Si apre il 1° settembre il Tempo del Creato. Per la casa comune

Arcobaleno speranza fill 461x346Un incoraggiamento a tutti i pastori a unirsi in un abbraccio ecumenico e ad agire con forza per proteggere il creato minacciato dall’opera dell’uomo, con particolare attenzione al Sinodo per l’Amazzonia che si svolgerà a ottobre, incoraggiamento ancora più importante in relazione agli incendi che stanno devastando la foresta pluviale amazzonica: è quanto emerge dalla lettera pubblicata nel giugno scorso dal Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale in vista del «Tempo del Creato», celebrazione ecumenica annuale di preghiera e azione per la difesa e la cura della casa comune, che si apre il 1° settembre per concludersi il 4 ottobre, festa di san Francesco d’Assisi.
L’evento, al quale partecipano in tutto il mondo centinaia di migliaia di cattolici, è nato dagli auspici della Chiesa ortodossa ricevendo una totale adesione da cattolici, anglicani, luterani, evangelici e da altri membri della famiglia cristiana come il Movimento cattolico mondiale per il clima e la Rete ecclesiale panamazzonica (Repam).
Un comitato esecutivo suggerisce un tema per ogni anno, proponendo idee per le celebrazioni locali. Quello per il 2019 è «La rete della vita», per esortare le comunità cristiane a riflettere sulla biodiversità e sul dono del creato di Dio. Gli eventi spaziano dagli incontri di adorazione e preghiera alle raccolte di rifiuti, a iniziative rivolte al mondo politico per limitare il riscaldamento globale. Significativo, tra gli altri, quello riguardante Quezon City, nelle Filippine: il cardinale Luis Antonio Tagle, arcivescovo di Manila, presiederà una celebrazione per la piantumazione di alberi provenienti dalle aree indigene. A Madrid invece un incontro di preghiera per la biodiversità sarà tenuto dal cardinale arcivescovo Carlos Osoro Sierra, insieme all’arcivescovo metropolita di Spagna e Portogallo del patriarcato di Costantinopoli, Policarpo, e a Timotei, vescovo ortodosso di Spagna e Portogallo.
Volontari che operano ad Altamira, nell’Amazzonia brasiliana, organizzeranno inoltre un progetto di forestazione in un insediamento urbano; a Lusaka, in Zambia, la Lega delle donne cattoliche presenterà una discussione sull’ambiente nella parrocchia di San Giuseppe Mukasa.
Si tratta di un contributo mondiale condiviso, avendo sempre uno sguardo speciale, si è detto, alla regione panamazzonica perché «solo agendo insieme, alla luce della nostra Chiesa e dello Spirito santo, andremo avanti», ha dichiarato Tomás Insua, direttore esecutivo del Movimento cattolico mondiale per il clima che si batte da anni per il disinvestimento totale dai combustibili fossili. «Negli ultimi mesi — ha aggiunto — violenti incendi hanno distrutto le foreste nell’Amazzonia; le ondate di calore hanno fatto suonare campanelli d’allarme in tutta Europa; i ghiacciai si stanno sciogliendo a un ritmo inimmaginabile, aumentando i livelli dei mari. Tutti questi problemi condividono una soluzione importante: dobbiamo intraprendere la “conversione ecologica” richiesta da san Giovanni Paolo II, che Papa Francesco ha ampliato nella Laudato si’».
Anche Caritas italiana ha voluto fornire il proprio apporto con un dossier dedicato all’Amazzonia nel quale annuncia la sua adesione alla campagna del Movimento cattolico mondiale per il clima, al fine di ribadire con Papa Francesco che «un vero approccio ecologico diventa sempre un approccio sociale, che deve integrare la giustizia nelle discussioni sull’ambiente, per ascoltare tanto il grido della terra quanto il grido dei poveri» (Laudato si’, n. 49). Nell’accresciuta consapevolezza di essere tutti parte di un’unica famiglia umana legata da vincoli di fraternità e solidarietà.
Oggi più che mai «la Chiesa comprende che la diversità è elemento essenziale dell’unità cattolica», ha affermato monsignor Fabio Fabene, sotto-segretario del Sinodo dei vescovi in un’intervista pubblicata sul sito della Caritas. «Le diversità e ricchezze della Chiesa in Amazzonia devono essere considerate con sincera attenzione per accogliere ciò che di positivo si trova in esse. Nei nove paesi che compongono questa vasta area si registra la presenza di circa tre milioni di persone indigene che rappresentano quasi trecentonovanta popoli e nazionalità differenti. Essi sono tra i principali protagonisti di questo Sinodo speciale, come ha indicato il Papa al momento della convocazione», ha aggiunto. Questo non soltanto per il loro substrato culturale ma anche perché in possesso di una spiritualità che è «fonte di ricchezza per l’esperienza cristiana. Si tratta di quel processo di inculturazione della fede che non è l’imposizione di modelli estranei alla vita di un popolo, ma un arricchimento delle culture autoctone alla luce del Vangelo».

© Osservatore Romano - 31 agosto 2019