Il Papa: la crisi per la pandemia rende ancora più urgente l'impegno per la pace

papa fondationAi membri della “Fondation Leaders pour la Paix”, ricevuti in udienza, Francesco rimarca l’importanza, in un momento storico critico, di una collaborazione multilaterale e di una cultura dei volti e dell’incontro. "La pandemia, purtroppo - nota - non è stata ancora superata e le sue conseguenze economiche e sociali, specialmente per la vita dei più poveri, sono pesanti"

Debora Donnini – Città del Vaticano

Aiutare governanti e cittadini ad affrontare come “opportunità”, le criticità sia sociali sia ambientali aggravate dalla pandemia. Serve, dunque, un’azione che si muova sui due binari: un livello culturale e uno istituzionale. È questa l’esortazione sottesa a tutto il discorso del Papa ai membri della “Fondation Leaders pour la Paix”, ricevuti stamani in udienza in Vaticano. L’organizzazione, lanciata dal francese Jean-Pierre Raffarin, intende offrire una saggezza politica al servizio della pace e dell'interesse generale, per ridurre i conflitti. (Ascolta il servizio con la voce del Papa)

“Il vostro impegno per la pace – rimarca quindi il Papa - non è mai stato tanto necessario e urgente” in un momento storico “particolarmente critico”, segnato dalla pandemia e da “molteplici crisi convergenti” anche dal punto di vista ambientale, come fame, armamenti nucleari, clima.

La pandemia, con il suo lungo strascico di isolamento e di “iper-tensione” sociale, inevitabilmente ha messo in crisi anche l’agire politico in sé stesso, la politica in quanto tale. Ma pure questo fatto può diventare un’opportunità, per promuovere una «migliore politica», senza la quale non è possibile «lo sviluppo di una comunità mondiale, capace di realizzare la fraternità a partire da popoli e nazioni che vivano l’amicizia sociale».

Architettura e artigianato di pace

Citando la Fratelli tutti, ricorda, infatti, che per costruire la pace sono necessarie sia “un’architettura” della pace, in cui agiscono le istituzioni, sia un “artigianato” di pace, che coinvolge tutti. Un’azione, dunque, su due livelli. A livello culturale, si tratta di promuovere “una cultura dei volti, che ponga al centro la dignità della persona”, specie se emarginata, e “una cultura dell’incontro”, in cui ascoltiamo e accogliamo i fratelli.

Al secondo livello – quello delle istituzioni – è urgente favorire il dialogo e la collaborazione multilaterale, perché gli accordi multilaterali garantiscono meglio di quelli bilaterali «la cultura di un bene comune realmente universale e la tutela degli Stati più deboli». In ogni caso, «non fermiamoci su discussioni teoriche, prendiamo contatto con le ferite, tocchiamo la carne di chi subisce i danni».

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