Una veste tessuta di gloria

nativita di Mariadi MANUEL NIN

L’abbondantissima produzione letteraria messa sotto la paternità di sant’Efrem, il grande Padre della Chiesa siriaca morto nell’anno 373, comprende inni in realtà composti a partire dal V secolo ispirati all’innografia di Efrem. Molti di questi componimenti sono dedicati a Maria e alla sua divina maternità, inni che la cantano, meditando e lodando allo stesso tempo il mistero dell’incarnazione del Verbo di Dio.
Due di questi inni iniziano con una preghiera a Cristo, affinché sia lui stesso a illuminare il canto del poeta: «La Vergine mi chiama a cantare il mistero che ammiro. Dammi, o Figlio di Dio, il tuo dono di ammirazione, per dipingere un’immagine piena di bellezza alla tua Madre». La verginità di Maria e il concepimento in lei del Verbo di Dio incarnato vengono messi in evidenza con immagini molto contrastanti, a partire dall’umanità stessa di Maria nel suo essere pienamente donna e concepire verginalmente: «Un feto nel suo seno senza connubio, grande prodigio! Latte è nelle sue mammelle, cosa inconsueta! I segni della verginità assieme al latte sono nel suo corpo». E prosegue con delle espressioni che sottolineano la divinoumanità di colui che è nato da Maria: «La Vergine Maria santamente partorisce il Figlio; dà il latte a colui che nutre il genere umano; sulle ginocchia sostiene colui che tutto sostiene. Lei è vergine, ed è pure madre: cosa lei non è?». L’autore prosegue introducendo il tema della verginità — sia in un riferimento alle dieci vergini della parabola evangelica — sia soprattutto tenendo presente la verginità come realtà ecclesiale presente già nel IV secolo nelle Chiese di tradizione siriaca: «In Maria goda tutta la schiera delle vergini, perché una fra esse si è chinata e ha partorito il gigante che sostiene le creature, lo stesso che liberò il genere umano fatto schiavo». Il riferimento cristologico al «gigante» partorito da Maria è preso dai Salmi (18, 6), in un testo che la tradizione dei Padri e le liturgie orientali e occidentali hanno letto e interpretato applicandolo a Cristo stesso nella sua incarnazione e nascita da Maria. Nel primo dei due inni una serie di quattro strofe enumera coloro che per mezzo di lei trovano in Cristo la loro piena redenzione: «Si rallegri in Maria Adamo ferito dal serpente, perché lei a lui ha fornito la pianta medicinale, si rallegrino in Maria i sacerdoti, perché lei ha partorito il grande sacerdote divenuto vittima, si rallegri la schiera dei profeti, perché in lei si sono adempiute le loro profezie». Il nesso con Adamo guarito dalla medicina che è Cristo stesso porta l’autore a cantare il tema dell’incarnazione e la nascita del Verbo di Dio vista come una nuova creazione: «Maria dette il dolce frutto agli uomini, in luogo di quel frutto dell’amarezza che Eva aveva raccolto dall’albero, Maria tesse una stola di gloria per suo padre che era stato denudato tra gli alberi: rivestendola castamente, egli acquistò decoro». Maria ancora è presentata come vite che produce il vino che è Cristo stesso, riferimento che ha anche un carattere eucaristico, collegato con il vino come bevanda di salvezza: «La vite verginale produsse un grappolo dal dolce vino, e per esso furono consolati dalle tristezze Adamo ed Eva addolorati: gustando il farmaco di vita, e furono da questo consolati dalle loro tristezze ». Nel secondo inno dopo aver di nuovo accostato le dieci vergini con le lampade in mano del vangelo di Matteo a Maria vergine che porta la vera luce del mondo, Cristo, l’innografo si dilunga a sviluppare il nesso tra Eva e Maria, tra la caduta nel peccato e la redenzione come nuova creazione: «Per lei si sollevò il capo di Eva rimasto abbattuto. Maria infatti ha portato il bambino che afferrò il serpente, e le foglie della nudità si tramutarono in gloria. Due vergini ha avuto l’umanità: una causa della vita, l’altra della morte; da Eva spuntò la morte, da Maria la vita». E ancora l’autore riprende il tema del vestito di gloria tessuto da Maria nel suo grembo: «La madre caduta fu sorretta da sua figlia, e poiché quella era rivestita di foglie di nudità, questa le tesse e le dette un vestito di gloria ». Nei due inni i titoli cristologici dati a Maria sono presi da immagini veterotestamentarie: lei è il campo che non ha conosciuto il seminatore, lei la nave che porta agli uomini il frutto della salvezza, lei la lampada che porta la luce per gli uomini: «Per Maria spuntò la luce che scacciò le tenebre che si erano diffuse tramite Eva offuscando l’umanità. Per mezzo di Maria il mondo è stato illuminato».

© Osservatore Romano - 7-8 settembre 2015