L’Immacolata e Sancta Sophia

di Madre Lioba - IMMACOLATA IN PIAZZA DI SPAGNA fill 333x237Lo scrittore belga Maurice Maeterlink (1862-1949), nel suo libro “La vie des abeilles”  (1901), osserva un fatto sconcertante. L’ape, egli scrive, mostra di avere una sorta di razionalità che, se da una parte la

colloca in un rango superiore rispetto alla mosca, che invece potremmo considerare in qualche modo “stupida”, dall’altra, tuttavia la espone a situazioni tragiche, che suscitano sgomento.

         

       Se mettiamo un’ape in un recipiente di vetro e puntiamo il fondo del recipiente verso la luce, l’ape aderisce al fondo del recipiente con imperturbabile constanza in direzione della luce, nonostante l’ostacolo del vetro. Infatti il vetro non si vede e sembra quasi che l’ape, ragionando dentro di sé, dicesse: “Non c’è acuno ostacolo! Dunque devo proseguire verso la luce!”. Così fecendo, se non interviene un cambiamento dall’esterno, l’ape persevera nella sua ostinazione fino alla morte.

                Al contrario, la mosca non mostra alcun segno di razionalità, e proprio questo la salva. Non riuscendo a volare verso la luce attraverso il vetro, svolazza di qua e di là, finché non trova la via d’uscita.

                Alcuni, non senza fondamento, hanno voluto vedere rappresentato, nel misterioso istinto “razionale” delle api, l’aspetto “demoniaco” della ragione umana. Ma forse l’aspetto demoniaco non è propriamente nella ragione, che il più grande dono fatto da Dio all’uomo, bensì piuttosto nella separazione e parcellizzazione della ragione dall’intuizione della totalità, cioè nella sua riduzione ad un uso particolare, segregato dall’ampio sguardo amoroso che abbraccia e comprende tutta la realtà nei suoi più segreti motivi.

Osserva San Tommaso all’inizio della “Summa Theologiae” che la conoscenza divina, di cui Dio, con la rivelazione, si è degnato di renderci in qualche misura partecipi in questa vita, «est una et simplex omnium» (S.Th., I, 1, 3 ad 2m). Diffondendosi nelle creature, la sapienza di Dio vene quasi a frammentarsi nella scena sconfinata dell’universo creato. Ma nella mente umana disponibile a farsi condurre dalla luce divina a rispecchiare l’opera del Verbo creatore, essa tende in qualche modo a ritrovarsi.

È a questo punto che interviene l’azione disgregatrice del peccato: la ragione umana, il più alto titolo di dignità dell’uomo, che dovrebbe rispecchiare il modo di agire del Verbo divino e, perciò, rifluire, mossa dall’ispirazione amorosa dell Spirito Santo, verso quella conoscenza «una et simplex ominium» che, presente in Dio, informa di sé il dono della sapienza, si ritrae, invece, in se stessa e, rifiutandosi di abbracciare il senso divino del tutto, si limita e si parcellizza in compiti frammentari.

Il teologo ortodosso Sergei Bulgakov (1871-1944), nella sua “Sofiologia”, non intendeva, come qualcuno ha pensato, postulare una quarta Persona nell’intima vita della Divinità. La Sapienza divina appare, piuttosto, come l’inscindibile azione del Verbo e dello Spirito Santo nella creazione e nella guida provvidente del mondo. È proprio questa sorta di comunione sponsale tra il Verbo e le Spirito che contraddistingue la divina Sofia, e che invece l’uomo è tentato di dissolvere, manifestando, così, come abbiamo visto realizzato in modo simbolico dalle api, il volto demoniaco della ragione umana.

Non a caso ho parlato di “comunione sponsale”, perché sussite un legame sostanziale tra l’azione trinitaria, che presiede alla creazione a alla provvidenza divina nel mondo, e il vincolo nuziale tra l’uomo e la donna, che Dio ha posto quale coronamento del mondo creato.

Ricordiamo che, secondo la dottrina del primato dell’atto - dottrina che costituisce il cuore di tutta la speculazione umana - ciò che nella realizzazione temporale appare come ultimo, nella sua realtà metafisica, e nell’intenzione del Creatore, è invece primo.

Se, nel racconto della Genesi, la creazione della donna avviene per ultima, nel suo modello divino e nell’intenzione della Divinità essa era prima. Ciò significa che il vero statuto metafisico dell’uomo, immagine di Dio, non è compiutamente espresso dalla definizione classica “animal rationale”, poiché a quest’ultima deve essere aggiunta, quale attributo essenziale, la dimensione dell’amore, svelata all’uomo soltanto dall’apparire della donna. Se, infatti, il Verbo divino è, per la sua eterna natura, animato dallo Spirito Santo nella sua generazione dal Padre, e perciò giustamente il poeta parla di «luce intellettual piena d’amore», l’intelletto umano, che lo rispecchia, non dovrà a sua volta essere, per essenza, «luce intellettual piena d’amore»? E non è la donna a completare il rispecchiamento dell’immagine divina e a svolgere, perciò, il ruolo di rappresentante dello Spirito Santo, quando ella appare all’uomo quale «carne della mia carne e osso delle mie ossa» (Gn 2, 23) e gli svela, così, la via per raggiungere la pienezza di quel mistero di amore che giaceva come segretamente infuso nella folgorante bellezza della scena della creazione e che ora palpita nello sguardo stupito che essi si scambiano, quasi non credendo ai propri occhi?  

Da quel momento la missione dell’uomo è ormai svelata in tutte le sue dimensioni: egli non è chiamato ad usare la sua ragione per il solo compito di dominare un mondo a lui inferiore, ma è chiamato a trascendersi nell’amore per la donna, che gli è simile ed ha pari dignità, e per la discendenza umana infinita che dal loro amore deriva. E come nello svelamento dell’amore umano Dio rivela il suo vero volto, così nel dono di una discendenza infinita, «come le stelle del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare» (Gn 22, 17), egli racchiude segretamente la promessa di un discendente divino, in cui lo stesso Verbo creatore si farà presente nel mondo. A questo mistero di amore tutti gli usi inferiori della ragione devono servire.

Per questo, al di sopra di ogni altra scienza, si eleva, quale luce suprema destinata a guidare la vita dell’uomo sulla terra, il divino dono della Sapienza.

«Così furono raddrizzati i sentieri di chi è sulla terra; gli uomini furono ammaestrati in ciò che ti è gradito; essi furono salvati per mezzo della sapienza» (Sp 9, 18)

In questa prospettiva appare chiaramente come il peccato originale trovi il suo senso essenziale proprio nell’incrinatura del rapporto originario tra l’uomo e la donna. Se la donna, anziché essere la creatura più altra, chiamata a svelare il vero volto di Dio, vuole, invece, essere «come Dio» (Gn 3, 5), arbitra assoluta del bene e del male, e se l’uomo la segue su questa strada e, per avere in tal modo offuscato in se stesso la luce divina, perde l’orientamento sostanziale della propria vita, ai suoi occhi ingannati la propria missione regredisce alla sola conquista del mondo inferiore. La donna viene, perciò, relegata in un ruolo secondario, quasi ad ornamento edonistico della sua vita privata, l’amore è subordinato al dominio del mondo e la luce a cui egli intende affidarsi non sarà la Sapienza divina, bensì la scienza umana: quella “ragione” di cui l’ape ci ha mostrato l’aspetto demoniaco. 

Ma ora dobbiamo farci condurre dagli autori medievali in una domensione che non ci è congeniale. Tommaso, Bonaventura, Dante, affermano che tutti gli eventi naturali sono determinati dalle creture angeliche che governano il mondo fisico attraverso gli astri. Anche l’uomo? Sì, risponde San Tommaso, nella misura in cui il suo intelletto e la sua volontà si lasciano dominare dai sensi.

«La maggioranza degli uomini segue le passioni che sono moti dell’appetito sensitivo, e alle quali possono cooperare i corpi celesti; mentre poche sono le persone sagge che resistono a tali passioni. Perciò gli astrologi, nella maggior parte dei casi, possono fare vere predizioni, specialmente se si mantengono sulle generali» (S.Th. I, 115, 4 ad 3m).

Ma, aggiunge ancora l’Angelico, «nulla impedisce che una persona resista alle passioni col suo libero arbitrio. Difatti gli stessi astronomi [Tolomeo] dicono che “l’uomo saggio domina gli astri”, nel senso che domina le proprie passioni» (Ibid.).

A questo proposito, tuttavia, dobbiamo chiederci: qual è, realmente, l’uomo saggio che resisite con l’intelletto e la volontà alle proprie passioni? O meglio: quale uso della ragione conferisce all’uomo la vera libertà dalla natura inferiore e dalle forze astrali e angeliche che la dominano? Forse per rispondere a questa domanda può esserci molto utile integrare San Tommaso con Dante. Quest’ultimo, infatti, come nessun altro, ha saputo intravedere nella donna redenta e santificata la vera luce che doveva esaltare la ragione umana al di sopra di se stessa per condurla nel regno della libertà. Perché l’uomo possa riscattarsi dalla servitù che lo umilia, a Virgilio deve subentrare Beatrice.

Un certo razionalismo, che ha avuto ampia cittadinanza in teologia, ci ha abituati a pensare che l’uomo che vive “secondo ragione” è libero dalle sue passioni, senza però definire cosa significhi vivere “secondo ragione”. “ Quale ragione?” si potrebbe chiedere? La scienza o la Sapienza? La prima potrebbe condurci alla ragione suicida dell’ape. È quella una ragione libera dalla natura e dalle forze misteriose che la governano? O è veramente libera soltanto quella «luce intellettual piena d’amore» alla quale l’umanità sofferente ha aspirato misteriosamente per millenni, attraverso l’immane sforzo, segretamente guidato dalla grazia di Colui che «illumina ogni uomo» (Gv 1, 9), di ritrovare la purezza dell’amore e la dignità delle nozze, e che ha pienamente realizzato soltanto nel giorno in cui è stata concepita nel mondo la Donna non offuscata dall’ombra della ribellione, ma totalmente immersa nella luce dell’amore divino? Non fu allora posta la premessa indispensabile perché il Verbo creatore, venendo nel mondo, potesse dar vita ad una nuova stirpe, libera finalmente dal giogo della natura e delle forze che la governano, perché guidata dal dono della Sapienza?

Giustamente, dunque, nel tempio di Santa Sofia di Costantinopoli il culto per il Verbo creatore, Sapienza di Dio incarnata, si sposa in modo inscindibile con il culto per la Madre di Dio e Trono della divina Sapienza.

Quando studiavo inglese, un giorno la mia vecchia insegnate privata mi regalò un quadretto in cui vi era scritta a mano, con una bella scrittura artistica, questa poesia notturna:

 

Sleep sweetly in this quiet room, / o thou, whoe'er thou art, / and let no mournful yesterday / disturb your peaceful heart, / nor let tomorrow mar thy rest/ with dreams of coming ill! / Thy Maker is thy changeless friend, / his love surrounds thee still! / Forget thyself and all the world, / put out each garish light. / The stars are shining overhead! / Sleep sweetly thou! Good night!  

 

Si potrebbe parafrasare così:

 

Dormi dolcemente in questa quieta stanza, chiunque tu sia, e non lasciare che la giornata trascorsa tristmente disturbi la pace del tuo cuore, né che il domani agiti il tuo riposo con sogni di mali incombenti! Il tuo Creatore rimane il tuo fedele amico, il suo amore sempre ti circonda! Dimentica te stesso e tutto il mondo, spegni ogni luce troppo forte. Le stelle brillano lassù nel cielo! Dormi dolcemente! Buona notte!

 

Quando, dopo tante angosce, tornai alla fede, ritrovai questa poesia e da allora la recito sempre mentre mi addormento. Ed essa mi suggerisce che gli uomini credono di decidere liberamente e di guidare con il loro arbitrio la vita sulla terra, ma in realtà, nella misura in cui la loro anima non è guidata dal dono della Sapienza, essi giacciono sotto il governo delle forze della natura, cioè degli angeli che muovono gli astri - «the sters are shining overhead!» - e perciò è sempre la Provvidenza che, pur permettendo anche il male, conduce il mondo. Anche quegli uomini che fanno valere, con grande risalto, non le basse passioni dei sensi, bensì la loro “ragione”, non brillano troppo? Non sono, cioè, come quella «luce troppo forte» che la poesia ci invita a spegnere? Infatti, se non è addolcita dalla candore immacolato che emana dalla Sancta Sophia, la ragione umana tende pericolosamente ad imitare il destino dell’ape suicida.

Ma ciò che è stato detto o fatto durante il giorno, le minacce delle passioni, come le lotte delle irriducibili ragioni contrapposte, nella notte si stempera. Lo sguado si volge verso l’oceano di stelle nel quale navighiamo, e allora capiamo, se lo vogliamo, che ciò che seguirà non dipende, come conseguenza ineluttabile, da quanto è stato detto o fatto. Perché al di sopra della cieca storia umana vi è una “Storia ideala eterna”, che tutto corregge e tutti richiama, nel segreto del cuore, a guardare di là dall’orizzonte limitato della scienza degli uomini con gli occhi della divina Sapienza.

Quante donne, segretamente, quali rappresentanti coscienti o incoscienti della Sacta Sophia Immacolata, risvegliano, nei momenti di pace profonda, negli uomini che combattono per il dominio del mondo, il desiderio di superare gli sterili conflitti per ritrovare, nella luce di una consapevolezza superiore, un più alto destino e una più profonda reciproca comprensione nella pace divina della Sapienza.

Dunque, in questo abbraccio di pace e di speranza, «sleep sweetly thou! Good night!». 



Oggi su La Croce Quotidiano - 7 dicembre 2018
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