Studi siriaci e arabo-cristiani

evangeliario siriacodi MANUEL NIN

Nei giorni scorsi Roma ha ospitato due importanti ap- puntamenti per chi studia l’oriente cristiano. Dal 19 al 21 agosto si è tenuto il dodicesimo Symposium Syriacum e, in concomitanza con esso, dal 22 al 24 il decimo Congresso internazionale di studi arabo-cristiani.
Le due iniziative hanno fatto il punto su tradizioni cristiane poco conosciute ma molto antiche e rilevanti: quella siriaca per l’antichità, la vicinanza all’aramaico parlato da Gesù, la diffusione, quella araba attestata da iscrizioni preislamiche e soprattutto da manoscritti a partire dal IX secolo. Celebrato con una cadenza quadriennale, il Symposium Syriacum questa volta è tornato nella città dove era iniziato quasi mezzo secolo fa. Il primo di questi simposi si era infatti svolto a Roma dal 26 al 31 ottobre 1972, nella sede del Pontificio istituto orientale che ne è stato l’o rg a n i z - zatore anche in questa occasione. E il ritorno a Roma del Symposium ha voluto quest’anno in qualche modo anticipare con un’iniziativa scientifica di grande rilievo l’inizio delle celebrazioni centenarie dell’istituto fondato nel 1917 da Benedetto X V. Nel 1972 il primo Symposium dava inizio a una serie di incontri tra studiosi della letteratura, della teologia, della patrologia, della filologia e della storiografia di tradizione siriaca. E negli anni successivi i simposi internazionali avrebbero a loro volta gemmato analoghe iniziative a carattere regionale e nazionale degli studiosi siriacisti in Libano, in Italia, negli Stati Uniti. All’inizio degli anni settanta le grandi collane di testi siriaci nate e sviluppatesi nel corso del Novecento erano ormai giunte alla loro maturità, con un numero notevolissimo di testi editi, tradotti, commentati: basti pensare alla P a t ro l o - gia Orientalis, al Corpus Scriptorum Christianorum Orientalium e alle Anaphorae Syriacae. Da quel momento i simposi, ogni quattro anni, hanno radunato da ogni parte del mondo gli studiosi della tradizione siriaca, spesso ecclesiastici: tra loro, René Lavenant, Louis Leloir, Edmund Beck, André de Halleux. Questi studiosi hanno segnato e continuano a segnare il percorso degli studi siriaci dal punto di vista filologico a quello teologico, dalla storia della liturgia alla tradizione spirituale. Le loro ricerche hanno contribuito nel corso di questi ultimi decenni, fondandosi sugli studi precedenti, a mettere le basi per approfondimenti ulteriori, mettendo a disposizione dei ricercatori più giovani strumenti e testi da pubblicare e studiare. Ed è questo un altro frutto importante di questi simposi. Il dodicesimo Symposium Syriacum si è svolto nella sede del Collegio internazionale San Lorenzo da Brindisi ed è stato aperto dalla lectio magistralis di Sebastian P. Brock sull’importanza dei testi conservati in siriaco provenienti dalla tradizione melchita. Numerosi altri interventi hanno affrontato diverse aree di studio: dal Nuovo Testamento al cristianesimo in India, dalla tradizione patristica — su Efrem, Giacomo di Sarug, Giovanni di Apamea, Narrai — a quella monastica, dai testi agiografici ai temi più specificamente filologici. E una sezione è stata dedicata all’applicazione dell’informatica agli studi di tradizione siriaca. Nella stessa sede romana si è subito dopo tenuto il decimo Congresso di studi arabo-cristiani, altro ambito di grande importanza. Su questo ha fatto il punto lo studioso gesuita Samir Khalil Samir, che ha poi delineato i possibili progetti comuni. Molti studiosi hanno poi messo in luce la rilevanza della letteratura cristiana in lingua araba, dal punto di vista filologico e teologico, offrendo contributi importanti per l’approfondimento di una tradizione antica e viva.

© Osservatore Romano - 29-30 agosto 2016