Caldei e sciiti in dialogo permanente

Sako 29 listProposta dal patriarca Sako la creazione di un comitato

BAGHDAD, 29. Un comitato di dialogo permanente tra i rappresentanti dei centri religiosi sciiti e il patriarcato di Babilonia dei Caldei, per affrontare insieme i problemi vissuti dalle popolazioni locali, in un contesto di amichevole collaborazione. È questa la proposta concreta emersa durante la visita resa nei giorni scorsi al patriarca caldeo, Louis Raphaël I Sako, da quattro autorevoli rappresentanti delle istituzioni accademiche sciite di Najaf (Iraq) e Qom (Iran).
La delegazione era composta dagli sceicchi Aladdin Jazairi e Jassim Mandalawi, e da Hamid Reza e Hamid Albabai, questi ultimi dirigenti del Centro per il dialogo di Qom, la città iraniana dove sono concentrate importanti istituzioni accademiche dell’islam sciita. Il modello di dialogo messo in cantiere si configura come complementare ad altri che già coinvolgono le stesse realtà accademiche sciite. «Noi cristiani d’Oriente — ha dichiarato a Fides il patriarca Sako — p ossiamo e dobbiamo essere attori privilegiati nel dialogo con le realtà dell’islam. Viviamo qui, parliamo la stessa lingua, siamo assillati dagli stessi problemi e dagli stessi mali, conosciamo le cose dall’interno. Sono utili tutte le occasioni per creare strumenti di dialogo a livello locale, che possono anche servire a sciogliere tanti nodi incontrati dalle comunità cristiane in questi tempi drammatici». Il patriarca di Babilonia ha preso atto che al momento «i sunniti hanno tanti problemi anche con l’Is, ma, in futuro, un eventuale comitato avviato con gli sciiti potrebbe coinvolgere anche loro e diventare strumento di dialogo tra cristiani e musulmani ». Il patriarca Sako ha ipotizzato anche alcuni punti su cui il dialogo potrebbe focalizzare l’attenzione. «Ai rappresentanti sciiti — ha spiegato il presule — ho detto con amichevole franchezza che non c’è futuro se non si aggiorna il linguaggio della predicazione religiosa. Ho accennato loro all’esperienza dei cristiani: alla lunga, se questo aggiornamento non avviene, la gente si allontanerà dalla religione. La predicazione e il dialogo devono essere concrete, tener conto del momento storico e dei problemi reali: prima delle questioni strettamente accademiche e teologiche, possiamo iniziare a confrontarci sulle questioni sociali, comprese quelle della giustizia e del riconoscimento dei diritti della persona. Sono quelli i terreni su cui dobbiamo iniziare a sperimentare soluzioni condivise». La proposta di un comitato di dialogo da parte del patriarca Sako, giunge a poco più di un anno dalla visita compiuta dal presule in Iran. In quell’o ccasione, il patriarca caldeo aveva sottolineato che «il Governo della Repubblica islamica d’Iran non esita a sostenere il popolo e il Governo iracheni, perché i due Paesi condividono la stessa storia e la stessa civiltà». A motivare la visita del patriarca Sako era stato l’invito rivolto a lui e ad altri leader religiosi non musulmani da parte dello sceicco Yonsei Ali, responsabile dei rapporti con le diverse nazionalità e le minoranze religiose, e Mohammad Shariamatdari, vicepresidente per gli affari esecutivi. A margine di quell’incontro, Yonsei Ali aveva sottolineato che «l’Iran sostiene l’integrità territoriale e la sovranità nazionale di tutti i Paesi della regione messe in pericolo dai gruppi terroristi ed estremisti», e si era augurato «che il popolo iracheno riesca a espellere i gruppi estremisti e a ristabilire la sicurezza ». Il leader iraniano, in quell’occasione, aveva confermato l’intenzione del suo ufficio di promuovere periodici incontri con rappresentanti delle comunità religiose. Nell’intervento pronunciato durante l’incontro Sako aveva richiamato il «ruolo influente » che l’Iran potrà assumere a sostegno della stabilità regionale anche sul terreno del dialogo interreligioso, per favorire la convivenza e la collaborazione fra cristiani e musulmani e soprattutto la riconciliazione tra musulmani sciiti e sunniti. «Solo così — aveva spiegato il patriarca caldeo — si potrà uscire dalla spirale di guerre e conflitti che stanno insanguinando la regione e fanno soffrire popoli interi».

© Osservatore Romano - 30 luglio 2016