Una distanza da colmare

ecumene-2di GIOVANNI  ZAVATTA

È cosa nota che i rapporti fra la Chiesa ortodossa russa e la Comu-nione anglicana non siano, in que-sto momento storico, dei migliori. Più volte il metropolita di Voloko-lamsk, Hilarion, presidente del Di-partimento per le relazioni esterne del Patriarcato di Mosca, in occasio-ne di discorsi e incontri ha fatto no-tare la vicinanza con i cattolici sulle grandi questioni della morale cri-stiana e dell’organizzazione ecclesia-le tradizionale, mettendola a con-fronto con la distanza, sui medesimi temi, con il mondo protestante. Secondo gli ortodossi, alcuni comuni valori sarebbero messi in pericolo da certi orientamenti presenti all’in-terno della Comunione anglicana, favorevoli all’introduzione dell’epi-scopato femminile, all’o rd i n a z i o n e degli omosessuali come pastori e ve-scovi, alla benedizione dei matrimo-ni fra persone dello stesso sesso.

«Tutte queste innovazioni — scriveva Hilarion nel messaggio con il quale a novembre si congratulava con Ju-stin Welby appena nominato arcive-scovo di Canterbury — sono consi-derate dagli ortodossi come delle deviazioni dalla tradizione della Chiesa primitiva, che allontanano sempre di più l’anglicanesimo dalla Chiesa ortodossa e contribuiscono a una ulteriore divisione della cristia-nità nel suo complesso. Ci auguria-mo che la voce della Chiesa orto-dossa sia ascoltata dalla Chiesa d’Inghilterra e dalle chiese della Co-munione anglicana, e che si possa rinvigorire le buone relazioni frater-ne tra di noi». Non è stato sempre così. Orto-dossi e anglicani sono legati da anti-che relazioni di amicizia risalenti al 1400: «Per secoli le nostre Chiese hanno preservato rapporti veri e fra-terni incoraggiati sia da frequenti vi-site reciproche sia da un avviato dialogo teologico e da uno spirito di rispetto e di amore». Invece, a partire in pratica dall’intro duzione del sacerdozio femminile (nel 1992), la fine del ventesimo secolo e l’ini-zio del terzo millennio «hanno por-tato — osservava il metropolita — difficoltà tangibili nelle relazioni tra la Chiesa ortodossa russa e le chiese della Comunione anglicana». Questi concetti sono stati ribaditi il 22 marzo a Londra, quando, all’indomani dell’intronizzazione a primate della Comunione anglicana, Welby ha ricevuto Hilarion assieme alle delegazioni delle Chiese orto-dosse presenti alla cerimonia (per la prima volta guidata da un reveren-do donna). Hilarion, ricordando all’arcivescovo di Canterbury l’im-portanza del dialogo teologico per il miglioramento della comprensione reciproca — pensiero espresso anche dal metropolita di Pergamo (Patriar-cato di Costantinopoli) Giovanni —, ha detto che la Church of England «attraversa oggi un periodo difficile, con differenti opinioni e posizioni, dove coesistono partiti diversi». La speranza è che «il concetto tradizio-nale prevalga nelle questioni di mo-rale cristiana e di organizzazione ec-clesiale». Partecipando come osser-vatore all’ultima conferenza di Lam-beth, nel 2008, il metropolita orto-dosso parlò di questi temi con alcu-ni vescovi i quali non gli nascosero la loro inquietudine di fronte, so-prattutto, alla possibilità di intro-durre l’episcopato femminile. Al ri-guardo, giovedì scorso Hilarion è stato chiaro con Welby: «Se viene introdotto l’episcopato femminile, anche la possibilità teorica di un ri-conoscimento della gerarchia eccle-siastica della Chiesa anglicana da parte della nostra Chiesa verrà defi-nitivamente esclusa. Voglio che lo sappiate e che teniate conto della nostra opinione quando tale que-stione verrà nuovamente sollevata». Hilarion ha inoltre chiesto a Wel-by di difendere con fermezza il con-cetto biblico tradizionale di matri-monio come unione di un uomo e una donna, in modo che la Church of England «non riconosca certe forme di coabitazione che le Chiese cristiane non hanno mai considerato come vita coniugale». Nella sua risposta, il primate del-la Comunione anglicana ha sottoli-neato il problema del secolarismo, con il quale si devono confrontare ormai tutti i Paesi europei: in alcuni di essi — ha affermato — è prevalsa la filosofia che «la religione è affare personale di ciascuno e che le rela-zioni fra le persone devono essere regolate solo dallo Stato». Ma in materia di matrimonio, la posizione della Church of England, e dello stesso Justin Welby, è «perfettamen-te chiara»: esso è l’unione a vita di un uomo e di una donna. Al riguar-do, la legislazione britannica verrà presto modificata: «Cerchiamo di resistere ma è impossibile, come è impossibile trattenere il mare. La Chiesa si erge contro le devianze che umiliano la dignità della perso-na umana. Ho piena coscienza che esse sono pericolose e ritengo che la discussione debba proseguire». Al-tro problema attuale è la povertà: il pensiero di Welby è andato «ai no-stri cari fratelli ortodossi che soffro-no oggi le conseguenze della crisi economica a Cipro, in Grecia e in Serbia»; in questo campo la parola d’ordine, fra le due comunità, deve essere «collaborazione». Nessun ac-cenno esplicito, invece, al nodo dell’episcopato femminile. Il 20 no-vembre 2012 la Church of England ha votato contro la nomina di don-ne vescovo, rinviando la questione al prossimo sinodo generale, ma, nella sua riflessione, Justin Welby, sulla linea del suo predecessore Ro-wan Williams, si è mostrato chiara-mente a favore del cambiamento.