Non dimenticare la Siria

siria 2Visita del segretario della Congregazione per le Chiese orientali

La solidarietà e la vicinanza di Papa Francesco e di tutta la Chiesa verso le comunità ecclesiali presenti in Siria, con i loro pastori, i sacerdoti, i religiosi e le religiose e i loro fedeli provati da tanta morte e distruzione. È con questa espressione di affetto e di sostegno che l’arcivescovo gesuita Cyril Vasil’, segretario della Congregazione per le Chiese orientali, si è rivolto all’assemblea plenaria dei vescovi cattolici in Siria, riunita a Tartous giovedì 17 marzo. Vi hanno partecipato il patriarca greco-melkita, Gregorios III, presidente dell’assemblea, e quello siro- cattolico, Ignace Youssif Younan, vicepresidente.
È stata questa una delle tappe principali della visita pastorale che monsignor Vasil’ ha compiuto nel Paese mediorientale dal 12 al 17 marzo, accompagnato dal religioso domenicano Max Cappabianca, officiale del dicastero. A loro si sono aggiunti il nunzio apostolico in Siria, l’a rc i v e s c o v o Mario Zenari, uno dei pochi diplomatici a non aver abbandonato la Siria dopo lo scoppio del conflitto, e il consigliere di nunziatura monsignor Thomas Habib. Il segretario della Congregazione per le Chiese orientali, portando il saluto affettuoso del cardinale prefetto Leonardo Sandri, ha incoraggiato i vescovi ai quali è affidato l’incarico pastorale di guidare il gregge in questo momento difficile in cui versa il Paese. Il presule si è detto consapevole della sofferenza nel veder partire i giovani che non riescono a scorgere un avvenire per loro e le rispettive famiglie, e ha ringraziato i vescovi per la loro testimonianza: fedeltà, ha detto, che si iscrive in quella di Cristo che ha dato la vita per i suoi amici. «Sono qui — ha sottolineato — in primo luogo per dirvi grazie per la vostra perseveranza e la vostra pazienza, per la vicinanza ai nostri fedeli cattolici. Il senso della mia visita è di manifestare che la Chiesa universale non vi dimentica, che voi siete nel cuore della Chiesa». Infatti, ha aggiunto, «noi portiamo con voi le vostre s o f f e re n z e » . L’arcivescovo ha poi ricordato di aver incontrato i sacerdoti, i religiosi e le religiose, così come i fedeli, a Yabroud, a Damasco e a Tartous, e di aver pregato con loro. Questi incontri hanno permesso di conoscere più da vicino la situazione reale, con le sofferenze e le speranze, e di vedere le tante sfide che si devono affrontare in questo momento. «È importante — ha proseguito monsignor Vasil’ — che la Chiesa sia vicina alla gente in questa situazione di guerra, perché le persone sono ferite non solo esteriormente, basti pensare ai morti che conta ciascuna famiglia, ma soprattutto interiormente. Hanno bisogno di essere ascoltate e guarite dalle loro ferite, essendo messaggeri di speranza di un Dio che non ci abbandona mai». Il presule ha poi invitato i vescovi a essere vicini al proprio clero e ha ricordato l’importanza, in questi tempi difficili, di investire in questa relazione. Per l’arcivescovo è importante organizzare incontri, ritiri spirituali, progetti comuni per riscoprirsi membri di un solo presbiterio, ma anche riservare una attenzione particolare ai preti sposati che vivono le difficoltà di tutte le famiglie e che rischiano di non sentirsi valorizzati. Monsignor Vasil’ ha poi ribadito la disponibilità a offrire il sostegno concreto della Congregazione per le Chiese orientali ai sacerdoti, quale segno dell’amore del Papa e di tutta la Chiesa. Il segretario del dicastero ha anche chiesto di riflettere sull’emigrazione. Ha precisato di non voler giudicare quelli che decidono di lasciare il Paese, ma ha anche ricordato che insieme è necessario fare tutto il possibile perché la gente rimanga. «Crediamo — ha aggiunto — che un giorno non vi sarà più la guerra. Dobbiamo noi stessi essere convinti che i cristiani sono e saranno sempre a casa propria in questo bel Paese della Siria. Occorre far conoscere tra i nostri fedeli la dottrina sociale della Chiesa e incoraggiarli a investire nel futuro di questo Paese, creare del lavoro, dare alle famiglie la possibilità di poter guadagnare con le proprie mani la loro vita». Dopo aver constatato come la guerra abbia lacerato il tessuto sociale in un Paese che è abituato a veder vivere pacificamente persone di diverse religioni e confessioni, il presule ha concluso incoraggiando alla speranza. Perché, ha assicurato, la Chiesa cattolica crede nell’azione dello Spirito Santo in tutti gli uomini, anche in coloro che non condividono la fede cristiana. La prima tappa della visita pastorale, domenica 13 marzo, è stata a Sednaya, al nord di Damasco, nella casa di esercizi che viene utilizzata come piccolo seminario dei greco-melkiti. Poi, la visita al monte dei Cherubini, dove esiste un grande monastero ortodosso, purtroppo abbandonato a motivo della presenza di militari. Terzo incontro, nell’antichissimo monastero greco-ortodosso di Nostra Signora di Sednaya, dove vivono tredici religiose. Il secondo giorno, lunedì 14, il presule si è recato a Yabroud per incontrare gli allievi della scuola greco-melkita e, successivamente, i bambini dell’asilo nido tenuto dalle suore. Poi la sosta in cattedrale, danneggiata all’inizio di ottobre 2013, quando il quartiere cristiano di Yabroud fu attaccato con i carri armati. Nella cattedrale ha avuto luogo una preghiera per la pace, con canti greco-melkiti e siro-cattolici. Nell’episcopio, infine, l’appuntamento con il clero, i religiosi e le religiose. In dialogo con il clero, monsignor Vasil’ ha ricordato che nel corso dei secoli la Chiesa è stata spesso oggetto di persecuzione, come in Slovacchia, sua patria, nei tempi del comunismo. Eppure quella esperienza dimostra che la sofferenza non avrà l’ultima parola, perché c’è sempre la comunione delle Chiese di tutto il mondo che sostiene quella porzione del popolo di Dio che soffre. Questo è il senso della visita: mostrare l’affetto e la vicinanza della Chiesa universale, che si prende cura delle sofferenze della Chiesa in Siria, esempio di perseveranza e di pazienza. Dopo l’incontro al Patriarcato melkita con il clero di Damasco e delle eparchie meridionali della Siria, e il pranzo offerto dalla nunziatura apostolica, martedì 15 monsignor Vasil’ ha salutato alcuni rappresentanti di istituzioni assistenziali- caritative cattoliche. Erano presenti, tra l’altro, membri della Caritas e del Jesuit Refugee Service (Jrs), le religiose che prestano servizio nell’ospedale italiano e nell’ospedale francese di Damasco, rappresentanti dell’A rc h e , di Terre des hommes, del comitato dei benefattori melkiti e altri. Nel corso delle conversazioni sono stati affrontati vari argomenti. Si è parlato, tra l’altro, del problema dell’emigrazione, specialmente delle persone ben formate, che diventa un problema sempre più urgente, e della ricostruzione del Paese: in proposito ci si è chiesti come agire non solo dal punto di vista economico, ma anche psicologico, in quanti molta gente soffre di traumi. L’e m b a rg o pesa in modo opprimente sulla Siria, con degli effetti negativi per le famiglie che non riescono più a sopravvivere per la povertà. Mercoledì 16, monsignor Vasil’ ha incontrato i preti, i religiosi e le religiose di Tartous e della parte settentrionale della Siria, la Valle dei cristiani e Lattaquié. Erano presenti circa ottanta persone, tra cui le comunità di trappiste, carmelitane, francescani, le religiose dei Santi cuori e quelle del Perpetuo soccorso, e il clero diocesano, per la maggior parte maronita e melkita. Nel colloquio il presule ha parlato del futuro del cristianesimo in Siria, delle sfide dell’emigrazione, dei problemi nella cooperazione e nella trasparenza sui beni della Chiesa, della formazione e della testimonianza del martirio. L’a rc i v e s c o v o ha anche detto che occorre già pensare al giorno in cui verrà definitivamente ristabilita la pace in Siria, perché si faccia tutto il possibile per far tornare i cristiani nella propria patria. Sono stati molto apprezzati soprattutto gli incontri con i sacerdoti, i religiosi e le religiose, che hanno potuto condividere con un rappresentante del Papa le sofferenze e le gioie, le angosce e le speranze che animano i fedeli di quest’antichissima Chiesa che è in Siria.

© Osservatore Romano - 3 aprile 2016