Strade che convergono

pietro-e-paoloIl patriarca di Costantinopoli ricorda l’incontro fra Paolo VIe Atenagora

Chi avrebbe potuto immaginare che la breve visita di Papa Paolo VI a Gerusalemme nel gennaio 1964 sarebbe diventata una pietra miliare tanto importante nella storia delle relazioni tra Oriente e Occidente e nella promozione della riconciliazione tra la Chiesa cattolica romana e quella ortodossa. Più che un semplice viaggio in Terra Santa, l’evento fu un autentico pellegrinaggio di unità, includendo un’occasione senza precedenti per l’incontro unico con il nostro venerabile e lungimirante predecessore, il defunto Patriarca ecumenico Atenagora. Così, il 5 e 6 gennaio 1964, Papa Paolo VIs’incontrò con il Patriarca ecumenico Atenagora sul Monte degli Ulivi.
Per la prima volta dopo il grande scisma della metà dell’undicesimo secolo un Papa e un Patriarca si sarebbero incontrati faccia a faccia. Si sarebbero incontrati sullo stesso suolo sul quale nostro Signore Gesù Cristo, la notte in cui fu tradito e arrestato, aveva pregato perché i suoi discepoli fossero «una sola cosa», ut unum sint(Giovanni, 17, 21). Il primo contatto fu presso la Delegazione apostolica sul magnifico Monte degli Ulivi, dove il Patriarca Atenagora rivolse un discorso al Papa; il secondo avvenne lo stesso giorno nella residenza del Patriarca di Gerusalemme, sul Monte degli Ulivi, ricco di significati, dove Papa PaoloVIrivolse un discorso al Patriarca. Nel suo discorso al Papa, il Patriarca Atenagora disse: «Possa questo nostro incontro essere l’alba del luminoso e sacro giorno in cui le future generazioni cristiane condivideranno lo stesso Calice (…). Ecco, abbracciandoci l’un l’a l t ro , insieme incontriamo il Signore. Pertanto proseguiamo il sacro cammino che si apre dinanzi a noi. Allora Egli si avvicinerà a noi e camminerà con noi, come fece un tempo con i due discepoli sulla strada di Emmaus» (5 gennaio 1964). In risposta Papa Paolo VIsottolineò l’importanza del fatto che «dopo secoli di silenzio e di attesa, la Chiesa cattolica e l’O rtodossia nuovamente si rendono presenti nella persona dei loro rappresentanti più alti». Aggiunse anche: «Le vie che conducono all’unità possono essere lunghe e piene di difficoltà. Ma le due strade convergono l’una verso l’altra e giungono alle sorgenti del Vangelo». Nel loro comunicato congiunto, le due guide ecclesiastiche dichiararono: «Come due pellegrini-prelati con gli occhi fissi su Gesù Cristo, fonte di unità e pace, preghiamo affinché questo incontro sia segno e preludio di molte occasioni simili in futuro, per la gloria di Dio e l’illuminazione dell’intera umanità» (6 gennaio 1964). Così, lo storico “dialogo d’amore ” tra il Patriarca Atenagora e Papa PaoloVIcreò le basi per abbattere in modo graduale e sincero le barriere secolari. A esso seguì, poco meno di due anni dopo, la “levata reciproca degli anatemi”, il 7 dicembre 1965, quando gli stessi due prelati tolsero «dalla memoria e dal mezzo della Chiesa le sentenze di scomunica» dell’anno 1054. Inoltre, quindici anni dopo, ci fu l’istituzione del “dialogo di verità” teologico ufficiale, il 29 maggio 1980, sotto la guida del nostro predecessore di venerata memoria, il Patriarca ecumenico Demetrio, e il successore di Papa Paolo VI, il compianto Giovanni Paolo II. Ebbe così inizio il fondamentale processo per analizzare, insieme e apertamente, le differenze dottrinali tra le nostre due Chiese sorelle. Per concludere, è opportuno ricordare le parole di Papa Paolo VI e del Patriarca ecumenico Atenagora al ritorno nelle loro rispettive sedi. In un telegramma inviato al Papa, il Patriarca rivolse «un saluto fraterno nel vincolo dell’a m o re , esprimendo di tutto cuore l’auspicio che la voce sacra che dal Santissimo Sepolcro ha detto tante cose buone ai nostri cuori possa guidare e rafforzare tutto il mondo cristiano nel compiere la santa volontà di Dio» (10 gennaio 1964). In piazza San Pietro, il 6 gennaio 1964, Papa PaoloVI disse ai fedeli accorsi per salutarlo al suo rientro a Roma: «Voi avete compreso che il mio viaggio non è stato soltanto un fatto singolare e spirituale: è diventato un avvenimento, che può avere una grande importanza storica. È un anello che si collega ad una tradizione secolare; è forse un inizio di nuovi eventi che possono essere grandi e benefici per la Chiesa e per l’umanità». Nel nostro discorso a Papa Francesco in occasione della visita ufficiale della delegazione patriarcale in Vaticano per la festa patronale dei santi Pietro e Paolo (29 giugno 2013) abbiamo sottolineato il nostro impegno a favore degli sforzi volti all’unità: «Ecco che con fiduciosa attesa ora contempliamo il nostro reciproco viaggio verso il calice comune. Non ignoriamo gli ostacoli che esistono all’auspicabile unità di tutti i cristiani. Nondimeno, non cesseremo di lavorare con tutte le nostre forze e di aspirare al Santissimo Spirito. Secondo Gregorio il Teologo, arcivescovo di Costantinopoli, “questo Spirito è molto prudente ed estremamente amorevole; se scopre dei pescatori, può attirare a Cristo il mondo intero, catturandolo con la rete della p a ro l a ” proprio come fece Pietro. Di fatto, “può trasformare la passione di fanatici persecutori e creare un Paolo al posto di Saulo, catturandoli con la stessa intensità di pietà con cui erano stati catturati dal male. È questo lo Spirito di do cilità”. Oggi lo stesso Spirito ci rende anche “audaci messaggeri” dell’unità dei cristiani, per la quale incessantemente “ci inginocchiamo dinanzi al Padre di nostro Signore Gesù Cristo. Di fatto, questo Spirito è stato, è e sarà sempre; è senza inizio e senza fine”. Così ispirerà sempre in noi il desiderio di unità nella semplicità e di salvezza per tutti». Che possiamo continuare a costruire sulle fondamenta gettate da quelle due guide lungimiranti che erano Papa Paolo VIe il Patriarca ecumenico Atenagora, i quali hanno saputo discernere la volontà e il comandamento del fondatore della nostra fede, nostro Signore Gesù Cristo. Amen.