a penetrare la barriera oceanica, per la ricerca di nuove frontiere. Nella medesima Cronaca dei ventiquattro generali , l’identità portoghese della frontiera magrebina, irrorata dal sangue dei protomartiri, si evidenzia mediante il riferimento esplicito alla figura dell’infante Pedro, fratello di Alfonso II , re del Portogallo. Sulla fama di crociato del rampollo del casato portoghese, una legenda, che ricalca le gesta dei protomartiri francescani, si diffonde proprio nel secolo successivo alla pubblicazione della Cronaca dei ventiquattro generali . Gli Annales di Giacomo da Guisa riportano, infatti, un episodio, nel quale si narra che un gruppo di cavalieri, già impegnati nella conquista di Costantinopoli, realizzata da Baldovino di Fiandra, quindi seguaci dell’infante Pedro nell’invasione del Marocco, ispirati dall’esempio dei protomartiri, decidono di aggregarsi all’Ordine minoritico: avendo preso parte al corteo armato, guidato dall’infante Pedro, a scorta delle reliquie dei protomartiri in Portogallo, abbracciano la Regola di Francesco d’Assisi. Come l’esempio dei protomartiri incita i cavalieri dell’infante Pedro a un rinnovato sacrificio per la dilatazione della frontiera, così la stessa frontiera portoghese, violata dai protomartiri, infonde perfino in Chiara d’Assisi il desiderio «de andare alle parte de Marrocchio, dove se diceva che erano menati li frati al martirio». La geopolitica francescana, inaugurata dai protomartiri, legittima, del resto, anche la sussistenza della monarchia portoghese, in crisi per la scomunica fulminata dall’a rc i v e scovo di Braga contro Alfonso II , reo di adulterio e di attentato ai privilegi dell’immunità ecclesiastica. L’infante Pedro che, sostenuto dalla sorella Urraca, ammiratrice dei protomartiri, scorta le reliquie dei francescani, giustiziati a Marrakech il 16 gennaio 1220, il 2 novembre del medesimo anno (1220), alla vigilia della morte della regina Urraca, riceve, infatti, da papa Onorio III il patrocinio pontificio sulla sua persona e sui propri beni, presenti e futuri. La presenza francescana presso la frontiera portoghese favorisce l’intreccio di legami soprattutto con la componente femminile del casato iberico: con Urraca, moglie del re Alfonso II e figlia del re di Castiglia, e con Sancha, sorella di Alfonso II , che condivide con l’infante Pedro l’allontanamento dalla corte per motivi di eredità. Ad annunciare, infatti, la morte della regina portoghese a Pietro Nunes, suo confessore, appare una schiera di frati minori, tra i quali sono riconoscibili, accanto allo stesso Francesco, i cinque apostoli uccisi in Marocco per mano saracena. Le gesta dei protomartiri attualizzano leggende antiche, come quella di Rauol Glaber, che narrano l’apparizione di eroi biancovestiti, vittime essi pure delle armi saracene, apparsi per infondere coraggio all’avanguardia allineata lungo il nuovo fronte musulmano. Il recupero di antiche tradizioni e il loro adattamento a situazioni nuove, che riservano, però, la medesima centralità al confronto con la controparte musulmana, confermano la capacità dei frati minori di rispondere alle problematiche del loro tempo, di saper interpretare le ansie di una politica portoghese, protesa a dilatare, oltre lo stretto di Gibilterra, l’antico fronte della riconquista.

© Osservatore Romano - 4 settembre 2018