Il dialogo islamo-cristiano negli Stati Uniti. Insieme per il bene comune L'Osservatore Romano

National Council of Churches negli Stati Uniti(Riccardo Burigana) Dobbiamo unire le nostre voci per il bene comune: con queste parole il reverendo John Dorhauer, pastore della United Church of Christ e presidente del National Council of Churches negli Stati Uniti (NccUsa), ha concluso il suo discorso al gruppo di dialogo interreligioso egiziano-statunitense, che si è riunito nei giorni scorsi a New York. L’evento ha riunito diversi studiosi del dialogo islamo-cristiano e responsabili delle comunità religiose cristiane e musulmane negli Stati Uniti e in Egitto. Il gruppo, che ha goduto, tra l’altro, del sostegno del NccUsa, ha alle spalle sei anni di incontri regolari, nel corso dei quali sono state affrontate una serie di importanti questioni per creare nuove opportunità di collaborazione in campo religioso al fine di favorire quell’armonia religiosa che è considerata un elemento fondamentale nel ripensare la società contemporanea.Non sono mancate, in questi anni, le prese di posizione per ribadire come la religione non possa mai essere usata per giustificare ogni forma di violenza e di discriminazione. Agli incontri hanno partecipato anche esponenti del mondo della politica, che sono stati invitati proprio perché, per i promotori di questo gruppo, le fedi devono trovare delle nuove forme di dialogo anche con le istituzioni politiche in modo da rilanciare la presenza dei valori universali delle religioni nella società contemporanea.
Nel suo discorso il reverendo Dorhauer ha sottolineato in primo luogo l’importanza della conoscenza della propria tradizione. Tanto più quanto essa è ben più antica del cristianesimo e dell’islam, come nel caso dell’Egitto che è stato uno dei primi luoghi dove «si sono sviluppati concetti come la scrittura, l’agricoltura, i centri urbani, l’architettura e il governo centrale».
Nell’ambito del dialogo interreligioso tra egiziani e statunitensi, ci si è così soffermati sul peso della memoria storica dell’Egitto e sul ruolo degli Stati Uniti, che, come ha ricordato il presidente del NccUsa, è la più antica democrazia, fondata su una Costituzione per la quale «tutti sono creati uguali e sono depositari dei diritti inalienabili della vita, della libertà e della ricerca della felicità»; sono dei diritti garantiti a tutti senza nessuna discriminazione di genere, di razza e di religione. Nel corso della storia degli Stati Uniti questi valori hanno cercato di guidare l’azione politica. La Costituzione era sempre evocata anche se sono state commesse delle atrocità che rispondevano ad altre logiche, come «il genocidio dei nativi americani che ha ridotto la loro presenza a una frazione di quella che era». I cristiani del XXI secolo degli Stati Uniti, dopo essersi a lungo interrogati sulle pagine di violenza, di schiavitù, di guerra, che hanno segnato la storia del loro Paese, promuovendo dei processi per la riconciliazione della memoria, sono chiamati ora a confrontarsi con una situazione del tutto nuova, poiché «gli attuali sviluppi politici e sociali minacciano gli impegni di lunga data dell’America nei confronti di questi ideali costituzionali». Di fronte a questa nuova situazione i cristiani si devono fare promotori, cercando la collaborazione delle altre religioni, di iniziative per combattere ingiustizia e oppressione, promuovendo la cultura dell’accoglienza per il bene della società. Le religioni non possono accettare «la separazione dei bambini rifugiati o immigranti dai loro genitori» con il rischio di vedere i bambini dietro le sbarre; devono riaffermare il loro impegno, negli Stati Uniti, come in ogni altro Paese, per condannare la xenofobia, la degradazione delle donne e i pregiudizi di carattere religioso. Per il reverendo Dorhauer, la NccUsa è in prima linea nella rimozione di ogni forma di odio nei confronti dei musulmani, in profonda sintonia con quanto il movimento ecumenico ha sostenuto in questi ultimi anni, anche scontrandosi con quei cristiani che negano i fondamenti del dialogo islamo-cristiano.
Cristiani e musulmani possono fare tanto insieme a cominciare dall’esprimere la loro profonda disapprovazione per la situazione nella quale si trova l’Africa. Nonostante le divisioni, che attraversano le religioni, come appare evidente negli Stati Uniti, cristiani e musulmani devono rafforzare uno spirito di dialogo «per unire le loro voci e le loro azioni per il bene comune».
L'Osservatore Romano, 9-10 marzo 2020.