Pellegrini costruttori di pace

gerusalemme nataleGERUSALEMME, 3. La pace si costruisce anche con un pellegrinaggio. Infatti, la visita ai luoghi santi non è solo un’importante occasione di crescita spirituale per quanti la compiono ma anche un insostituibile segno di fratellanza, morale ed economica, alla comunità cristiana locale che da sempre condivide con il resto della popolazione la sofferenza del conflitto israelo-palestinese. È questo il senso dell’app ello lanciato dall’Assemblea degli ordinari cattolici di Terra santa (Aocts) in vista dell’imminente apertura del giubileo straordinario della misericordia indetto da Papa Francesco.
In una lettera, a firma di padre Pietro Felet a nome della Commissione episcopale per i pellegrinaggi dell’Aocts, si chiede infatti a tutti gli uffici diocesani e alle agenzie di pellegrinaggio di inserire nella programmazione dei viaggi per il 2015- 2016 anche le iniziative promosse in Terra santa in occasione del giubileo. Tra queste le celebrazioni per l’apertura delle porte sante, dal 13 al 27 dicembre prossimi, previste oltre che a Gerusalemme anche nelle chiese di Haifa, Amman, Nicosia, Betlemme e Nazareth. In Terra santa, viene ricordato nella lettera diffusa anche attraverso il sito in rete del patriarcato di Gerusalemme dei Latini, tali iniziative sono proposte non solo ai fedeli delle comunità locali ma anche ai pellegrini che visiteranno i luoghi santi durante l’anno della misericordia. Non si tratta solo di varcare la porta della misericordia, spiegano i responsabili dell’Aocts, ma di «visitare i santuari in segno di penitenza per tutti i peccati contro la pace, la riconciliazione e la giustizia in Medio oriente. Non si tratta di un rito vuoto di significato, ma una promessa pubblica di impegno concreto, personale e comunitario per un mondo migliore». Facendo proprio il suggerimento di Papa Francesco, gli ordinari cattolici di Terra santa invitano a «non dimenticare, durante il pellegrinaggio, l’esercizio delle opere di misericordia corporale e spirituale che si possono vivere, come pregare, la domenica, con una comunità parrocchiale preferendo quella più isolata e lontana dai grandi centri, passare un po’ di tempo con anziani, malati, giovani diversamente abili, rifugiati, ospiti di tante istituzioni religiose». Un invito ancora più importante di fronte al contemporaneo riaffiorare delle tensioni del conflitto israelo-palestinese e alla minaccia del terrorismo internazionale. Infatti, anche i cristiani pagano normalmente un prezzo alto per ogni ondata di violenza che attraversa la regione e finisce per scoraggiare i pellegrinaggi. Va ricordato, in questo senso, che le difficoltà economiche e la disoccupazione sono tra le principali cause del massiccio esodo di cristiani dalla Terra Santa, il cui numero si è ridotto dal 20 per cento della popolazione nel 1947 al 2 per cento di oggi. Le uniche possibilità d’impiego offerte sono attualmente nel settore turistico e nella produzione di articoli sacri. «Siamo circa il 2 per cento sia in Palestina che in Israele e siamo chiamati a essere ponti di pace — ha detto padre David Neuhaus, vicario del patriarcato di Gerusalemme dei Latini per i cattolici di espressione ebraica — ecco perché dobbiamo impegnarci a promuovere i valori in cui crediamo all’interno di entrambe le società».

© Osservatore Romano - 4 dicembre 2015