Valencia accoglie l’Aquarius. Il ministro degli interni italiano ribadisce il blocco alle navi delle ong

from ANSALa Aquarius è finalmente giunta nel porto di Valencia dopo quasi dieci giorni di navigazione. Si è conclusa così una vicenda che ha fatto segnare una profonda spaccatura in Europa dopo il rifiuto del ministro degli interni, Matteo Salvini, di accogliere la nave in un porto italiano.
Una messa in cattedrale, per esprimere con la preghiera un saluto ai migranti che stavano arrivando, è stata celebrata dall’arcivescovo di Valencia, cardinale Antonio Cañizares. Per i passeggeri dell’Aquarius il porporato ha pronunciato parole di accoglienza: «Diamo tutto il nostro benvenuto, tutto l’aiuto senza limiti». Quello che è successo con l’Aquarius, ha sottolineato l’arcivescovo, deve essere uno stimolo a «combattere la schiavitù provocata dalla mancanza di soluzioni alla povertà, che costringe migliaia di esseri umani a fuggire dai propri paesi di origine e finire nelle mani della criminalità». Il cardinale Cañizares ha poi ribadito la necessità «di politiche a livello mondiale, per evitare queste gravissime situazioni di ingiustizia, in cui le vittime sono costrette a lasciare i loro paesi a causa della mancanza di opportunità e finiscono in una situazione di schiavitù, nelle mani di corrotti e mafie».
E mentre l’alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati ha ringraziato la Spagna per l’accoglienza ai profughi dell’Aquarius, l’Europa continua a essere attraversata da tensioni che non sembrano far presagire la veloce elaborazione di una politica comune in tema di migrazioni.
Salvini, dopo avere auspicato che la Spagna, oltre a quelli giunti ieri a Valencia, accolga «altri 66.629 migranti», ha dichiarato che il governo italiano promuoverà interventi di sviluppo in Africa, per arginare l’immigrazione verso l’Europa. «Stiamo lavorando — ha detto — su come spendere meglio in Africa quei soldi, che finora sono arrivati non agli africani ma ai governi. Lavoreremo per coinvolgere anche soggetti privati per andare direttamente su quei territori parlando anche coi governi africani ma non solo».
In attesa che queste iniziative diventino concrete, il ministro degli interni, il quale ha anche annunciato una sua prossima visita in Libia, ha avvertito che chiederà alle navi della guarda costiera di stare più vicine alle coste italiane, e ha detto che «nel Mediterraneo ci sono tanti paesi che possono intervenire, quelli del nord Africa, Spagna, Francia, Portogallo: non possiamo permetterci di portare mezza Africa sul territorio italiano». Salvini ha aggiunto di essere «stufo del traffico di esseri umani: quelli che si dicono buoni hanno trasformato il Mediterraneo in un cimitero. Bloccherò le navi delle ong, tutte straniere, che avevano preso l’Italia per un enorme campo profughi dove decidono tutto mafiosi e scafisti».
Le dichiarazioni di Salvini avranno sicuramente un riflesso sull’incontro di oggi a Berlino tra il cancelliere tedesco, Angela Merkel, e il presidente del consiglio italiano, Giuseppe Conte, in vista del vertice europeo di fine mese. Merkel, ancora alle prese con un duro confronto con il ministro degli interni tedesco, fautore di una politica nazionale di respingimenti al confine, è uno dei pochissimi leader europei che ha sempre sottolineato la necessità di definire una strategia comunitaria per rispondere all’emergenza migratoria.
Sulla questione è intervenuto ieri il segretario di stato, cardinale Pietro Parolin. «La soluzione deve essere comune, non si può gettare soltanto sulle spalle di un paese il peso e la responsabilità di risolvere questo fenomeno: crediamo che ci possa essere una strada umana e solidale di affrontare questo problema» ha detto a margine della cerimonia per il centosessantesimo anniversario del santuario di Barbana, a Grado. «Il problema migratorio — ha aggiunto il segretario di stato — è un’emergenza che dobbiamo affrontare e ormai un fenomeno strutturale, almeno fino a quando non si risolveranno i problemi dei paesi di provenienza, come guerre, conflitti, miseria, fame, sottosviluppo». Il cardinale Parolin ha anche precisato di avere «incontrato in questi giorni molti vescovi del Sahel i quali continuano a riferire che la gente parte nonostante tutti i pericoli e i tanti appelli a restare. Se non si offrono opportunità concrete i giovani scappano».

  © Osservatore Romano - 18-19 giugno 2018