In un libro di Simone Caleffi i rapporti fra Roma e Costantinopoli visti da «La Civiltà Cattolica»- Bere nello stesso calice

paolo VI e atenagora foto«Bere nello stesso calice, cioè poter celebrare insieme il sacrificio eucaristico, sintesi e corona della comune identificazione ecclesiale con Cristo. Noi pure lo abbiamo tanto desiderato! Ora questo incompiuto desiderio deve rimanere la sua eredità e il nostro impegno»: questo il desiderio accorato, ancorché lungi dall’essere tutt’oggi realizzato, che san Paolo vi ebbe a esprimere in morte del patriarca Atenagora. I due protagonisti di una stagione di rivivificazione ecumenica che è ormai entrata nella storia, per via della reciproca rimozione delle millenarie scomuniche.

Una stagione che viene ripercorsa nell’arco dei trent’anni che vanno dal 1964 al 1995, attraverso la finestra testimoniale della rivista «La Civiltà Cattolica», nell’eccellente ricostruzione storica di Simone Caleffi, da poco uscita dalle stampe: I rapporti tra il Papa e il Patriarca di Costantinopoli visti dalla “Civiltà Cattolica”. L’ecumenismo come risposta alla scristianizzazione (Todi, Tau Editrice, 2020, pagine 264, euro 15).

Come spesso accade nei grandi incontri della storia, l’avvio di questa stagione — rileva Caleffi — fu decisamente sospinto dal rapporto personale di grande stima e simpatia reciproca che si stabilì tra i due protagonisti e che si estese a ulteriori attori, come ben attesta il famoso umile gesto del bacio ai piedi del metropolita Melitone da parte del santo Pontefice, al termine della celebrazione eucaristica presieduta da Paolo vi nella Cappella Sistina il 14 dicembre 1974. L’esito di questo dialogo nella carità così avviato si ebbe l’anno successivo quando le diverse Chiese ortodosse diedero il loro assenso alla proposta del Patriarcato ecumenico di instaurare con la Chiesa cattolica un formale dialogo teologico e di istituire all’uopo delle commissioni preparatorie e un programma di confronto. Un dialogo che continuerà — ma a detta dell’autore con uno stile ormai stabilizzato — con i successivi due interlocutori: san Giovanni Paolo ii e Demetrio i . Rilevante in tal senso fu il viaggio in Turchia che Papa Wojtyła compì nel novembre 1979 durante il quale, come riportato da «La Civiltà Cattolica», il Papa ebbe a esprimersi con una frase che tutt’oggi è considerata la vera chiave e il punto di svolta di tutto il discorso sull’ecumenismo: «La domanda che dobbiamo porci non è tanto se possiamo ristabilire la piena comunione, ma ancor più se abbiamo il diritto di restare separati». Perché in effetti rimanere separati significa disperdere valore e utilità, cioè far perdere sapore a chi pure è incaricato a essere sale della terra e rischia di essere gettato via e calpestato (Matteo, 5, 13). E così rilevante pure fu il ricambio della visita che, otto anni più tardi, nel 1987, il patriarca Demetrio rese a Giovanni Paolo ii a Roma.

Queste visite e occasioni di dialogo col patriarca di Costantinopoli (il primo fra i patriarchi ortodossi) diverranno in qualche modo una tradizione quando anche Papa Benedetto xvi incontrerà il patriarca Bartolomeo i durante il suo viaggio in Turchia in occasione della festa di sant’Andrea del 2006. Nel corso di questo incontro i due leader spirituali firmarono una solenne dichiarazione comune sull’incompatibilità assoluta di una qualsivoglia professione religiosa e la pratica della violenza. In questa stessa dichiarazione, trattando poi il tema dell’evoluzione delle relazioni tra le rispettive confessioni cristiane verrà detto e sottoscritto con umile senso autocritico: «[...] Non abbiamo ancora tratto da questo atto (la reciproca rimozione delle antiche scomuniche stabilita da Atenagora e Paolo vi , ndr) tutte le conseguenze positive che ne possono derivare per il nostro cammino verso la piena unità».

L’ultima parte del libro di don Simone Caleffi è dedicato all’osservatorio privilegiato di tutte queste vicende di confronto ecumenico che ha rappresentato nei trent’anni osservati «La Civiltà Cattolica», a partire dal punto di svolta (nel senso di una maggiore apertura e sintonia con l’ormai imminente stagione conciliare) che rappresentò, nel 1959, la nuova direzione della rivista del padre Roberto Tucci. Negli anni Sessanta, con gli articoli del futuro cardinale Bea e i resoconti del concilio e dei suoi documenti — in primis Unitatis redintegratio — la rivista dei gesuiti assumerà un ruolo decisamente più favorevole al dialogo ecumenico. E la gran parte delle fonti da cui Caleffi attinge per la sua ricostruzione dello sviluppo delle relazioni con i fratelli separati d’Oriente proviene appunto dagli archivi di Villa Malta, sede de «La Civiltà Cattolica».

Lo studio di Caleffi (impreziosito da una ricca bibliografia, una prefazione del cardinale vicario Angelo De Donatis e una postfazione del vicedirettore de «La Civiltà Cattolica» padre Giancarlo Pani) rileva nelle conclusioni come le maggiori difficoltà di dialogo occupino più l’aspetto di una cultura e mentalità ancora distanti, piuttosto che dei distinguo teologici. Paradossalmente il confronto coi cristiani di orientamento protestante, pur essendo teologicamente più complesso, risulta alla fine agevolato dalla comune appartenenza alla cornice culturale occidentale. Così come, fin dall’inizio dello scisma, la sostanza del confronto ecumenico sia stata inquinata dai diversi contesti politici entro cui si è storicamente realizzata. Una ricerca, in conclusione, quella di Caleffi, da suggerire — per la sua ampiezza, documentazione e linearità di esposizione — a chi voglia comprendere i termini reali del confronto ecumenico tra latini e ortodossi nella storia e nell’oggi, sempre nella viva tensione della ricerca di una definitiva unità.

di Roberto Cetera
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