Special Pan-Orthodox Council Wall

Al concilio ortodosso esaminato il terzo documento

cammino nel deserto verso la luceda Chania HYACINTHE DESTIVELLE

Il 22 giugno il Santo e grande con- cilio della Chiesa ortodossa ha esaminato il testo intitolato «L’autonomia ecclesiale e la sua proclamazione», che figurava al terzo posto dell’ordine del giorno. Una Chiesa autonoma è, nell’ortodossia, una Chiesa locale che, senza essere auto- cefala, gode di prerogative d’indi- pendenza più o meno ampie in seno a quella della sua Chiesa madre.
La questione del riconoscimento e dello statuto delle Chiese autonome, che può sembrare piuttosto tecnica, riveste invece grande importanza nella Chiesa ortodossa, la cui orga- nizzazione e la cui ecclesiologia si fondano sulla Chiesa locale. La questione è stata oggetto di accesi dibattiti tra le Chiese ortodos- se nel corso del XX secolo. Come è accaduto, per esempio, con la Chie- sa ortodossa in Finlandia, un tempo parte della Chiesa ortodossa russa, che fu riconosciuta come autonoma dalla Chiesa di Costantinopoli nel 1923 e poi nel 1957 dal patriarcato di Mosca. Quando invece il patriarcato di Mosca concesse l’autonomia alla Chiesa ortodossa della Cina nel 1956 e a quella del Giappone nel 1970, entrambe le autonomie non furono riconosciute all’unanimità dalle altre Chiese ortodosse. Il problema si è presentato in mo- do molto acuto negli anni novanta in Europa dell’est con la creazione di nuovi Stati indipendenti sul terri- torio giurisdizionale tradizionale di alcune Chiese ortodosse. Il patriar- cato di Mosca concesse lo statuto di autonomia a diverse Chiese che si trovavano ormai al di fuori del terri- torio nazionale: alla Chiesa autono- ma di Ucraina (che gode di uno sta- tuto di «ampia autonomia»), all’esarcato di Bielorussia, alle Chie- se autonome di Estonia, Lettonia e Moldavia. A sua volta, il patriarcato serbo concesse l’autonomia all’a rc i - diocesi di Ocrida in Macedonia (Former Yugoslav Republic of Ma- cedonia, Fyrom). Il patriarcato di Romania fece lo stesso con la metro- polia di Bessarabia in Moldavia. Queste Chiese autonome esistono a volte parallelamente a giurisdizioni autoproclamate autocefale, come in Ucraina o in Macedonia. Sono così sorte controversie quando due pa- triarchi hanno riconosciuto in uno stesso Paese due Chiese autonome separate, come in Moldavia o in Estonia. La situazione di quest’ulti- mo Paese, dove ci sono una Chiesa autonoma riconosciuta dal patriarca- to ecumenico e un’altra riconosciuta dal patriarcato di Mosca, nel 1996 ha portato addirittura a una rottura temporanea della comunione tra i due patriarcati. Il Santo e grande concilio deve dunque dichiarare qual è l’autorità cui compete concedere l’autonomia a una Chiesa locale. La commissione interortodossa preparatoria, riunitasi a Chambésy nel dicembre 2009, ha precisato i requisiti per una simile dichiarazione e per il suo riconosci- mento, chiarendone la portata eccle- siologica, canonica e pastorale. Quel documento, approvato dalla quinta conferenza panortodossa preconcilia- re dell’ottobre 2015, poi dalla sinassi dei primati nel gennaio 2016, è ora sottoposto all’approvazione del San- to e grande concilio ortodosso. Il testo definisce per la prima vol- ta il concetto di autonomia: questa è lo «statuto d’indipendenza relativa o parziale di una parte ecclesiale pre- cisa rispetto alla giurisdizione cano- nica della Chiesa autocefala a cui fa canonicamente riferimento». I vin- coli di dipendenza tra la Chiesa au- tonoma e la sua Chiesa madre sono comunque molto variabili: esistono “diversi schemi” di applicazione nel- la prassi ecclesiale. Questi però in- cludono sempre un certo numero di elementi fissi. In primo luogo, la scelta del pri- mate di una Chiesa autonoma deve essere “approvata od operata” dalla Chiesa autocefala da cui dipende. A titolo di esempio, il primate della Chiesa ortodossa ucraina viene elet- to dal concilio episcopale di questa Chiesa, poi confermato dal patriarca di Mosca, mentre il primate della Chiesa ortodossa bielorussa viene nominato dal patriarca di Mosca. In secondo luogo, e si tratta di un pun- to molto delicato, i rapporti ecclesia- li esterni della Chiesa autonoma passano per la sua Chiesa madre, come precisa il testo: «la Chiesa au- tonoma nei suoi rapporti interorto- dossi, intercristiani e interreligiosi si esprime tramite la Chiesa autocefala che le ha concesso l’autonomia». In terzo luogo, il primate della Chiesa autonoma ricorda nella liturgia quel- lo della Chiesa madre, ma non quel- lo delle altre Chiese autocefale, pre- rogativa esclusiva dei primati delle Chiese autocefale. Un altro punto simbolicamente importante è il seguente: la Chiesa autonoma riceve dalla sua Chiesa autocefala il santo m y ro n , ossia il sa- cro crisma, la cui consacrazione nel- la Chiesa ortodossa è prerogativa dei capi delle Chiese autocefale. In- fine, il primate della Chiesa autono- ma può far parte del sinodo della Chiesa autocefala da cui dipende. Il documento stabilisce che ogni Chiesa autocefala è l’autorità cui compete concedere l’autonomia, il che mitiga tale questione finora tanto controversa. La Chiesa locale che desidera acquisire questo statuto ne fa richiesta alla Chiesa autocefala da cui dipende. Quest’ultima promulga allora un tòmos che fissa i limiti geo- grafici e lo statuto di autonomia di quella Chiesa, comunicandolo poi al patriarcato ecumenico e alle altre Chiese ortodosse autocefale. Il documento precisa inoltre che nella diaspora una chiesa autonoma può essere creata solo con il consenso panortodosso, ottenuto dal patriar- cato ecumenico. Infine, stabilisce che in caso di concessione dello sta- tuto di autonomia da parte di due Chiese autocefale sullo stesso territorio, che può generare una conte- stazione dell’autonomia dall’una o dall’altra parte (come è accaduto in Estonia), le Chiese coinvolte devono rivolgersi al patriarca ecumenico per risolvere la questione canonica- mente. Con questo documento sull’auto- nomia ecclesiale le Chiese ortodosse si dotano dunque di basi comuni per evitare le tensioni createsi nel XX secolo su tale questione. Non ci si può non rallegrare e sperare che questo documento venga adottato anche dalle Chiese che non sono rappresentate a Creta. Il problema più delicato resta però quello della proclamazione dell’autocefalia che alcune Chiese, come il patriarcato di Mosca e quello serbo, auspicano venga mantenuto nell’agenda di questo Santo e grande sinodo. Come si sa, per il mancato raggiungi- mento di un consenso al riguardo, la sinassi dei primati di gennaio 2016 ha deciso di ritirarlo dall’ordine del giorno. Sicuramente la risoluzione di questo problema non potrà che essere favorita dall’accordo sulla questione dell’autonomia ratificato dal Santo e grande concilio.

© Osservatore Romano - 25 giugno 2016