Storie da incontrare · Tradotto in arabo il libro di Julián Carrón «La bellezza disarmata» · - by Silvia Guidi

libro carron alessandria eea3da2c025f72ece1a4877b5fba5583 3«Non stiamo parlando di teorie sull’incontro, ma di un fatto accaduto, pieno di vita e di promessa, che, accolto nella libertà, può iniziare a dare frutti di stima reciproca e di pace» ha detto Julián Carrón a chiusura dell’incontro che

si è svolto il 26 dicembre scorso nella Biblioteca di Alessandria d’Egitto per presentare la traduzione in arabo del suo libro La bellezza disarmata (Rizzoli, 2015).

Accanto a Carrón, presidente della Fraternità di Comunione e liberazione, c’erano anche il traduttore, Hussein Mahmoud, preside della facoltà di Lingue e Letterature straniere alla Bedr University del Cairo, e la vicepresidente della Corte costituzionale italiana, Marta Cartabia. Ha moderato l’incontro Wael Farouq, che insegna Lingua e Letteratura araba all’Università Cattolica di Milano. «Si tratta di una traduzione — scrive Lorenza Violini raccontando il contesto in cui è nata questa iniziativa — fortemente voluta dal direttore, Mustafa El Fiqqi, tanto da metterla a disposizione sul sito della Bibliotheca Alexandrina».

L’incontro del 26 dicembre scorso nasce da anni di amicizia e di lavoro condiviso; un’amicizia tanto concreta e operativa da far nascere, nel 2010, il Meeting Cairo, gemello egiziano del Meeting di Rimini.

Punto di partenza, fin dai saluti iniziali, la grande domanda sul ruolo delle religioni nel processo di integrazione nello spazio pubblico, un aspetto su cui la Biblioteca già lavora nel contesto del mondo arabo. Anche sul delta del Nilo, infatti, si vive una crisi che può essere superata solo a partire da un rinnovamento del pensiero sulla religione e sul suo ruolo nella vita dei singoli e della società. «Senza il riconoscimento di questo, senza che la religione possa vivere nello spazio pubblico, finirà per essere determinato da quel “vuoto di significato” che spinge inesorabilmente al nichilismo e a un eccesso di fiducia nella politica come unico fattore di cambiamento» ha detto Farouq, introducendo i suoi ospiti. «Parliamo di una crisi di senso e non di consumo. Questo libro non affronta la realtà partendo dalla teologia dall’astratto; incarna in queste pagine il dialogo continuo con persone che appartengono alla realtà».

Molti gli spunti di riflessione emersi nei diversi interventi, primo fra tutti quello del traduttore del libro, Hussein Mahmoud, che ha confessato le sue perplessità iniziali «di fronte all’ipotesi di lavorare su un testo che affronta questioni religiose di cui non sono esperto. Invece, dopo la lettura di poche pagine, mi sono reso conto della reale natura di quelle riflessioni, non appena indirizzate a specialisti della materia, ma a tutti, parole dense di insegnamenti anche per la società araba che ha un grande bisogno di rinnovamento soprattutto nel campo del rapporto tra fede e politica».

Mahmoud ha fatto l’esempio della parola “comunione”: «All’inizio l’avevo tradotta secondo il vocabolario liturgico, comunione eucaristica. Ma poi ho dovuto ampliarne il senso, usando una parola araba più laica, più vicina al linguaggio comune. Ci chiediamo cosa sta succedendo», dice Mahmoud: «In Europa, ma anche qui. È una domanda che tocca tutti, credenti e non. La religione si realizza nella vita quando mostra la sua forza per illuminarla». Senza la sua verifica nella vita quotidiana aumenta l’incertezza esistenziale dell’uomo. «Occorre che fede, religione e cultura siano unite»; l’uomo senza fede, ha continuato Mahmoud, è come se avesse le batterie scariche. «Mi sembra — ha concluso Carrón — che niente più di quello che abbiamo visto questa sera può dire meglio ciò che ho cercato di dire nel libro. Abbiamo bisogno di creare spazi in cui, ascoltandoci ed essendo aperti al contributo degli altri, possiamo andare via diversi da come siamo entrati. E questo malgrado tutte le nostre differenze, per cui spesso pensiamo che questo sia impossibile».

di Silvia Guidi

© Osservatore Romano  28.12.2018