Ecumenismo ed evangelizzazione

emmanuel-adamakis-and-popeDalla sesta congregazione del Sinodo di giovedì 11 ottobre pomeriggio:

Professor EMMANUEL [ADAMAKIS]
Metropolita di Francia
Presidente della Conferenza delle Chiese Europee

Mentre preparavo questo modesto discorso, mi sono interrogato sul le-game che si poteva stabilire fra l’im-pegno ecumenico in quanto missio-ne del cristianesimo contemporaneo e l’evangelizzazione in quanto tra-smissione della fede cristiana. Que-ste due dimensioni traggono la loro linfa vitale dal mistero dell’Incarna-zione. Non ci si può quindi accon-tentare dell’elaborazione teologica, o addirittura intellettuale, di questo mistero. Mi sembra indispensabile comprendere il mistero dell’Incarna-zione sulla scia di sant’Ireneo di Lione, cioè come una forza che «ri-capitola» l’intero genere umano, an-zi, tutto il creato nel suo insieme. Dunque, l’insegnamento dei padri della Chiesa ci propone di contem-plare la convergenza tra lo sforzo teologico e l’esperienza di un cristia-nesimo incarnato nel mondo e radi-cato nel tempo. Questa esperienza non è soltanto la ricapitolazione di alcune sapienze, ma effettivamente una nuova configurazione totale, o addirittura olistica dell’uomo come corpo, anima e spirito. Allora, come possiamo articolare l’ecumenismo, l’evangelizzazione e la trasmissione della fede? Non si tratta di una que-stione semplice, in effetti sarebbero necessarie considerazioni che i limiti di tempo imposti non mi consento-no di approfondire. Tuttavia, si deve riconoscere che, attraverso i tre ter-mini della mia domanda iniziale, possiamo scoprire un aspetto salien-te che consente di metterne in rilievo il senso. Infatti, il nocciolo della problematica che ci interessa non rinvia tanto alla fede in quanto tale, bensì piuttosto alle risposte che la fede è in grado di offrire al mondo contemporaneo. In definitiva, ciò che più conta nel titolo di questo in-contro è la determinazione del cam-po semantico al quale rinvia il termi-ne «nuovo». È questa l’unica manie-ra in cui saremo in grado di offrire una risposta adatta agli interrogativi dei nostri fratelli e sorelle. La globa-lizzazione e il consumismo sono sol-tanto degli epifenomeni di un pro-blema più profondo: la trasformazio-ne, la mutazione della speranza in ricerca della felicità. I nostri contem-poranei hanno perduto la speranza e si limitano a cercare la felicità. Ci si potrà chiedere come sia avvenuto questo mutamento e in che maniera vi possiamo rispondere. Il ripristino del fascino della speranza consiste nella definizione dei legami che esi-stono fra Dio e l’uomo, fra i diversi individui umani e nell’ambito inte-riore di ciascuna persona. Quando Cristo dichiara di essere «la verità, la via e la vita», non usa concetti di-sincarnati, bensì, certamente, princì-pi dinamici fondati sulla base dell’unico Logos. Quindi, il Logos è anche legame e relazione. E in tal modo la felicità si trasforma in spe-ranza nella misura in cui ogni perso-na impara a conoscere se stessa co-me un essere in relazione, per non dire come un essere in comunione. Cristo è oggetto di comunione e, al tempo stesso, legame di comunione. Quando è vincolata al destino collet-tivo, cioè alla Chiesa, la felicità indi-viduale si trasforma in speranza sot-to gli effetti dell’escatologia, dell’ar-rivo dei tempi ultimi. Simili considerazioni non sono tanto distanti dal mio discorso ini-ziale, che tenta di comprendere il posto dell’ecumenismo nella cornice delle nuove forme di evangelizzazio-ne. Infatti, l’ecumenismo è anche l’esigenza di superare le nostre rap-presentazioni, le quali spesso si rias-sumono in semplici conflitti campa-nilistici. Tuttavia, un atteggiamento di questo genere non rende conto del messaggio di salvezza che Cristo ha portato. L’esperienza ecumenica, così come la viviamo nell’ambito della Conferenza delle Chiese euro-pee (Cce), riflette con impegno sulla maniera in cui è possibile risanare le divisioni dei cristiani tramite l’evan-gelizzazione. È questo il motivo per cui le Chiese e le comunità cristiane membri della Cce si sono impegnate a parlare delle nostre iniziative di evangelizzazione con le altre Chiese, a stringere degli accordi a riguardo e a evitare quindi una concorrenza dannosa nonché il pericolo di nuove divisioni. Con queste considerazioni in mente, mi sembra che numerose piste rimangano da esplorare dal punto di vista pastorale, le quali, co-me premesse necessarie alla ricom-posizione dell’unità dei cristiani, ci consentirebbero di testimoniare in maniera più adeguata la nostra fede comune. Mi appello a voi affinché prendiate in considerazione nelle vo-stre riflessioni la dimensione ecumenica dell’evangelizzazione

© Osservatore Romano - 14 ottobre 2012