In preghiera per l’Oriente cristiano

Mother of God portrayed as a Byzantine empressUna preghiera per tutte le Chiese orientali, molte delle quali nella «propria patria subiscono terribili afflizioni», è stata elevata dal cardinale Leonardo Sandri nel corso della tradizionale novena dell’Immacolata Concezione, svoltasi nella basilica romana dei Santi dodici apostoli, venerdì 2 dicembre.
Una preghiera che il porporato ha esteso anche alla comunità del Pontificio istituto orientale e agli studenti, ai seminaristi, ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose che appartengono agli otto collegi orientali di Roma. La celebrazione presieduta dal prefetto della Congregazione per le Chiese orientali è stata occasione per ricordare un triplice anniversario: il centenario di fondazione del dicastero e del Pontificio istituto, e il cinquantesimo di sacerdozio dello stesso cardinale Sandri, il quale venne ordinato il 2 dicembre 1967 nella chiesa del seminario di Buenos Aires dal cardinale Juan Carlos Aramburu. Si è rinnovato così il tradizionale “omaggio” dell’Oriente cristiano alla madre di Dio nella basilica che custodisce le reliquie dei santi apostoli Filippo, evangelizzatore della Frigia, e Giacomo, primo vescovo di Gerusalemme, collocate oggi nella cripta e donate dall’imperatore Giustiniano. «Con l’animo di Maria — ha detto il porporato rivolgendosi ai numerosi sacerdoti, religiosi e religiose, seminaristi e laici delle Chiese orientali cattoliche presenti a Roma — siamo consapevoli di essere custodi e portatori di un tesoro in vasi di creta, ma lo portiamo con gioia e fiducia nel Signore volendo essere ogni giorno collaboratori della vostra gioia». Le parole di Isaia, ha aggiunto, siano un auspicio di pace per il mondo intero, e in particolare «per l’amato Medio oriente, per l’Ucraina, e tutti i popoli e le Chiese seguiti dalla Congregazione orientale». Il profeta affermava infatti che «il tiranno non sarà più, sparirà l’arrogante, saranno eliminati quanti tramano l’iniquità». Queste dimensioni di male, ha affermato il cardinale, prima «che estirpate dal mondo devono sempre essere vinte anzitutto nei cuori di ciascuno di noi, se vogliamo che la nostra supplica provenga da un cuore sincero e purificato». «Oggi questa chiesa — ha proseguito il porporato riprendendo le parole di Isaia — allarga i pali della tenda e amplia lo spazio della sua dimora, facendo entrare tanti figli e figlie delle Chiese orientali cattoliche che abitano in Urbe e che vengono anch’essi a rendere omaggio alla madre di Dio». Nessuna delle loro diverse liturgie, bizantina, armena, caldea, siriaca, copta, «si vergogna di inserire in ogni celebrazione dei misteri di Dio la supplica e l’invocazione a Maria, alcuni persino dopo le parole dell’istituzione e l’epiclesi». Da questo stile, ha osservato il cardinale, «dovremmo tutti imparare, strappando la visione di Maria da una dimensione soltanto devozionale, e collocandola nella giusta prospettiva di chi la prega perché contemplata nel mistero di Cristo e della Chiesa». I santi apostoli Filippo e Giacomo, ha aggiunto, «si rallegrano con noi e si uniscono al canto di lode a Dio per i prodigi che ha operato in Maria santissima, canto che unisce le note e le parole dell’Occidente e dell’Oriente». A questo coro il porporato ha unito anche la sua voce, confidando di sentirsi «stupito e commosso per la fedeltà di Dio nel mio cammino, celebrando proprio oggi l’inizio dell’anno cinquantesimo della mia ordinazione sacerdotale». Con il cardinale hanno concelebrato il segretario del dicastero, l’arcivescovo Cyril Vasil’, il procuratore della Chiesa patriarcale di Antiochia dei maroniti, monsignor François Eid, il procuratore della Chiesa siro-malabarese a Roma, Stephen Chirapanath, il vescovo dell’eparchia di Bahir-Dahr (Etiopia), LisaneChristos Matheos Semahun, il vescovo ausiliare dell’arcieparchia di Prešov (Slovacchia), Milan Lach. Con loro anche l’abate dell’ordine libanese maronita, i procuratori delle Chiesa di Antiochia dei greco-melkiti e di Cilicia degli armeni, diversi officiali del dicastero, i decani delle facoltà del Pontificio istituto orientale, e più di un centinaio di sacerdoti orientali e latini studenti a Roma, oltre alla comunità dei frati minori conventuali. Insieme alle note eseguite dalla corale della basilica, durante la celebrazione sono risuonati canti in arabo, romeno, paleoslavo, ucraino, armeno e malayalam, mentre il Vangelo è stato proclamato in italiano e in arabo.

© Osservatore Romano - 4 dicembre 2016