Il perdono alla base della riconciliazione · Visita del segretario di Stato nel Kurdistan iracheno ·

Qaraqosh parolin 21f5ea30e9cbe19be8cbc94ce67cbdcf 8«Il dolore e la violenza sofferti non si trasformino mai in rancore e il pesante giogo dell’odio non ricada mai sulle vostre spalle», perché «il perdono è la base della riconciliazione»: lo ha auspicato il cardinale Parolin durante la

messa presieduta venerdì 28 dicembre nella cattedrale siro-cattolica di Qaraqosh, luogo simbolo delle devastazioni compiute dal cosiddetto stato islamico.

Con il segretario di Stato hanno concelebrato il patriarca di Antiochia dei siri Ignace Yousif III Younan, e gli arcivescovi di Mossul e di Baghdad dei siri. Il porporato si è detto «lieto di essere venuto in questa storica città, di cui tanto abbiamo sentito parlare negli ultimi anni, per le tragiche notizie che ci giungevano puntualmente da questo fronte di guerra». Quindi ha confidato che Papa Francesco «mi ha chiesto di portarvi i suoi saluti e la sua benedizione apostolica, e di assicurarvi che vi ricorda ogni giorno nella preghiera».

Qui — ha esordito all’omelia — «dai tempi antichi la comunità cristiana ha sempre vissuto la fede con intensità, anche in mezzo a difficoltà e persecuzioni. Neanche a voi sono stati risparmiati la tribolazione, l’ingiustizia, il tradimento, e la distruzione di quanto avevate di più sacro». Quindi ha ricordato come la Chiesa e il mondo intero abbiano «assistito con orrore ai fatti dell’estate 2014, quando siete stati forzati a lasciare tutto e a fuggire dalle vostre case». Ma «non avete rinnegato la vostra fede» e «come la santa famiglia di Nazareth, avete preso la strada dell’esilio per mettere al riparo la vita dei vostri figli». Per questo, ha aggiunto, «i vostri sacrifici non rimarranno senza frutto. Così come non è rimasta sterile la testimonianza di tanti martiri che fin dai primi secoli hanno bagnato con il loro sangue questa terra», specie i santi Behnam e la sorella Sara.

Del resto, ha fatto notare il celebrante riferendosi alle letture bibliche del tempo natalizio, «la risposta cristiana al dono della figliolanza divina passa per il perdono». E alla domanda perché bisogna cancellare i debiti, la risposta è: perché così fa Dio. Infatti, ha spiegato, «vivere il perdono avvicina l’uomo a Dio». E, ha detto il cardinale Parolin elogiando i presenti, «voi siete esperti di perdono. È commovente sapere che molti hanno perdonato quelli che hanno fatto loro del male».

Certo «perdonare non è cosa facile»; dunque il porporato ha suggerito un “luogo” in cui «incominciare per scusare i piccoli o grandi torti che subiamo», ovvero nella preghiera. Anche perché, ha constatato, «perdono e riconciliazione hanno una valenza sociale». Da qui l’invito a offrire un «valido contributo alla Chiesa» e «a tutta la società. Chiedere e offrire perdono, iniziando dalle nostre case, dalle nostre famiglie, in seno ai presbitèri e alle parrocchie, deve essere il segno tangibile del nostro essere cristiani che, insieme all’unità e alla concordia tra i membri della medesima comunità, possa diventare testimonianza viva per questo mondo travagliato da divisioni e violenza».

Infine il segretario di Stato ha sottolineato che «la vostra fedeltà a Cristo in questi anni di dure prove è stata conosciuta in tutta la Chiesa e il vostro esempio» ha risvegliato «la fede di numerosi cristiani che si erano assopiti e adagiati a una cultura mondana. Sappiate — ha concluso — che la Chiesa vi ha costantemente sostenuti con la preghiera e con la carità». E in proposito ha ringraziato le organizzazioni caritative impegnate a sopperire alle necessità del popolo e ad alleviare le sofferenze dei bisognosi, non solo con aiuti materiali, ma anche con tanti volontari, alcuni dei quali presenti alla messa.

Ora, ha concluso, a «Qaraqosh e in altri villaggi della Piana di Ninive si sta procedendo alla ricostruzione delle case e molti avete già fatto rientro. Ciò è una fonte di gioia e di speranza per la Chiesa e per il vostro Paese. Tuttavia, l’impresa più ardua non è la riedificazione materiale», ma «la ricostruzione della fiducia, la ricomposizione del tessuto sociale lacerato dai tradimenti, dal rancore, dall’odio. Coraggio, non abbiate paura, alzatevi e ricominciate la vostra vita perché il male non ha l’ultima parola».

© Osservatore Romano    28.12.2018