Salvifica Bellezza. Sulle tracce della spiritualità filocalica dell’Oriente

SalvificaBellezzaMassimo Bolognino.

Salvifica Bellezza. Sulle tracce della spiritualità filocalica dell'Oriente  cristiano. (Effatà, Cantalupa, 2010)


La grande tradizione spirituale - cristiana e non - ha sempre saputo e insegnato che le vie dello spirito si percorrono in due modi, entrambi necessari, inseparabili. Le espressioni linguistiche con le quali quei modi possono e debbono essere designati sono contraddittorie, apparentemente: ma la tensione dialettica (perché tale essa è, più che contraddizione) si risolve ritrovandone l'unitarietà nell' esperienza vissuta - e solo in essa. Da una parte il pellegrino deve compiere il cammino da solo: nessuno può fare al posto suo ciò che, con inflessibile serietà, è realmente l' impegno unico, l'unum necessarium, per chi abbia intuito, tra lampi improvvisi e lunghe notti, per speculum in aenigmate, l'asse portante dell'esistenza. Il cammino deve essere percorso a piedi nudi, in solitudine inesorabile. In un contesto  simile, a Faust che vuole raggiungere le Forme primordiali dell'Essere, Mefistofele (Mefistofele! paradossi della Sapienza!) domanda: "Hast du Begriff von Oed und Einsamkeit?" (Goethe, Faust, 6227).

"Hai tu idea di deserto e solitudine?" Dall'altra parte, tutte le tradizioni - indiana, ebraica, cristiana, islamica - insistono sulla necessità, per chi si accinge al cammino, di essere guidato da un maestro (guru, tzaddìq, gheron/staretz...) che aiuti nel discernimento, incoraggi, sostenga, insegni: finché l'allievo divenga a sua volta maestro, sapendolo o no, per altri. Il maestro-padre-madre nello spirito va solo trovato, perché è un dono dall'Alto che viene messo da Dio a disposizione di chi Lo cerca: l'affetto e la gratitudine che si avranno poi, per sempre, per il maestro-padre-madre saranno solo (solo!?) segno dell'amore e della gratitudine senza fine che si avrà per Colui che ha condotto a trovare il maestro, canale della Sua sapienza, lucignolo del Suo sole. Una relazione, quella discepolo-maestro, strutturalmente molto diversa dalla reciprocità dell'amicizia tra pari, sempre nutrita da scambio vicendevole: "Procurati un maestro, acquistati  un amico" ( Mishnah, Abot 1,6 ).

Alla ricerca di un maestro si erano recati sulla Santa Montagna dell'Athos, nel XVIII secolo, due uomini assetati di Dio, cristiani che le rispettive Chiese avrebbero, sullo scorcio del XX secolo, proclamati santi: l'ucraino Paisij Velickovskij (1722+1794) e il greco Nicodemo Agiorita (1749+1809). Per entrambi, ad una certa distanza di tempo, l'esperienza fu deludente: neppure in quel luogo, considerato ‘il' luogo della spiritualità ortodossa, i due pellegrini riuscirono a trovare quel che cercavano. Ed entrambi, ciascuno per suo conto, trassero dalla delusione la stessa lezione: se i maestri non si trovavano tra i vivi, bisognava cercarli tra coloro che, morti nel corpo, continuavano a vivere e ad insegnare, attraverso i loro scritti. I due mancati discepoli dei vivi (ma Paisij fu più fortunato, perché aveva potuto godere della guida di Basilio di Poiana Marului) diventarono così allievi dei Padri greci che, tra il IV e il XIV secolo, avevano insegnato le vie della preghiera e della vita spirituale: ne raccolsero le opere da manoscritti antichi e più recenti, le studiarono, le assimilarono, le tradussero in vita personalmente vissuta... e trasmessa, a loro volta, a nuovi discepoli.

La raccolta messa insieme da Nicodemo apparve a stampa in un unico, ponderoso volume, nel 1782 a Venezia, per la tipografa di Antonio Bortoli e grazie al generoso finanziamento del fanariota Giovanni Mavrogordatos; il titolo suonava Philokalia tôn hierôn nêptikôn. Il primo termine, Philokalia, aveva una storia antica: esso designa una raccolta di passi delle opere di Origene messa insieme, nel IV secolo, da due autori che la tradizione individua (anche se qualche isolata voce moderna dissente) in Basilio di Cesarea e Gregorio di Nazianzo, durante un periodo di eremitismo trascorso insieme dai due inseparabili amici. Alla base della ricerca teologica condotta dai due Padri attraverso gli scritti origeniani è, come dicono le parole greche da cui è formato il titolo, l'amore (phìlos, philìa) per ciò/Colui che è bello/buono (kalòs): dunque, l'amore per l'Unico buono/bello, Colui la cui gloria (kabòd) coincide con la Sua bontà/bellezza (tûb) (cfr. Es 33, 18-19). La seconda parte del titolo nomina i ‘sacri' (hierôn) Padri ‘neptici'.  La nêpsis è la ‘sobrietà', e perciò la ‘vigilanza' nella preghiera, l' ‘attenzione' rivolta alla vita dello Spirito nello spirito di chi re vera Deum quaerit, alla sobria ebrietas di cui parla tutta la tradizione mistica cristiana fino dall'epoca patristica: solo quando si è ‘ebbri' dello Spirito, allora si è veramente ‘sobri'. Il titolo racchiude dunque, con una precisione che non si potrebbe desiderare più perfetta, l'individuazione esattissima della meta, e insieme l'intero programma della Via da percorrere.

Quando Paisij venne a conoscenza della Philokalia veneziana, mise da parte i suoi propri progetti analoghi e, con l'aiuto dei suoi dotti monaci di Neamţ, procedette a tradurre il testo di Nicodemo in slavo ecclesiastico (Dobrotoljubie). Qualche decennio dopo sarà quello slavo, stampato in Russia, il testo che il Pellegrino russo porterà, insieme alla Bibbia, nella sua bisaccia. Ed è proprio grazie ai Racconti di un pellegrino russo, tradotti in varie lingue dell'Europa occidentale negli ultimi cinquant'anni, che gli spirituali occidentali hanno recentemente scoperto, in folla, la preghiera di Gesù e la spiritualità filocalica che la sottende (di quei Racconti esistono in italiano ben tre versioni, tutte diversamente pregevoli, edite da Rusconi, Adelphi, Città Nuova).

La Filocalia, nell'edizione italiana pubblicata da Gribaudi, comprende quattro volumi. Innumerevoli volte, e con sfaccettature sempre originali pur nell'alveo di una tradizione sostanzialmente unitaria, i testi dei Padri tornano sulle questioni essenziali della vita spirituale, il cui scopo è, in radice, appunto la realizzazione piena del dono battesimale: l'acquisizione progressiva dello Spirito Santo, come spiegherà s.Serafìm di Saròv (+1831) al suo discepolo Motovìlov in un famoso colloquio (tradotto in I. GORAINOFF, Serafino di Saròv, Gribaudi ).

La dimestichezza con le tematiche filocaliche può essere ottenuta solo nella concreta, personale messa in pratica dell' insegnamento dei Padri: non basta, anche se è necessario, leggerne gli scritti. A sua volta, il contatto personale con i testi, e l'impegno spirituale che deve conseguirne, si arricchisce di tutte le esperienze interiori che il lettore porta in sé, uniche e irripetibili, preziose e inimitabili, perché ciascuno deve percorrere da sé il cammino della ricerca di Dio. È per questo motivo che, se per un verso tutti gli spirituali filocalici presentano volti che si assomigliano profondamente, per l'altro non ce ne sono due identici: non solo tra i maestri antichi i cui scritti sono racchiusi nel volume di Nicodemo, ma anche tra i viventi che ne accolgono l'insegnamento e lo mettono in pratica. La situazione è simile a quella delle sante icone: per ogni tipo d'immagine c'è uno schema fisso, ma la sua realizzazione si presenta in una varietà infinita di forme, tante quante sono le singole icone. D'altronde, in che cosa consiste la vita spirituale se non nel lasciare dipingere nel più profondo del nostro essere l'icona di Cristo all'Iconografo unico che è lo Spirito Santo?


Nelle pagine di "Salvifica Bellezza" il mio carissimo fratello Massimo ha tracciato le linee della sua personale esperienza della vita filocalica: la affronta con tutta la ricchezza e il taglio di una ricerca tipicamente ‘occidentale', segnata dall'inquietudine, sempre inappagata e sempre nuovamente affrontata, dell'intellectus fidei di stampo che si potrebbe dire agostiniano (e non è forse Agostino il padre di tutti gli spirituali dell' Occidente?); una ricerca-testimonianza riempita dalla meraviglia degli occhi ai quali si dischiude lo splendore crocifisso della Bellezza/Bontà/Sophia di Dio in Gesù di Nazareth, Signore nostro amato, cantato nel silenzio, incontrato nel volto delle creature, di ogni creatura, accolto nel dono reciproco senza riserve.


                                            p. Matteo Cryptoferritis


Massimo Bolognino 
Salvifica bellezza Sulle tracce della spiritualità filocalica dell'Oriente cristiano

Collana «Spiritualità dove, come, quando» 29 - formato cm 14 x 20,5 - brossura 
128 pagg. - 2010 - euro 10,00 - ISBN 978-88-7402-546-6 
La Filocalia, letteralmente "amore della bellezza", è il breviario ascetico e mistico della Chiesa d'Oriente e racchiude un patrimonio spirituale di grande valore per tutta l'umanità. Guidati dagli scritti dei Padri in essa contenuti e da voci di teologi e mistici - ortodossi e non solo - ci proponiamo di interrogarci sul valore salvifico della Bellezza come volto di Dio. La bellezza divina è un nome dimenticato, frainteso, più spesso sfigurato da caricature mondane. Attraverso l'itinerario spirituale qui proposto cercheremo di farne emergere i tratti luminosi che trovano in Cristo il punto focale e nell'uomo, restituito alla sua originaria dignità di "essere chiamato a diventare dio", il compimento.


Massimo Bolognino (Torino, 1963) dopo gli studi classici si è dedicato all'approfondimento della mistica e della spiritualità, particolarmente dell'Oriente cristiano. Collabora a riviste specialistiche con testi sul rapporto tra estetica e teologia, sul dialogo interreligioso e su figure della teologia ortodossa quali Pavel Florenskji. Ha curato l'introduzione al volume sulla spiritualità cristiana orientale Attualità del Simbolo dell'archimandrita Silvano Livi (Franco Angeli, 2001) e tiene conferenze sui temi della mistica e della spiritualità cristiana orientale.