Vigile attenzione

shoahdi CRISTIANA DOBNER

Le scelte con cui una persona deve confrontarsi nel corso della propria esistenza sono molteplici e di diverso peso, anche se tutte contribuiscono a creare la struttura della vita. Tutti però conosciamo, direttamente, il peso delle rimozioni, del voler vivere come struzzi con il capo sotto la sabbia quando intorno infuria la tempesta. Per molti è stato così, nell’intento di salvare la propria vita, perdendo però quella altrui, durante il fosco periodo nazista. Carlo Maria Martini lo sintetizza in poche frasi. «La Shoah, concepita dai capi della Germania nazista come annientamento sistematico e totale degli ebrei, fu attuata in Europa tra il 1939 e il 1945: questo crimine orrendo fu perpetrato tra le Nazioni che si ritenevano le più civili dell’umanità, per storia, cultura, tradizioni religiose, progresso scientifico. Nonostante i tentativi ricorrenti di deprecabili revisionismi, oggi ci sembra ovvio indicare tra i luoghi del genocidio quello che pare riassumere tutti gli aspetti di male e di negatività: Auschwitz». Si potrebbe obiettare che, per tutti i nati nel periodo successivo alla seconda guerra mondiale, si tratta di una realtà indubbiamente avvenuta ma da relegarsi nel libro di storia o in un qualche museo. Lo struzzo in questo caso sarebbe imbalsamato. La rimozione è sempre implacabile e si palesa con vesti non proprie, tale da rendere impossibile una diagnosi precisa: così avviene con l’antisemitismo, sia esso serpeggiante o dimostrato sfacciatamente. Riconsiderare il secolo buio, oscuro, può essere salutare quando non diventa solo una visita cimiteriale, per quanto pia e concentrata. L’autentica memoria non si nutre di rimembranze o almeno non solo di queste. È una molla che, poggiando sulla realtà storica che sconcerta e offende qualsiasi persona che abbia conservato dignità, sospinge simultaneamente in avanti, sia nel presente, sia nel futuro. La distruzione di ogni sentire che fece posto a un’animalità scatenata, sorretta da un’ideologia perversa, se visitata non produce cambiamento di mentalità, non mette in atto pensieri e azioni diversi. Le macerie restano sempre macerie e per poter costruire o ricostruire bisogna ripulire, cercare materiale nuovo. Allora la memoria non rimane un dato scontato ma una tessera viva e vivente, che sempre più si avvicina alla memoria biblica, allozikkaron della rivelazione dell’Altissimo a Israele e donata a tutti i popoli. I monumenti nella loro staticità fissano nello spazio e nel tempo un evento che non si vuole lasciar cadere nell’oblio ma riportare sempre sotto lo sguardo. Con la loro forza espressiva dovrebbero magnetizzare, costringere a pensare. È fuor di dubbio che Auschwitz è una sorta di monumento, una sorta di museo, nel senso che raccoglie e testimonia l’efferatezza nazista e il dolore patito da Israele e da chi con Israele condivise il destino di non essere nazista o di essersi opposto al regime dominante. Se fosse solo così, sarebbe ancora troppo poco. Le ceneri sarebbero inerti, come quelle di un fuoco spento e inutilizzato. Ceneri morte, inutili. Proprio questo è il lato di una memoria passiva, in sé sterile, puro ricordo di tempi passati. Auschwitz è ben di più, è memoria attiva, z i k k a ro n , fertile, è cenere calda che trasmette vita. Non nel paradosso poetico che da morte dona vita, ma nella concezione biblica che conosce per esperienza che il Creatore vigila come sentinella e non dimentica il suo popolo. La sua è una memoria sempre attuale. L’obiezione che prende forma nell’interrogativo: «Dov’era questo Creatore quando Israele subiva lo sterminio nazista?», nella sua angoscia risulta monca. Perché carente di una seconda parte: «Dov’era la persona singola, l’umanità intera» quando Israele subiva lo sterminio nazista? Espresso ancora più direttamente: Io, dov’ero, quando Israele subiva lo sterminio nazista? Io non c’ero è risposta fasulla, metallo che suona falso. Perché il mio legame con tutta la storia mi interpella e mi pone su di un terreno che richiede risposta. Io, oggi, dove sono? Da che parte sto? Abito Auschwitz e mi proietto sulla storia oppure lo lascio al suo passato e così dono fertilizzante ai pregiudizi che hanno lastricato la strada che conduce ad Auschwitz? Ecco allora la necessità della memoria viva, palpitante. Uno z i k k a ro n che attivi richiami e generi sempre rapporti chiari, liberi, di autentico apprezzamento. Non solo tristezze per sciagure passate che, fortunatamente, non mi toccano. Non solo deprecazioni per le viltà, per gli abomini. Tutti questi moti dell’animo rimandano ancora solo al passato, senza cucire e intessere nel presente. Israele, e tutta la sua tradizione, non può essere considerato una commemorazione ma una promessa di redenzione e, come tale Israele non solo è stato vivo ma è vivente, perciò si deve rimanere in ascolto di Israele: ‘am Israel haj, il popolo di Israele è vivo. Solo allora Auschwitz, come simbolo di un’immane sofferenza che trapassa gli anni e gli animi, non è relegato alla stregua di un’antica battaglia o al prodotto di uno dei tanti regimi infestanti la nostra civiltà. Non si smetterà mai di far conoscere, di far percepire l’abisso di nefandezza che può produrre una nazione dominata da un’ideologia e le cicatrici che, una volta inferte, difficilmente sono guaribili, se non subentra una positività, uno sguardo nuovo. Da Auschwitz, sul filo di una memoria nutrita diz i k k a ro n , è possibile raccogliere l’invito di Carlo Maria Martini: «Bisogna amare la cultura ebraica di oggi, la loro musica, la loro letteratura, la loro storia, il loro modo di pregare, il loro modo di fare festa. Solo un amore così permette il superamento dei timori e delle difficoltà e dà al dialogo quella gioia e quella umanità che si addice all’incontro tra amici». L’unico modo per non consegnare Auschwitz alla voluta dimenticanza ma per renderlo tensione di autentica memoria, viene sottolineato da Papa Francesco: «Mantenere sempre vigile la nostra attenzione affinché non riprendano vita, sotto nessun pretesto, forme di intolleranza e di antisemitismo».

© Osservatore Romano - 26 gennaio 2014