Quell’abbraccio alla giovane migrante

abbraccio papa migranteNell’abbraccio di Papa Francesco a una giovane donna migrante, che non ha trattenuto le lacrime di gioia e di speranza per un domani migliore, c’è l’invito a essere «liberi dalla paura». Proprio questa espressione fa da filo conduttore al meeting che riunisce da venerdì 15 a domenica 17 febbraio le realtà impegnate nell’accoglienza e nell’integrazione dei migranti per dar loro modo di conoscersi e confrontarsi: famiglie, parrocchie, comunità e istituti religiosi. A promuovere e organizzare la “tre giorni” nella Fraterna Domus di Sacrofano, comune alle porte di Roma, ci hanno pensato la Fondazione Migrantes della Conferenza episcopale italiana, la Caritas italiana e il Centro Astalli.

Il Pontefice è arrivato in auto a Sacrofano poco prima delle ore 16 e ha subito presieduto la messa nella cappella. Presenti cinquecento persone, tra cui 90 rifugiati di diverse nazionalità. Con il Pontefice hanno concelebrato, tra gli altri, il cardinale vicario per la diocesi di Roma, Angelo De Donatis; il vescovo di Fabriano-Matelica, monsignor Stefano Russo, segretario generale della Conferenza episcopale italiana; monsignor Guerino Di Tora, vescovo ausiliare di Roma, presidente della Fondazione Migrantes e presidente della Commissione episcopale per le migrazioni; il vescovo di Civita Castellana, monsignor Romano Rossi; il vescovo ausiliare di Roma monsignor Paolo Lojudice, segretario della Commissione episcopale per le migrazioni; l’arcivescovo emerito di Trento, monsignor Luigi Bressan; padre Michael Czerny, sotto-segretario della Sezione migranti e rifugiati del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale; don Francesco Soddu, direttore della Caritas italiana; padre Camillo Ripamonti, presidente del Centro Astalli; don Gianni De Robertis, direttore della Migrantes.
Papa Francesco ci chiede di «osare la solidarietà, la giustizia e la pace»: con queste parole il vescovo segretario generale della Conferenza episcopale italiana ha salutato il Pontefice all’inizio della messa «a nome degli oltre 500 partecipanti». E ha fatto riferimento all’icona biblica del meeting che «significativamente ha per protagonista, insieme a Gesù, l’apostolo Pietro che osa avventurarsi sul mare in tempesta». Un’icona, ha affermato monsignor Russo, che «ci dà l’esempio e ci incoraggia a non avere paura, a non ripiegare su certezze consolidate per evitare il rischio di esporci, ad avere il coraggio di fidarci, fino al dono di noi stessi».
Il segretario generale della Cei ha ringraziato il Papa «perché con il suo insegnamento ci incoraggia a non avere paura e ci dà l’esempio». E con Francesco, ha aggiunto, «vogliamo ringraziare anche le tante persone che con la loro testimonianza continuano a tenere aperta al fratello la loro porta e il loro cuore». Sono «comunità accoglienti — ha concluso — capaci di essere segno e lievito di una società plurale, costruita sulla fraternità e sul rispetto dei diritti inalienabili di ogni persona».
Nella preghiera dei fedeli, sono stati ricordati «i responsabili delle nazioni, perché si impegnino a diffondere la cultura della tolleranza, della convivenza e della pace, per fermare ogni spargimento di sangue». Si è pregato poi perché «tutti i cristiani reagiscano al male secondo il Vangelo e sappiano promuovere il rispetto, il dialogo e soprattutto il perdono»; perché il Padre tocchi il cuore di coloro che praticano ogni forma di violenza e possano comprendere che spargere sangue e terrore produce solo disperazione e sofferenza». Infine sono state ricordare «tutte le persone innocenti uccise per la loro religione».
A conclusione della celebrazione il vescovo Di Tora, presidente della Migrantes, ha espresso al Papa gratitudine per «il segno di vicinanza e di comunione» a quanti si impegnano nell’accoglienza. «La parola del Papa di fronte a chi oggi facilmente dimentica, o addirittura trascura, il Vangelo dell’accoglienza — ha affermato il vescovo — è veramente determinante e per noi diventa un motivo di rinnovata speranza e di impegno». E se «oggi ci sono tante difficoltà — ha proseguito — tra le vere povertà quella delle migrazioni è una realtà grande: è gente che cerca una speranza e fugge da situazioni umanamente difficili come le guerre e sappiamo che non c’è solo la guerra delle armi ma anche la guerra della fame, della miseria, della siccità, della desertificazione».
Proprio per rispondere a questa povertà, ha spiegato monsignor Di Tora, ci siamo raccolti «insieme per poterci raccontare, poterci dire l’uno all’altro la propria esperienza, i momenti positivi, le speranze e le ansie di tanti che hanno dovuto abbandonare la loro terra e hanno trovato un motivo nuovo di gioia, comunione e speranza». E come segno concreto di gratitudine il presidente della Migrantes ha donato a Francesco un dipinto su tela, opera del pittore brasiliano Durval, che rappresenta Gesù che afferra Pietro per non farlo affogare dicendogli «non temere». Una parola «che vale per Pietro, per tutti i Pietro della storia e per ciascuno di noi», ha concluso il vescovo che ha presentato al Papa anche il dépliant illustrativo della mostra Exodus dell’artista Safet Zec, promossa e sostenuta dalla Migrantes e dalla Caritas, che sarà inaugurata il 20 febbraio nella chiesa romana di San Francesco Saverio del Caravita.
Prima di far rientro in Vaticano, il Pontefice ha salutato la comunità delle religiose a cui è affidata la Fraterna Domus.


© Osservatore Romano - 17 febbraio 2019