Come un vero staretz

romano scalfi celebrantedi FRANCESCO BRASCHI*

A Natale ha concluso una lunga e operosa esistenza terrena padre Romano Scalfi, fondatore di Russia Cristiana, una tra le figure di spicco che hanno contribuito nel Novecento a promuovere in occidente la conoscenza e l’amore per la tradizione cristiana del popolo russo e dei popoli dell’Est europeo.
Chi scrive ha avuto il dono di accompagnarlo nell’ultimo tratto del suo cammino terreno, sperimentando una ricchezza indescrivibile di doni spirituali e di paternità nel ministero e nella vita. Se la storia dell’ecumenismo è fatta giustamente di pontefici, di patriarchi, di teologi e di eventi epocali, non meno importante è il percorso di uomini come padre Romano, che hanno saputo costruire amicizie e relazioni quando sembrava impossibile, e hanno reso vita quotidiana il desiderio di conoscenza e unità tra i credenti. Nato nel 1923 a Tione di Trento ed entrato in seminario negli anni trenta, proprio nel seminario di Trento visse — era il 1946 — l’incontro che avrebbe segnato in modo decisivo la sua vita: quello con padre Gustavo Wetter, gesuita del Russicum di Roma, venuto a raccontare della situazione dei cristiani nell’Unione sovietica e a celebrare la divina liturgia, ovvero l’eucaristia secondo il rito bizantino-slavo. Questi fatti furono per Scalfi come una vocazione nella vocazione: si sentì chiamato a dare la vita per la Russia e i cristiani che vi vivevano, e a ricercare di continuo quella bellezza colma di fede che l’aveva folgorato nella celebrazione liturgica orientale. Dopo un breve servizio diocesano come educatore nel seminario, ottenne così dal suo vescovo il permesso di studiare al Russicum, per perfezionarsi nella cultura e nella lingua russa, nella spiritualità e nella liturgia orientali, nello slavo ecclesiastico, ma anche nel marxismo-leninismo e nella sociologia religiosa. Compiuti gli studi, lavorò alla rivista del Russicum «Notiziario religioso russo», che tuttavia presto chiuse i battenti, costringendolo a spostarsi prima a Bologna e poi a tornare a Trento. Quel momento difficile, che sembrava segnare la fine del suo sogno, fu invece l’o ccasione di una rinascita, inattesa e feconda. Anche in questo caso segnata da un incontro decisivo. Nel 1957, infatti, dopo un anno trascorso a Trento come assistente delle Acli, Scalfi ottenne il permesso di trasferirsi a Milano, per laurearsi in scienze politiche all’Università Cattolica del Sacro Cuore. Ben presto gli fu chiaro che a Milano non esisteva la possibilità di esercitare l’ap ostolato presso la comunità russa, ma questo apparente stallo — anche il sogno coltivato per anni di andare missionario in Russia appariva irrealizzabile — si trasformò nella convinzione che fosse necessario «interessare i cattolici ai problemi che concernono la Russia e l’unità della Chiesa». Non era tuttavia facile trovare la disponibilità dei parroci e dei responsabili dell’associazionismo cattolico a ospitare le conferenze del giovane prete trentino, e non poche furono le porte chiuse, fino a quando venne il suggerimento «di rivolgersi a uno “strano prete” che radunava i giovani studenti e si interessava di tante cose»: don Luigi Giussani, assistente di gioventù studentesca. Giussani, che aveva insegnato teologia orientale al seminario milanese, accolse con entusiasmo Scalfi, proponendogli di lavorare insieme: nacque così un’amicizia che è all’origine dei futuri sviluppi dell’attività di padre Romano. Fu lui, infatti, a mostrargli che non poteva essere solo un’attività da conferenziere sulla Russia e l’ecumenismo a rendere efficace la sua opera. Era necessaria una correzione di rotta: l’interesse per l’unità dei cristiani e per i fratelli perseguitati doveva nascere da una reale esperienza di comunione ecclesiale. Fu così che nacque Russia Cristiana: non solo centro studi rapidamente qualificatosi mediante l’apporto di altri sacerdoti e studiosi (Enrico Galbiati, Adolfo Asnaghi, Pietro Modesto, Armando Bisesti, Nilo Madonna) — di cui dal 1960 sarà voce la rivista «Russia Cristiana ieri e oggi» edita, oggi, con il titolo «La Nuova Europa» e divenuta portale di notizie sulla Russia e l’Europa dell’Est — ma anche compagnia di credenti che per primi trovavano nutrimento e vitalità per la propria fede dal contatto con la teologia, la liturgia, l’iconografia russe. Nacquero così un coro per accompagnare la celebrazione della divina liturgia (che Scalfi considerò sempre uno dei mezzi più potenti di educazione alla fede e di esperienza della bellezza di Dio, da far conoscere anche in occidente) e una scuola iconografica per formare non solo artisti secondo la tradizione russa, ma anche persone in grado di comprendere e comunicare la ricchezza nascosta nella teologia delle immagini, che ancora pochi conoscevano e che contribuì ad arricchire nel solco dell’autentica tradizione le istanze di rinnovamento successive al concilio. Per circa un decennio, tra gli anni sessanta e settanta, padre Scalfi intraprese numerosi viaggi, con i rischi che questo allora comportava, in Unione sovietica, cercando di incontrare i cristiani della Chiesa del silenzio e di distribuire Bibbie e libri di preghiere. Un’attività che non passò inosservata, poiché nel 1970 gli venne ritirato il visto e non poté tornare in Russia fino al crollo del comunismo. Ma fu intensissima — grazie alla fraternità di Russia Cristiana — l’attività clandestina di collegamento e reperimento di informazioni sui dissidenti e sui prigionieri politici di oltrecortina, che portò anche alla diffusione e alla conoscenza in Italia degli scritti più significativi del samizdat. Ma l’attività di padre Scalfi, la cui amicizia con don Giussani non venne mai meno e si nutrì della vicinanza anche nell’abitazione, doveva ancora vivere un traguardo decisivo: l’apertura a Mosca, nel 1993, della biblioteca dello Spirito (oggi centro culturale Pokrovskie Vorota), un luogo che si è affermato come possibilità di incontro, conoscenza, alta divulgazione culturale per cattolici, ortodossi e persone in ricerca, dove la regola fondamentale è quella dell’apertura all’incontro e al dialogo poiché, come ha sempre insegnato Scalfi, l’ecumenismo è prima di ogni altra cosa «l’offerta di una sincera amicizia in Cristo», nel desiderio che ciascuno degli interlocutori viva sempre più profondamente la propria fede e appartenenza ecclesiale, poiché questa è la reale via per l’unità: rendere sempre più essenziale e radicale la propria relazione con Cristo salvatore, vero soggetto dell’unità dei credenti in lui. Padre Romano Scalfi ha trascorso sessantotto lunghi anni di vita sacerdotale che lo hanno visto, oltre all’infaticabile attività sommariamente ricordata, come un vero stare t z, un padre spirituale riconosciuto e cercato da migliaia di persone. La sua maturità è stata segnata dal continuo approfondirsi in lui della tensione amorosa verso Cristo, in un desiderio di appartenenza sempre più totalizzante, fino agli ultimi giorni, quando la malattia gli toglieva le forze, ma non il desiderio trasfigurante di essere totalmente del e con il suo Signore.

*Presidente di Russia Cristiana

© Osservatore Romano - 27-28 dicembre 2016