Il cardinale Becciu ad Assisi. La controffensiva della santità - L'Osservatore Romano

assisi becciu 112«Una controffensiva della bellezza e della santità, fatta non di ingiurie ma incentrata sul far conoscere il bene nella Chiesa, sulla missione dei sacerdoti, consacrati e consacrate che hanno influito nella nostra vita e che tuttora operano con devota fedeltà, ardore e nel silenzio»: da Assisi, nel giorno di santa Chiara — rilanciando e affidando a ciascuno l’invito di Gesù a san Francesco: «ripara la mia Chiesa» — il cardinale Angelo Becciu ha invitato a rompere gli indugi e a spazzare via le «nubi minacciose» che «si addensano sulla Chiesa».
Con il prefetto della Congregazione delle cause dei santi hanno concelebrato, tra gli altri, l’arcivescovo Marcello Bartolucci, segretario della Congregazione, e l’arcivescovo-vescovo di Asissi - Nocera Umbra - Gualdo Tadino, monsignor Domenico Sorrentino, che ha subito accolto la proposta della «controffensiva della bellezza, della fraternità e della santità contro la crisi che attanaglia la società e la comunità cristiana».
Oggi, ha affermato il porporato durante la messa presieduta nella basilica di Santa Chiara ad Assisi, «troppe voci discordanti, amplificate dai mezzi moderni di comunicazione, si fanno sentire e minano la comunione ecclesiale. Atteggiamenti critici e teorie inaccettabili sul ruolo del vicario di Cristo sconcertano i discepoli di Gesù, molti dei quali rischiano di lasciarsi convincere da falsi profeti». Inoltre «gli stessi scandali provocati da alcuni ministri della Chiesa hanno profondamente scalfito l’immagine della comunità dei credenti e in tanti di questi può subentrare lo scoramento e la tentazione di voltare le spalle al Signore e alla sua Chiesa». Tanto che, come il Papa ebbe modo di dire in un’omelia a Santa Marta, «sembra che il “grande accusatore” si sia sciolto e ce l’abbia con i vescovi». Del resto, ha affermato il cardinale Becciu, «il diavolo è per definizione, nel suo significato etimologico, colui che separa, che si frappone, che crea barriere e fratture, che punta alla distruzione della Chiesa. Non dobbiamo permetterglielo. Ognuno di noi deve sentire la responsabilità di essere un fedele discepolo del Signore e di far vedere la parte più bella della Chiesa».
Ma «anche e soprattutto in questi tempi non facili — ha rilanciato il porporato — la Chiesa è sorretta dall’azione dello Spirito Santo, come anche dalle incessanti preghiere di tante anime, specialmente le monache di clausura. Radunati in questa suggestiva chiesa del protomonastero della clarisse, affidiamo alla preghiera di queste care sorelle la Chiesa intera, il Santo Padre, e in particolare le comunità parrocchiali di questa città e diocesi, e dell’Italia tutta, affinché siano così vive da poter annunciare con coraggio e gioia il Vangelo della speranza e dell’amore».
È con questo spirito che il cardinale ha compiuto il pellegrinaggio ad Assisi, suggerendo a tutti di lasciarsi «affascinare dal messaggio di luce di Chiara, fondato sull’amore che Dio ha avuto per lei». E «ne è un segno vivo la presenza delle sorelle clarisse che, sull’esempio di Chiara d’Assisi, dedicano se stesse a ciò che nella Chiesa è la dimensione più importante: quella dello stare in ascolto di Dio, quella della preghiera assidua che non estranea dal mondo ma che il mondo presenta in atto oblativo allo sguardo misericordioso del Signore».
Il cardinale ha voluto ringraziare le clarisse per loro «presenza orante nella Chiesa e nella società: voi siete preziose per la vita donata nella povertà, castità, obbedienza; per il primato della vita di preghiera che ogni giorno vivete per la salvezza di questa città, per la Chiesa e per l’umanità intera. Non stancatevi di rispondere con la totalità della vostra esistenza alla chiamata che Dio vi ha rivolto; quanto più sarete efficaci, generose e felici, tanto più sarete attraenti per quelle giovani che anche oggi come voi e come Chiara prima di voi cercano l’Unico necessario per cui spendere la vita: Gesù Cristo».
Chiara di Assisi, ha proseguito il porporato, «ci insegna che alla base della nostra fede ci deve essere un incontro personale, un incontro avvolgente di Dio Padre, di Dio amore. Tale fu la sua esperienza di giovinetta protesa a costruire il suo futuro». Per il prefetto, «senza un incontro vero con Dio che segni una svolta nella vita di un credente diventerà difficile avere cristiani convinti e gioiosi della propria fede». Del resto, ha aggiunto, «le statistiche ci condannano: i cristiani diminuiscono sempre più e le nostre chiese si svuotano. Ci attende una grande sfida: o saremo capaci, come Chiara, di diffondere luce, di essere raggianti nella quotidianità del nostro vivere, oppure saremo destinati a essere persone insignificanti e pertanto rigettati da un mondo alla ricerca di cristiani autentici e ricchi di Dio». Dunque, ha insistito, «ricordiamocelo: saremo capaci di offrire agli altri la luce se vivremo il Vangelo come lo ha vissuto Chiara di Assisi che ha fatto suo il consiglio di Francesco: vivere la Parola di Dio “sine glossa”. È questa la condizione per assaporare la bellezza e la potenza del Vangelo e per irradiare luce e gioia. Chiara ha vissuto veramente unita a Gesù come tralcio alla vite e da Lui mai si è staccata. Questo è il segreto della perennità del suo messaggio».
«Con la scelta di Dio come unico ideale della propria vita diventa consequenziale lo splendore delle virtù in Chiara come in tutti i santi» ha affermato il cardinale Becciu. «E proprio sull’esempio di Chiara — ha aggiunto — siamo invitati a far risplendere non la nostra bravura, la nostra gloria, ma la gloria divina che rifulge sul volto di Cristo. Tribolati, schiacciati, sconvolti, perseguitati, colpiti, non dobbiamo mai pensare di essere abbandonati dalla grazia di Dio che è stata infusa nei nostri cuori».
«Tutti — ha ricordato — siamo chiamati alla santità» osservando «il comandamento dell’amore indicato dal Signore». E con questo spirito «Chiara si era avventurata sulla strada indicata da Francesco: la povertà come condizione indispensabile per sperimentare la ricchezza di Dio. Sul nulla del loro essere, Dio poteva scrivere la sua storia. E quale storia!». Infatti «il carisma di Francesco e di Chiara stravolse i valori predominanti dell’epoca e scosse la Chiesa proponendole il richiamo alle origini del Vangelo. Ormai a mensa il posto privilegiato non era più riservato all’epulone, ma al povero, all’escluso, allo scartato, al lebbroso. La fraternità evangelica era ricomposta e Dio veniva riscoperto come il Padre di tutti che sa rivestire persino i gigli del campo. Chi si riconosce figlio di Dio iniziava a sperimentare la vera libertà dello spirito e il campo del suo impegno era inesorabilmente tracciato: indicare agli uomini il Vangelo come regola di vita e fonte di salvezza».

L'Osservatore Romano, 13-14 agosto 2019