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Stati Uniti Il cardinale Sandri ai preti delle comunità dell’emigrazione maronita in America. Giovani al primo posto L'Osservatore Romano

sandri maroniti in usaAiutare i giovani a scoprire la fede, insegnando «loro a pregare, a sperimentare un’autentica fraternità e a non avere paura di impegnarsi per grandi ideali tramite gesti di carità fraterna», educandoli
«a un pensiero critico, in modo di non essere in balia dei venti di dottrina, come li chiama l’apostolo Paolo, che li fanno ondeggiare come una barca nel mare in tempesta». È l’esortazione che il cardinale Leonardo Sandri ha rivolto al clero delle eparchie maronite degli Stati Uniti d’America incontrato in questi giorni a Houston.
Il prefetto della Congregazione per le Chiese orientali si è recato in Texas a metà luglio su invito dei due ordinari locali Abdallah Eliah Zaidan, vescovo di Our Lady of Lebanon in Los Angeles, e Gregory John Mansour, vescovo di Saint Maron of Brooklyn, in occasione della convention nazionale dei maroniti residenti in America. E nel primo appuntamento pubblico ha dialogato con i sacerdoti invitandoli a rilanciare la pastorale giovanile in vista del sinodo dei vescovi in programma a ottobre e della successiva gmg di Panamá nel gennaio 2019.
Rispetto alle passate generazioni i giovani di adesso, ha fatto notare il cardinale Sandri, hanno certamente molti più mezzi e strumenti, sono informati, interconnessi, ma «non per questo sono meno fragili». Inoltre sono esigenti, perché ancor più oggi «si attendono una coerenza profonda tra quanto viene loro predicato e quello che vedono: una vicinanza autentica e disinteressata, la capacità di accogliere le loro domande». In proposito il porporato ha riproposto l’affermazione di Paolo VI, che sarà canonizzato proprio durante il sinodo sui giovani: «L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni» (Evangelii nuntiandi, 41). Si tratta, quindi, ha spiegato, di una raccomandazione pastorale da considerare come prioritaria sia negli Stati Uniti d’America, sia in Libano, terra di origine della Chiesa maronita.
Ricordando che la presenza di due eparchie nel paese «consente di aver già ben impostato un certo lavoro pastorale, con la disponibilità di diversi centri per le celebrazioni e le attività della parrocchie», il prefetto ha evidenziato come la Chiesa maronita abbia bisogno di «rimanere in uno stato di “missione permanente”» perché non sempre «le famiglie sono vicine alla Chiesa, e il ruolo del sacerdote e dei collaboratori pastorali più vicini è quello di visitare, accompagnare, invitare a tenere vive le radici non per il gusto di conservare qualcosa di antico o delle semplici tradizioni esteriori», ma per continuare a far vivere «il dono specifico che i maroniti portano in seno alla Chiesa universale, anche qui negli Stati Uniti, dove molti di voi sono nati».
Partendo dall’immagine dei monti biblici, quello del roveto ardente di Mosè e quello della trasfigurazione di Gesù, il cardinale Sandri ha accennato alle radici della Chiesa maronita. Infatti, agli inizi della sua storia il «trovare rifugio sui monti degli odierni Siria e Libano vi nascose forse agli occhi del mondo — persino a quelli della Chiesa di Roma — ma vi fece affondare in modo decisivo le vostre radici in Dio e nella sua parola di salvezza». Senza dubbio, possono «scatenarsi tempeste, possono incombere pericoli e violenze, ma quanto è stato posto come sigillo sul cuore non può essere strappato». È la consapevolezza di Paolo, nella lettera ai Romani: «nulla potrà mai separarci dall’amore di Dio in Cristo Gesù nostro Signore». Ma è anche l’esperienza del profeta Elia, che ha il «coraggio di annunciare che solo il Signore è Dio dinanzi ai sacerdoti pagani, non teme di contrapporsi ai poteri dei re e delle regine che hanno abbandonato l’alleanza con il Signore».
Per questo Elia è costretto «alla fuga, a sperimentare la sete e la fame, ma nella caverna sul monte impara a riconoscere la voce di Dio non nei grandi sconvolgimenti della vita umana, ma in quel mormorio di vento leggero che parla al cuore e lo rassicura sulla presenza di Colui che è la nostra salvezza». E a tale proposito il cardinale Sandri ha mostrato come l’esperienza della grotta di Elia «ci riguardi direttamente come uomini di fede e come sacerdoti». La fuga del profeta infatti è determinata «da una persecuzione esterna, da un male che qualcuno vuole fare contro di lui: quanti vostri fratelli del Medio oriente sono stati costretti in questi anni a una sorte simile», ha constatato con un riferimento alla drammatica attualità della regione.
Nell’esistenza di un credente e ancor più di un sacerdote però «possono sorgere dei momenti in cui siamo noi stessi a fuggire: magari non ci sentiamo compresi o valorizzati abbastanza», forse si servono degli idoli di «diverso genere e qualche evento ci scuote e ce ne fa rendere conto», oppure si sperimentano «la fame e la sete interiore semplicemente perché abbiamo smesso di nutrirci e abbeverarci alla grazia di Dio nella sua parola e nei sacramenti». Per questo, ha concluso il cardinale, «in fuga per colpa nostra o altrui, tutti dobbiamo metterci a cercare la voce del Signore e consentirgli di tornare a sussurrare al nostro cuore come il vento leggero del profeta Elia».
Concetti, questi, ripresi anche nell’omelia della divina liturgia in rito siro-maronita, celebrata la sera successiva. Il popolo libanese, ha detto il cardinale Sandri, ha profonde radici di fede ed è capace «di intraprendenza, di diffondersi, di costruire, di creare ricchezza, di tessere relazioni con tante diverse persone». È sostenuto dall’intercessione e dall’esempio dei suoi santi patroni per compiere «la sua opera e la sua missione», grato al Signore «per i doni ricevuti» e mai fiducioso «soltanto in se stesso e nelle proprie forze». La testimonianza del popolo sarà importante, ha aggiunto il prefetto, «in una grande nazione quali sono gli Stati Uniti d’America, caratterizzata da una grande laboriosità che non deve mai dimenticare il ruolo e lo spazio per gli ultimi, così come il mondo non può e deve dimenticarsi di quella realtà tanto bisognosa di attenzione quale è il Medio oriente».
Infine l’indomani mattina il cardinale ha incontrato i giovani maroniti, rispondendo alle loro domande su come mantenere l’identità cristiana e come offrire una testimonianza credibile all’interno di una società secolarizzata.
L'Osservatore Romano, 31 luglio-1° agosto 2018.