Nel Borneo cattolici, musulmani e i banchi di scuola

Il vescovo Giulio Mencuccini in visita a un asilo nella parrocchia di Nanga MahapStorie di convivenza tra cristiani e islamici. Viaggio nella diocesi di Sanggau: i buoni rapporti tra i fedeli nel racconto del vescovo Giulio Mencuccini e dell’insegnante Hilmiah.

«Nella mia diocesi, che si estende per oltre 20mila chilometri quadrati e comprende due grandi province – quelle di Sanggau e Sekadau – i rapporti tra i cattolici e i musulmani sono molto buoni, l’appartenenza religiosa non costituisce motivo di divisione o di ostilità. Anche i rapporti con le locali autorità sono sereni; qui non sono previste limitazioni all’edificazione di luoghi di culto tanto che negli ultimi 26 anni ho inauguro 803 chiese. Quando, nel 2013, iniziammo la costruzione della cattedrale, ricevemmo 380mila euro dal governo locale e il prefetto, che quell’anno era un musulmano, volle fare anche una donazione a titolo personale». 

Con queste parole inizia il suo racconto il padre passionista Giulio Mencuccini: 70 anni, di cui 43 trascorsi in Indonesia, dal 1990 – dopo esserne stato vicario generale – è vescovo della diocesi di Sanggau, una delle quattro istituite nel Borneo occidentale.  

25 parrocchie per oltre 2.300 villaggi  

Nel mondo l’Indonesia è lo stato con il maggior numero di musulmani, ma nella diocesi di padre Mencuccini i cristiani costituiscono la maggioranza: secondo dati recenti, gli abitanti sono complessivamente poco più di 730mila: di questi, 357.056 sono cattolici, 106.500 cristiani di altre confessioni, 180mila musulmani; i rimanenti sono buddisti, induisti e animisti. Nella diocesi sono impegnati sessanta sacerdoti (fra i quali 18 passionisti), 66 religiose e 19 religiosi fratelli appartenenti a diverse congregazioni. Le parrocchie sono 25 al servizio degli abitanti di oltre 2.300 piccoli villaggi sparsi nella foresta.  

 Tutti in moto  

«Mi chiamano il vescovo-motociclista e c’è un motivo: quando giunsi in Indonesia, nel 1974, mi resi conto che l’unico modo per spostarsi velocemente anche con condizioni atmosferiche avverse era ricorrere alla moto: qui le strade, ad eccezione di una asfaltata, sono tutte in terra battuta e quando piove diventano quasi impraticabili», ricorda padre Mencuccini: «Comprai quindi una Yamaha da cross e iniziai a usarla. Negli anni seguenti tutti i miei sacerdoti hanno potuto utilizzarne una: sei ci sono state regalate dalla Yamaha Indonesia, poi è stato il governo provinciale, avendone compreso l’utilità, a fornirne una a ogni sacerdote. Grazie a questo mezzo siamo in grado di raggiungere anche le comunità più lontane da Sanggau. Purtroppo la domenica non riusciamo a celebrare la messa in tutti i villaggi perché il numero di sacerdoti è esiguo e questo è un territorio vasto: così, con una paziente opera di catechesi, abbiamo formato in ogni villaggio un “responsabile della vita cristiana” che ogni domenica dirige la liturgia della Parola senza Eucaristia e segue la comunità affiancato da giovani volontari, molto motivati, che in chiesa, al termine della liturgia della Parola, fanno catechismo ai bambini».  

 Una rete di scuole  

I cattolici sono conosciuti e stimati dalla popolazione musulmana sia per i numerosi pozzi per l’acqua che in passato hanno scavato nei villaggi con una grande trivella, sia e soprattutto per le scuole: la diocesi ne gestisce 68, frequentate da circa 9mila bambini e ragazzi che professano fedi diverse: vi sono 35 nidi, 19 asili, cinque elementari (fino al 1985 erano 42, poi passate in gestione allo Stato), sei medie e tre licei. Data l’estensione del territorio e le difficoltà di spostamento, per consentire agli studenti di seguire in modo proficuo le lezioni sono stati costruiti anche numerosi convitti dove gli alunni possono risiedere stabilmente: attualmente sono quaranta, frequentati da circa 4.500 ragazzi e ragazze. «Ogni anno – racconta padre Mencuccini – organizzo in Italia un moto raduno a scopo benefico, della durata di un giorno, che prevede anche la celebrazione della messa e il pranzo: chiunque può partecipare, con qualsiasi moto. Nell’arco di dieci anni, con le somme raccolte per l’iscrizione, siamo riusciti a costruire sei asili e otto convitti». 

 L’amicizia si costruisce in classe  

I genitori musulmani iscrivono volentieri i figli alle scuole e ai convitti cattolici per la dedizione con cui i docenti seguono gli studenti, per la qualità dell’insegnamento e le attività extracurriculari proposte: dai corsi di calcio e pallavolo a quelli di economia domestica. «I Padri passionisti sono presenti in questo territorio dal 1946», dice padre Mencuccini; «all’epoca non vi erano scuole perciò, sin dal loro insediamento, iniziarono a costruirne: sono persuaso che la cordialità e l’amicizia che oggi legano cristiani e musulmani siano anche frutto della convivenza serena e del rispetto reciproco che i bambini hanno imparato e continuano a imparare in classe, vivendo fianco a fianco. La scuola svolge un ruolo fondamentale per l’edificazione del legame sociale».  

 L’insegnante musulmana  

Negli istituti scolastici della diocesi lavorano anche insegnanti musulmani: fra loro vi è Hilmiah (nel Borneo occidentale molte persone hanno un solo nome), 40 anni, sposata, madre di tre figli, docente di religione islamica in una scuola elementare, che dice: «Sin dalla giovinezza ho vissuto in un ambiente caratterizzato dalla presenza di persone appartenenti ad altre religioni. Nella mia vita ho avuto amici cattolici e ne ho molti anche ora dal momento che i miei colleghi sono in maggioranza cattolici. Nonostante la diversa fede, siamo legati da rapporti molto buoni: mi piace lavorare in questo istituto, le persone sono ben disposte nei miei confronti, sono umili e sempre desiderose di lavorare in team e prestare aiuto.  

Parlando più in generale posso dire che in questa zona del Paese la convivenza tra musulmani e cattolici è serena, ci sosteniamo vicendevolmente in molti modi, specie nei momenti di difficoltà. A Natale noi musulmani facciamo visita alle famiglie cattoliche così come loro fanno visita a noi in occasione della festa dell’Idulfitri. Ci incontriamo per scambiarci auguri sinceri: ciò crea nei nostri cuori un senso di pace e di sicurezza. I cattolici si mostrano persone benevole, che cercano di rispettare e comprendere le persone appartenenti ad altre religioni». 

 L’Open House  

A proposito della convivenza tra cattolici e musulmani, padre Mencuccini racconta: «In questa diocesi vi è un’usanza molto bella denominata “Open House”: in occasione delle principali festività ogni autorità religiosa apre la propria casa per una giornata di convivialità cui invita tutti: a Natale, ad esempio, vengono in visita i pastori protestanti, gli imam musulmani, i bramini induisti e i guru buddisti; pranziamo insieme, chiacchieriamo, ci confrontiamo su alcuni temi che riguardano la vita del nostro popolo. C’è grande rispetto reciproco ed è prassi consolidata quella di aiutarci gli uni gli altri economicamente quando si edificano luoghi di culto. Tutti noi, responsabili delle diverse comunità religiose, facciamo inoltre parte di un Forum, istituito dal governo provinciale, che prevede incontri per esaminare e risolvere varie questioni di interesse comune».  

A testimonianza della buona qualità delle relazioni tra tutti gli abitanti, il Vescovo cita un’altra consuetudine: «Durante le feste cristiane i ragazzi di fede islamica svolgono il servizio di sicurezza, mentre i ragazzi cristiani assicurano questo servizio nel corso delle feste musulmane».  

 Conclude Hilmiah: «Sono convinta che il mondo potrà diventare un luogo più sicuro e pacifico se i cattolici e i musulmani lavoreranno in armonia, fianco a fianco, cercando di rispettarsi reciprocamente con grande onestà».  


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