Per favorire l’amicizia con la Church of England

center logoRiccardo Burigana  --   Può la conoscenza del passato, anche di quello recente, aiutare il presente del cammino ecumenico? È stata questa una delle istanze centrali del convegno «From rebellion to reconciliation: anglican-catholic relations from 1569 to the present. Regional, national and international perspectives», che si è svolto nei giorni scorsi a Durham, in Inghilterra.
Il convegno, promosso dalla Durham University, dal Centre for Catholic Studies e dal Michael Ramsey Centre for Anglican Studies, è stato pensato per favorire una lettura dei rapporti tra anglicani e cattolici nel corso dei secoli in occasione del 450° anniversario della rivolta di Durham (1569), che segnò profondamente le relazioni tra il papato e il regno d’Inghilterra. Nella rilettura di questi rapporti particolare attenzione è stata rivolta alle vicende che hanno alimentato il dialogo ecumenico nel corso del XX secolo, in ricordo dell’azione ecumenica a opera dell’arcivescovo di Canterbury, Michael Ramsey, vescovo di Durham dal 1952 al 1956.
Al convegno, apertosi con una relazione di Eamon Duffy, professore emerito della University of Cambridge, proprio sulla dimensione popolare della rivolta del 1569, si è parlato, tra l’altro, del contributo dei movimenti ecclesiali al cammino ecumenico, in particolare dei Focolari e del Rinnovamento nello Spirito Santo, che hanno favorito un approfondimento della dimensione spirituale dell’unità dei cristiani alla luce della celebrazione del Vaticano II, sottolineando come proprio la dimensione spirituale abbia consentito di scoprire nuove frontiere dell’ecumenismo, superando divisioni che duravano da secoli. Ampio spazio è stato dedicato alla fase attuale dei lavori della Commissione internazionale anglicana-cattolica che ha pubblicato di recente il primo documento Walking Together on the Way. Learning to be Church - Local, Regional, Universal della terza fase del dialogo che, come è stato ricordato, ha preso le mosse, in forma ufficiale, dopo l’incontro tra Paolo VI e l’arcivescovo Ramsey nel 1966. Questa terza fase deve fare i conti, come è stato detto in altri interventi, con nuove questioni, soprattutto in campo morale, che sembrano frenare il dialogo, ma si è caratterizzata con il ricorso alla categoria del receptive ecumenism in grado di favorire un ulteriore approfondimento delle relazioni tra anglicani e cattolici a ogni livello.
Si è parlato poi delle conseguenze di queste relazioni per il dialogo degli anglicani con gli altri cristiani, in particolare con il mondo ortodosso; si è trattato di un confronto che, con forme molto diverse, ha caratterizzato il ventesimo secolo, aprendo nuove prospettive, soprattutto negli ultimi anni nel campo dell’ecclesiologia e della trinitaria, con un ulteriore arricchimento teologico della centralità della dimensione della comunione nel cammino ecumenico.
Durante i lavori ci si è soffermati sulle pagine, meno note, di questo dialogo, come è il caso dei rapporti tra la Chiesa cattolica e la Comunione anglicana in Australia durante la prima guerra mondiale, quando si verificò la singolare situazione di una forte conflittualità in patria per le diverse posizioni assunte riguardo il coinvolgimento australiano alla guerra. Più conosciute le numerose occasioni in cui cattolici e anglicani sperimentarono una comunione spirituale, nell’esperienza della sofferenza e della stessa fede in Cristo. Non sono mancati interventi su episodi, anche recenti, nei quali il dialogo sembrava entrato in una fase di stallo, come il caso del processo di canonizzazione dei martiri del XVI secolo, che rappresenta tuttora con le sue figure e i suoi avvenimenti un terreno di confronto, non solo in campo ermeneutico, nonostante quanto sia stato detto e fatto in occasione delle celebrazioni per il 500° anniversario della Riforma. Alla conferenza di Durham è apparso evidente quanto possa essere significativo per il cammino ecumenico una rilettura storico-teologica delle molteplici vicende del dialogo anglicano-cattolico così da favorire una sempre migliore comprensione dei passi compiuti dai cristiani verso la piena unità visibile della Chiesa nel rispetto delle diverse tradizioni.

© Osservatore Romano - 12 ottobre 2019