Kidane Mehret il patto della misericordia

madonna etiopeAlle origini del fondamento mariano della Chiesa Etiopica

di EGIDIO PICUCCI
Tra le Chiese ortodosse in cui il silenzio della Scrittura sulla Vergine Maria non ha impedito il fiorire di un culto mariano particolarmente vivace, e per molti versi più intenso di quello cattolico, spicca la Chiesa etiopica, la cui tradizione afferma l’esistenza di uno speciale rapporto fra la nazione e la Madonna.
Esso sarebbe nato dal fatto che la sacra famiglia, in fuga da Erode, lasciò l’Egitto e si fermò nel Paese africano, che le riservò un’eccezionale accoglienza. Per questo Gesù l’a v re b - be donato a sua madre come “decima dell’Universo”, con una specie di investitura feudale. Alla Madonna “etiop e” compete, quindi, non solo il titolo relativo al “feudo dell’Etiopia”, come riconosciuto da tutti, ma anche l’onore di ricordare quella lontana ospitalità con il Kidane Mehret (Patto di misericordia), la cui festa si celebra il 10 febbraio. La tradizione aggiunge che, dopo la donazione, Gesù avrebbe chiesto a sua Madre che cosa avrebbe potuto fare ancora per lei, ricevendone questa risposta: «Vorrei che quanti invocano il mio nome e saranno miei devoti, siano salvati dall’inferno ». Gesù, a sua volta, avrebbe risposto: «Chiunque mi pregherà in tuo nome, d’ora in poi non perirà più, né in questo mondo né in quello futuro, perché io sarò per lui un benevolo intercessore presso il Padre mio celeste. Le genti etiopi ti appartengono ». Il Patto di misericordia costituisce in qualche modo il fondamento di tutta la devozione mariana, così notevole e profonda in Etiopia e in Eritrea, dov’è chiamato “velo di mis e r i c o rd i a ”. È commemorato nelle feste, cantato negli inni, ricordato nelle preghiere. I copti, insomma, onorano Maria con una devozione veramente filiale e sono convinti che, grazie a lei, la loro salvezza sia “necessariamente” assicurata. Ovviamente non è facile sapere esattamente fino a che punto sia stato ratificato in cielo un patto così singolare, ma è certo che l’Etiopia può vantarsi di aver sempre goduto di una protezione sicuramente provvidenziale. Infatti, mentre le grandi Chiese del continente, così importanti, ricche e splendenti come fari sulle coste del Mediterraneo quando ancora l’Etiopia non contava che un pugno di cristiani, si sono lentamente disgregate, soccombendo sotto i colpi o delle eresie o dell’islam, quella etiopica è tuttora viva e operosa. Il patto ha una tale importanza che lo si potrebbe definire il coronamento del Vecchio e del Nuovo Testamento. Il primo è un patto limitato al popolo eletto, e ha come simbolo la circoncisione; il secondo è stipulato tra Dio e il genere umano redento, cioè “ricomprato” a prezzo di sangue, e ha per simbolo la croce. Il Patto di misericordia diventa quasi un “terzo testamento”, e ha come simbolo la compassione della Madonna per tutti i bisognosi. La gente lo sa bene, e per questo affolla le chiese e i monasteri, su altipiani vulcanici di duemila metri, con cime che superano i quattromila, e dove le pietre sono “vive” p erché risuonano dei canti e di preghiere in onore di Mariam, la cui presenza tra il popolo unifica i tre gruppi cristiani presenti nel Paese: gli ortodossi (copti), i cattolici di rito etiopico e quelli di rito romano. In Etiopia, l’80 per cento delle chiese sono dedicate a Maria, sotto diversi titoli, per cui non vi è città o villaggio che non abbia almeno una chiesa che la ricordi. L’anno liturgico etiope comprende ben trentatré feste mariane, suddivise in feste mensili e annuali. Ogni mese ha tre giorni dedicati alla Madonna: il primo del mese (con la festa della natività), il 16 (con la festa di Maria sotto il titolo di Kidane Mehret) e il 21, quando si festeggia il “giorno di Maryam”, in cui cadono quasi tutte le altre feste annuali. La devozione alla Madonna si esprime anche nell’usanza di “mar i a n i z z a re ” i nomi propri (nessuno oserebbe essere chiamato col solo nome di Maria) come: Haile Maryam, Habte Maryam, Ghebre Maryam e Fekre Maryam (che si traducono rispettivamente “forza”, “dono”, “servo” e “amore di Maria”). La Madonna è invocata e venerata soprattutto come mediatrice e madre di misericordiosa, tanto che, se la festa dell’Assunta è la più solenne, quella di Kidane Mehret è la più affollata. Questa fede sulla misericordia, oltre a essere basata sulla dottrina ufficiale della Chiesa (l’attuale Giubileo della misericordia ne è una conferma), è descritta anche in due racconti apocrifi del Medio oriente, conosciuti nel Paese fin dal 1400, e chiamati “la preghiera della Vergine al Golgota” e “la preghiera della Vergine a Parthos”. Inoltre, fra le numerosissime preghiere composte dalla pietà etiopica in onore di Mariam, primeggia il weddase Mariam (lodi di Maria), recitato tutti i giorni, riportato in molti manoscritti e fatto risalire a sant’Efrem il siro o all’innografo Simone il vasaio, fervente cristiano e devotissimo della Madonna, la quale in ringraziamento gli garantì la gloria eterna. Le lodi assomigliano vagamente all’Akathistos — uno tra i più famosi inni che la Chiesa ortodossa dedica alla Theotokos, Madre di Dio — per i titoli, propri della poesia orientale, e il cui lirismo talora esagerato potrebbe sminuirne il valore. Le lodi sono divise in sette capitoli, uno per ogni giorno della settimana. In uno di essi si legge: «Salve agli occhi tuoi, simili a due candele che il divino artefice pose sulla torre alta del tuo corpo. Tu, o Maria, sei la sorgente della compassione e della clemenza: salvami, per la tua alleanza, dalla perdizione, poiché non c’è nessuno, come te, che possa salvarmi».

© Osservatore Romano - 4 marzo 2016