In un libro l’omaggio a Bartolomeo per il venticinquesimo anniversario dell’elezione alla sede patriarcale di Costantinopoli

bartolomeo agnellinoE' con sentimenti di cordiale vicinanza che mi unisco a tutti coloro che quest’anno celebrano, con gioia e giubilo, il venticinquesimo anniversario dell’elezione di Sua Santità Bartolomeo I a patriarca ecumenico. Il mio primo incontro con il mio amato fratello Bartolomeo è avvenuto il giorno stesso in cui ho iniziato il mio ministero papale, quando mi ha onorato della sua presenza a Roma.
Ho sentito che stavo incontrando un uomo che cammina nella fede (cfr. 2 Corinzi, 5, 7), che nella sua persona e nei suoi modi esprime tutta la profonda esperienza umana e spirituale della tradizione ortodossa. In quella occasione ci siamo abbracciati con affetto sincero e reciproca comprensione. I nostri successivi incontri a Gerusalemme, Roma e Costantinopoli hanno non soltanto rafforzato la nostra affinità spirituale, ma soprattutto reso più profonda la nostra consapevolezza condivisa della responsabilità pastorale comune che abbiamo in questo momento della storia, dinanzi alle sfide urgenti che i cristiani e l’intera famiglia umana devono affrontare oggi. In particolare tengo caro nel cuore la splendida memoria del caloroso e fraterno benvenuto che il patriarca Bartolomeo mi ha riservato durante la mia visita al Fanar per la festa dell’apostolo Andrea, santo patrono del patriarcato ecumenico, il 30 novembre 2014. La Chiesa di Roma e la Chiesa di Costantinopoli sono unite da un profondo e antico vincolo, che neanche secoli di silenzio e di malintesi sono riusciti a spezzare. Questo vincolo è esemplificato dalla relazione tra coloro a cui la tradizione attribuisce la fondazione delle nostre rispettive Chiese, ovvero i santi apostoli Pietro e Andrea, due fratelli nella carne, ma soprattutto due discepoli del Signore Gesù, che insieme hanno creduto in lui, lo hanno seguito e infine hanno condiviso il suo destino sulla croce, nell’unica e identica speranza di servire la venuta del suo regno. I nostri predecessori, l’illustre Atenagora I e il beato Paolo VI, ci hanno lasciato il sacro compito di percorrere a ritroso il cammino che ha portato alla separazione delle nostre Chiese, sanando le fonti del nostro reciproco allontanamento, e di procedere verso il ripristino della piena comunione nella fede e nell’a m o re , consci delle nostre legittime differenze, così com’era nel primo millennio. Oggi, noi fratelli nella fede e nella speranza che non delude, siamo profondamente uniti nel desiderio che i cristiani d’oriente e d’occidente si possano sentire parte dell’una e unica Chiesa, affinché possano proclamare al mondo intero che «è apparsa infatti la grazia di Dio, apportatrice di salvezza per tutti gli uomini, che ci insegna a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere con sobrietà, giustizia e pietà in questo mondo, nell’attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo » (Tito , 2, 11-13). Nelle due dichiarazioni comuni che abbiamo firmato a Gerusalemme e al Fanar abbiamo affermato con fermezza e determinazione il nostro impegno condiviso, che deriva dalla nostra fedeltà al Vangelo, a costruire un mondo più giusto e più rispettoso della dignità e delle libertà fondamentali, la più importante delle quali è la libertà di religione. Siamo anche fondamentalmente uniti nel nostro comune impegno di far crescere ulteriormente la consapevolezza delle persone e della società in generale rispetto alla questione della salvaguardia del creato, lo scenario cosmico nel quale l’infinita misericordia di Dio — donata, rifiutata e ripristinata — viene manifestata e glorificata in ogni momento. Sono profondamente grato per la guida del patriarca ecumenico in questo campo e per le sue riflessioni su tale questione, da cui ho imparato e continuo a imparare tanto. Ho trovato una profonda sensibilità spirituale nel patriarca Bartolomeo per la dolorosa condizione dell’umanità attuale, così profondamente ferita da indicibile violenza, ingiustizia e discriminazione. Siamo entrambi grandemente turbati da quel grave peccato contro Dio, che sembra crescere di giorno in giorno, che è la globalizzazione dell’indifferenza dinanzi alla deturpazione dell’immagine di Dio nell’uomo. È nostra convinzione che siamo chiamati a operare per la costruzione di una nuova civiltà dell’amore e della solidarietà. Entrambi siamo consapevoli che le voci dei nostri fratelli e delle nostre sorelle, ora al punto di estrema angoscia, ci obbligano a procedere più rapidamente sul cammino della riconciliazione e della comunione tra cattolici e ortodossi, in modo che possano proclamare in maniera credibile il Vangelo di pace che viene da Cristo. Per queste molteplici ragioni sono molto lieto che il venticinquesimo anniversario dell’elezione del mio amico e fratello Bartolomeo a patriarca dell’antica e gloriosa sede di Costantinopoli venga celebrato da così tante persone che rendono grazie al Signore per la sua vita e il suo ministero. Considero una grazia e un privilegio camminare insieme al patriarca Bartolomeo nella speranza di servire il nostro unico Signore Gesù Cristo, contando non sulle nostre esigue forze, bensì sulla fedeltà di Dio, e sostenuti dall’intercessione dei fratelli santi, gli apostoli Andrea e Pietro. È con questa certezza e nel costante ricordo nella preghiera che esprimo a Sua Santità il patriarca Bartolomeo i miei cordiali e fraterni buoni auspici per una lunga vita nell’amore e nella consolazione del Dio uno e trino.

PAPA FRANCESCO

Dal Vaticano, 4 aprile 2016

© Osservatore Romano - 13 ottobre 2016