I cristiani in Europa e il relativismo

europaMOSCA, 15. La risposta cristiana alla sfida lanciata dal «relativismo totalitario » dipenderà dagli sforzi di consolidamento che le Chiese intraprenderanno «per difendere il loro diritto a restare cristiane in tutti gli ambiti della vita sociale, a distinguere il bene e il male, la virtù e il vizio, come afferma la Sacra scrittura, così come a educare i loro figli seguendo la fede e la tradizione cristiana ». L’Europa che rifiuta Cristo «non ha futuro», poiché qualsiasi civiltà priva di una base morale sicura «va incontro alla sua rovina». Si conclude così il discorso pronunciato nei giorni scorsi dal metropolita di Volokolamsk, Hilarion (Alfeyev), presidente del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne del Patriarcato di Mosca, intervenuto all’Università di Prešov, in Slovacchia, dove gli è stata conferita la laurea honoris causa in teologia. È dunque il relativismo contemporaneo il «nemico» da combattere, la cui dimensione totalitaria — spiega il responsabile ortodosso — «si esprime nella mancanza totale di alternativa di cui esso gode oggi in Europa, dove può poggiare su un adeguato arsenale giuridico». Ciò sta creando una situazione paradossale: «I cristiani, gruppo religioso maggioritario, sono sempre più spesso vittime di intolleranza e di discriminazione in Europa. Questo fenomeno — ha sottolineato Hilarion — è il risultato dell’opp osizione ai principi spirituali e morali tradizionali del cristianesimo da parte dei sostenitori dell’ideologia secolarista ». Il metropolita ricorda che sette anni fa, in un suo discorso, aveva affermato che «lo spettro del laicismo militante minacciava l’Europa ». Oggi «si può constatare che questo spettro si è perfettamente incarnato nel relativismo totalitario e suscita manifestazioni di cristianofobia » in molti Paesi. Non si tratta solo di iniziative prese da personalità o da associazioni mosse da intolleranza verso i cristiani, ma «dell’adozione di progetti legislativi che limitano la missione delle Chiese nella società», anche se «gli apologeti del modello socio-statale secolare negano sovente questo problema». I rappresentanti delle Chiese e delle istituzioni politiche nazionali ed europee denunciano da tempo il problema della cristianofobia. Hilarion, nella sua allocuzione, cita, primo fra tutti, Benedetto XVI e «la sua inquietudine davanti alla crescente marginalizzazione della religione, in particolare del cristianesimo, in Europa». Una preoccupazione che il Papa manifestò — ricorda il responsabile del Patriarcato di Mosca — il 17 settembre 2010 nel discorso pronunciato alla Westminster Hall, durante il suo viaggio apostolico nel Regno Unito. La volontà dei teorici e dei praticanti del «relativismo totalitario» europeo di porre la religione fuori dalla scena pubblica e di limitarla strettamente alla sfera privata — afferma il metropolita di Volokolamsk — è un atto di discriminazione verso i credenti esclusi dai processi politici e sociali, privati del diritto a esprimersi sui temi di attualità seguendo le proprie convinzioni spirituali e morali. E Hilarion cita ancora Benedetto XVI che nella sua enciclica Caritas in veritate esprime la necessità di uno «statuto di cittadinanza» per la religione cristiana, la quale, assieme alle altre religioni, può dare il suo apporto «allo sviluppo solo se Dio trova un posto anche nella sfera pubblica, con specifico riferimento alle dimensioni culturale, sociale, economica e, in particolare, politica» (56). Il presidente del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne del Patriarcato di Mosca spiega che l’origine del relativismo totalitario può essere individuata nella filosofia dell’età moderna, la quale, «brandendo il vessillo della fede nella ragione e del rifiuto della religione, ha posto le basi di un nuovo concetto di libertà umana». Considerata, quest’ultima, «unicamente nella sua dimensione profana, interamente slegata dalla responsabilità morale dell’individuo nella realizzazione della propria libertà». Ciò ha portato alla situazione attuale, dove «lo scetticismo, il nichilismo, la depressione intellettuale e materiale sono ormai gli attributi d’obbligo degli intellettuali occidentali della nostra epoca». Il relativismo etico — conclude Hilarion — è parte integrante dello spazio ideologico postmodernista. Esso afferma la relatività dei valori morali, la variabilità delle norme di condotta, la loro stretta dipendenza con le fluttuazioni di un mondo in movimento e delle circostanze della vita. Ecco perché oggi «Dio è lungi dall’occupare un posto centrale nella vita dell’e u ro - peo medio, seguace della filosofia del consumo».

© Osservatore Romano - 16 dicembre 2011