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Creato: 10 Ottobre 2018

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La Chiesa russa ha bisogno di giovani vivi e creativi, aperti al mondo e col coraggio di rischiare. Solo così il cristiano può incidere nella società. Ma ogni atto vero e creativo è possibile solo nel rapporto personale e quotidiano col Cristo vivente.
Dal discorso dell’arcivescovo Amvrosij agli studenti dell’Accademia Teologica di Mosca.

Padri reverendissimi, stimatissimi docenti e professori, cari studenti, fratelli e sorelle! Per dieci anni ogni primo di settembre mi sono rivolto agli studenti dell’Accademia Teologica di San Pietroburgo, cercando di comunicare loro ciò che albergava nel mio cuore. Vorrei proseguire questa tradizione anche qui. Permettetemi dunque di condividere con voi alcuni miei pensieri, prima dell’inizio di questo nuovo anno accademico. Comincerò con alcune semplicissime considerazioni personali: sono tornato a casa. Mi sono laureato qui, all’Accademia Teologica di Mosca, ed è con un sentimento del tutto particolare e sotto nuove vesti che varco la soglia di casa mia, diciotto anni dopo. In questi momenti non è difficile comprendere i sentimenti di Ulisse, che dopo un lungo peregrinare fa il suo ritorno ad Itaca, «colmo di tempo e di spazio».[1] E davvero, questi diciotto anni di viaggio sono stati per me pieni di incontri sorprendenti, di persone eccezionali e di luoghi indimenticabili. Sono profondamente grato a ognuna di queste persone, e a ognuno di questi luoghi: tutti hanno lasciato una traccia in me, mi hanno cambiato in qualcosa. Come ho detto agli studenti dell’Accademia di Pietroburgo quando mi sono congedato, «non so se sono stato in grado di insegnarvi qualcosa, ma voi mi avete insegnato moltissimo». E spero sinceramente che la modesta esperienza accumulata in questi anni mi permetta di essere utile anche all’interno di queste mie mura domestiche. Oggi le parole più importanti sono ovviamente rivolte agli studenti, che sono il motivo per cui ci siamo riuniti qui e per cui esiste l’Accademia Teologica.
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