Il cardinale Parolin: il diritto alla difesa armata rispetti le condizioni La Santa Sede al lavoro sul cessate il fuoco
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- Creato: 13 Maggio 2022
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Sull’invio delle armi in Ucraina, il cardinale Pietro Parolin ribadisce la posizione già espressa in questi quasi 80 giorni di guerra. Quella, cioè, del Catechismo della Chiesa cattolica: «C’è un diritto alla difesa armata in caso di aggressione, ma a determinate condizioni». La prima, sottolinea il segretario di Stato, interpellato questa mattina dai cronisti a margine di un convegno su Papa Luciani all’università Gregoriana, è «quella della proporzionalità, poi che la risposta non produca maggiori danni di quelli dell’aggressione».
A pochi giorni dalla partenza per Kiev del segretario per i Rapporti con gli Stati, monsignor Paul Richard Gallagher, il poporporato ribadisce che la Santa Sede «ha lavorato e sta lavorando», nonostante «gli spazi molto ristretti», sul «cessate il fuoco» e per realizzare «un dialogo serio, senza pre-condizioni». Su questo punto il cardinale Parolin auspica che Russia e Ucraina, alla fine, trovino una soluzione: «La geografia li costringe a vivere non insieme ma vicini». «È peccato — sottolinea — che ancora non abbiamo capito la lezione che invece di fare tutti questi macelli e produrre queste macerie, si potrebbero trovare soluzioni prima». Il problema, per il cardinale, è «l’erosione» del multilateralismo negli ultimi decenni: «Quando ognuno si concentra sui propri interessi e non sa trovare risposte comuni, alla fine ci sono questi sbocchi».
Il segretario di Stato sottolinea poi che «è da appoggiare» il tavolo di pace proposto dal governo italiano: per la Santa Sede «qualsiasi tentativo che possa portare alla conclusione della guerra è benvenuto». Un cenno anche ai «numerosi tentativi» vaticani per evacuare i civili rimasti nell’acciaieria Azovstal, che però «non hanno trovato seguito».
Infine, il porporato si dice «dispiaciuto» per il cardinale Joseph Zen, arrestato e rilasciato a Hong Kong: «Vorrei esprimere la mia vicinanza al cardinale che è stato liberato e trattato bene». L’auspicio è «che iniziative come questa non possano complicare il già complesso e non semplice cammino di dialogo tra la Santa Sede e la Chiesa in Cina».
di Salvatore Cernuzio
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