Meeting Rimini

L’abbraccio che cambia la storia: il dialogo tra cattolici e ortodossi parte da un incontro

martedì 23 agosto 2016

Monsignor Pezzi: “I fratelli non sono identici, è identica l’origine che li rende fratelli”.
Vladimir Legoyda: “L’incontro è possibile perché ‘Tu sei un bene per me’. Si parla di noi”.


Il dialogo tra cattolici e ortodossi non solo è possibile, è già iniziato il 12 febbraio scorso. “Dopo mille anni” come sottolinea più volte Alberto Savorana, Portavoce di Comunione e Liberazione e moderatore dell’incontro che si è svolto nella gremita Sala Illumia, con Vladimir Legoyda, Presidente del Dipartimento per i rapporti tra Chiesa e società e mass media del Patriarcato di Mosca e monsignor Paolo Pezzi, Arcivescovo di Mosca.

È iniziato nella sala d’attesa dell’aeroporto di Cuba, in Avana, quando si sono incontrati papa Francesco e il patriarca della Chiesa di Mosca Kirill, cioè il capo della Chiesa ortodossa russa. Da quell’incontro è scaturita una dichiarazione congiunta di cui monsignor Pezzi legge uno stralcio iniziale: “Con gioia ci siamo ritrovati come fratelli nella fede cristiana che si incontrano per parlare a viva voce, da cuore a cuore, e discutere dei rapporti reciproci tra le Chiese, dei problemi essenziali dei nostri fedeli, e delle prospettive di sviluppo della civiltà umana”. Davvero, come aveva appena accennato Savorana, “il futuro dell’umanità dipende da un incontro”. E il monsignore, commentando quanto letto: “C’è una consapevolezza stupita, è un abbraccio che ha già cambiato la storia. Come se il Papa e il Patriarca abbiano scoperto di essere un bene l’uno per l’altro”.

“Io e Legoyda abbiamo colto il punto essenziale – prosegue Pezzi – trovarci fratelli dentro una storia. Non è che dobbiamo aspettare la piena comunione per testimoniare, vivere. L’incontro è sempre fonte di speranza, viene voglia di condividere la vita dell’altro sempre”. Senza saltare la diversità. E legge ancora una frase dalla Dichiarazione: ‘Consapevoli della presenza di numerosi ostacoli cerchiamo l’unità voluta da Dio’. “A Cuba hanno detto: ci siamo trovati come fratelli – e il relatore aggiunge – i fratelli non devono essere identici, è identica l’origine che li rende tali. C’è un punto di origine comune da cui si può ripartire”. Pezzi ricorda una sua parrocchiana che gratuitamente pulisce gli uffici della Curia riconoscendo in semplici fatti quotidiani i miracoli che Cristo compie: “Una fede autentica in Cristo deve sempre essere testimonianza. Per me papa Francesco e il Patriarca Kirill sono testimoni di questa gratuità, senza tornaconto”. Il presule traccia il suo recente viaggio in Siria e Libano, ringrazia l’Aiuto alla Chiesa che soffre che sostiene i cristiani perseguitati: “Rischiare su questa fratellanza è ardito ma è più importante la prospettiva di un comune cammino. Papa Francesco e il Patriarca con quel coraggio di chiamarsi fratelli sono stati testimoni della misericordia”.

Vladimir Legoyda spiazza la platea: “Inizialmente non mi era piaciuto il tema del Meeting. Mi sono chiesto: cosa c’entra con la mia vita? Poi ho ascoltato Doninelli e la mia posizione è cambiata totalmente”. Nello storico incontro a Cuba il relatore vede la misericordia di Dio che “può trasformare ogni male in un bene. L’incontro non è avvenuto perché tutto andava bene, non si sono incontrati per dirsi quanto il mondo fosse bello, no. Il mondo è in crisi. Ho visto la mostra sulla persecuzione anticristiana. Non si può guardarla senza piangere”. Siamo a un bivio fatale, se non faremo un passo ci troveremo in una situazione drammatica. E aggiunge che il tema dei martiri cristiani non era nelle agende dei mass media mondiali. Dopo lo storico incontro è diventato impossibile non tenerne conto.

La dichiarazione tocca i temi della famiglia, dei giovani: “La famiglia nella tradizione ortodossa è chiamata ‘piccola Chiesa’. Papa Francesco e il Patriarca Kirill si trovano d’accordo sul matrimonio come atto di libertà tra uomo e donna. È una scuola di amore, possibile solo nella misura in cui tu sei un bene per me. Si parla innanzitutto di noi”. Se parte da noi allora “dobbiamo guardarci e chiederci perché non riusciamo a trovare un linguaggio comune. Come possiamo dire alla gente, alle famiglie, ‘dovete trovarlo’, se non ci riusciamo noi per primi? Davvero per cambiare il mondo devo cambiare me stesso”. L’appello ai giovani è di non temere il Vangelo come una minaccia alla libertà: “Il fine del Vangelo non è ‘riconosci il tuo peccato e pentiti’. Sì lo riconosco e poi? Il fine è l’incontro con Cristo perché il futuro dell’uomo è la persona nell’eternità. Come è possibile? Perché tu sei un bene per me. Questo, apre la strada all’eternità”.

Legoyda racconta di un episodio vissuto con la moglie: visitando i mosaici di Ravenna lei aveva commentato che oggi non sarebbe più possibile ripeterli uguali. “Ho pensato che li abbiamo già. Abbiamo già le confessioni di sant’Agostino, la Cattedrale di San Pietro. Che mosaico siamo chiamati a comporre? A vivere in questo mondo tutti insieme, rispettando la dignità della persona che è diversa da me e per la quale Cristo è andato in croce. Qual è la base del mosaico? Tu sei un bene per me”.

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