Primavera di una Chiesa viva

chiesa cattolica kosovo«Per noi cattolici è una primavera. È la primavera della Chiesa cattolica in Kosovo. Per la prima volta dopo settecento anni possiamo liberamente vivere, annunciare, accogliere le persone e dare il nostro contributo non soltanto ai cattolici, ma a tutta la società kosovara».
A parlare così è monsignor Dodë Gjergji, amministratore apostolico di Prizren, che abbiamo incontrato a Roma dove è in visita per definire l’o rganizzazione del concerto in onore di Madre Teresa di Calcutta in programma nella capitale a settembre. All’evento prenderanno parte la filarmonica del Kosovo e di Albania e i musicisti di Montenegro e Macedonia. In quella occasione la soprano Inva Mula eseguirà per la prima volta l’Inno alla vita di Madre Teresa su testo della beata e musica del compositore Lorenc Antoni, cugino di Madre Teresa. Fra l’altro oggi, giovedì 16 giugno, ci sarà una messa in occasione dell’anno di santificazione della missionaria albanese celebrata dal cardinale Angelo Comastri nella chiesa di San Gregorio al Celio, dove sarà presente anche il presidente del Kosovo, Hashim Thaçi. Gjergji ha ricordato le origini cattoliche del Kosovo e le successive dominazioni che hanno lasciato il segno nei secoli, in particolare quella ottomana. Oggi nel Kosovo vive una minoranza cattolica che si aggira sul 4 per cento, una minoranza molto attiva, vivace e perfettamente integrata nella realtà kosovara. «Il Kosovo ha una sola diocesi con sede a Prizren e comprende tre zone pastorali: oltre al decanato (insieme di parrocchie) di Prizren, il decanato di Pristina e quello di Peja. Anche la Caritas è presente con una sede a Ferizaj e tre uffici distaccati rispettivamente a Pristina, Mitrovica e Prizren. I comuni coinvolti sono circa quattordici. L’attività, portata avanti da centoquaranta persone, si basa su tre punti principali: riconciliazione e amicizia tra i popoli, sviluppo e aiuto sociale, assistenza domiciliare agli anziani», racconta il vescovo. «Sono quattro — continua — le linee pastorali che stiamo portando avanti. La prima, la più grande ed efficace, è il lavoro che stiamo facendo con la Caritas dove prestano il loro servizio non soltanto i cattolici, ma anche i musulmani e gli ortodossi con la collaborazione di altre diverse Caritas nazionali. La seconda riguarda l’azione che stiamo portando avanti per far arrivare la Chiesa cattolica nelle città dove non era presente. Abbiamo costruito un centro don Bosco a Gjilan, dove eravamo assenti da trecento anni, una chiesa e un centro parrocchiale a Kravaseria dove non eravamo presenti da un secolo, e stiamo costruendo una chiesa a Llapushnik dove ci sono quaranta villaggi musulmani intorno». L’amministratore apostolico ricorda che «stiamo anche aiutando persone che si sentono cattoliche ma che si sono islamizzate durante l’impero ottomano e che oggi vogliono tornare alle loro origini. Come a Gjilan, Kravaseria e Llapushnik dove ci sono nuove comunità cristiane formate da individui ritornati alle loro origini. Parlo di persone e non di convertiti perché per noi questa parola non è giusta. Stiamo poi lavorando nel campo scolastico, abbiamo quattro grandi scuole: a Prizren il ginnasio “Loyola” con ottocentocinquanta alunni, dall’asilo fino al liceo; a Pristina la scuola “Don Bosco” con seicento studenti, dalle elementari al liceo, oltre ai corsi professionali; a Gjacova la scuola diocesana con trecento allievi; a Gjilan, da due anni, la scuola dei salesiani. Nelle nostre scuole — precisa monsignor Gjergji — oltre il 90 per cento degli studenti sono musulmani. Tutte queste scuole sono state aperte dopo la guerra. Quindici anni fa eravamo una Chiesa chiusa in sacrestia. Oggi siamo rinati e siamo una Chiesa viva. Attualmente abbiamo cinque seminaristi che studiano nel seminario interdiocesano di Scutari, in Albania. E dieci comunità religiose femminili con centoventi suore: le francescane insieme alle vincenziane sono le più numerose, poi ci sono le suore di Madre Teresa, le angeliche di San Paolo, le sorelle del Divino Amore, le basiliane e le sorelle di Filippo Neri». Ma il progetto più importante riguarda la chiesa-santuario di Madre Teresa a Pristina: «Il nostro desiderio è di consacrarla il 5 settembre del prossimo anno in occasione del primo anniversario della canonizzazione di Madre Teresa. I lavori per la realizzazione sono durati dieci anni, nel 2010 vi abbiamo celebrato il centenario della nascita di Madre Teresa e nel 2013 i millesettecento anni dell’Editto di Milano. Ma ora è arrivato il momento tanto atteso della consacrazione. Quest’anno, il 4 settembre a Roma, ci sarà la canonizzazione della nostra sorella albanese e nel primo anniversario a settembre del prossimo anno consacreremo questa chiesa». Il Kosovo è uno Stato di circa due milioni di abitanti, a maggioranza musulmana: «Sono nostri fratelli. Siamo stati vicino a quelli che hanno sofferto durante il regime, abbiamo aiutato tutti senza distinzioni. E i musulmani kosovari amano e accettano la nostra Chiesa, la sentono molto vicina». (rossella fabiani)

© Osservatore Romano - 17 giugno 2016