Assurdità dell’antigiudaismo

papa-benedetto-alla-sinagogaCRISTIANA DOBNER
L’apertura di una nuova collana suscita sempre aspettative e genera interrogativi, tanto più quando annuncia una tematica, vasta e importante quale «Cristiani ed ebrei». Le Edizioni Dehoniane Bologna (Edb) hanno accolto un progetto che germina all’interno del gruppo interconfessionale Teshuvà operante e ben vivo nel tessuto della diocesi di Milano da ormai quasi vent’anni. L’intento è specifico e delineato chiaramente dai curatori, Claudia Milani e Luigi Nason: «Promuovere la conoscenza dell’ebraismo vivente e rendere possibile un processo di riconciliazione delle Chiese nei confronti dell’ebraismo, alla luce delle indicazioni fornite dal concilio Vaticano II e dai documenti successivi, sia nell’ambito della Chiesa cattolica che delle altre Chiese cristiane». Il cardinale Carlo Maria Martini, noto promotore e testimone di quello che sosteneva essere un imperativo per il cristiano, «amare Israele», con l’a u t o re - volezza dei suoi studi biblici e del suo soggiorno quinquennale a Gerusalemme, lieto di poter prefare il volumetto, sottolinea come, fino a pochi anni fa, non esistessero molti strumenti di mutua conoscenza. La coscienza del patrimonio religioso comune alla comunità ebraica e a quella cristiana e quindi il rapporto con le proprie radici per i cristiani, non era chiaro. Ad Alberto Mello, monaco di Bose, da vent’anni a Gerusalemme ed esperto studioso e ricercatore, è stato affidato il compito di varare l’iniziativa. Ne è sorto un volumetto agile e snello nella scrittura e in tutta la ripartizione dei capitoli che si leggono con una fluidità che maschera e addolcisce per chi è poco esperto dell’autore, un rigore di ricerca e di informazione che lascia stupefatti. I parametri scientifici, rispettati e accuratamente calibrati, sono porti con naturalezza e acume interpretativo tali da aprire dimensioni nuove alla conoscenza dell’ebraicità del Signore Gesù. È un arco ideale gettato a partire dalle origini familiari, che si prolunga nel deserto, attraversa il ministero in Galilea e si compie in Gerusalemme. Le annotazioni sono sempre illuminanti e poggiano su tutta la ricchezza della tradizione rabbinica, Mello esamina l’amore di Dio e la parabola detta del seminatore «una metafora che adombra lo stesso Gesù», fondandosi sulle radici ebraiche e rabbiniche; e afferma trattarsi di un’esegesi dello Shema’ I s ra e l ; in particolare delle tre facoltà con cui ci è chiesto di amare Dio. Il nesso con il midrash sulla preghiera quindi è lampante: le tre richieste dello Shema’, « a m a re Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta la forza», dimostrano come Gesù sia «perfettamente in accordo con l’ebraismo del suo tempo», con la più antica professione di fede ebraica, un elemento già costitutivo della liturgia del secondo Tempio. La ricchezza che emana da queste paginette confluisce nell’ultimo capitolo dedicato all’ebraicità dei Vangeli, ai rapporti dei diversi vangeli fra di loro, puntualizzando la teologia sostitutiva e ponendo il grave interrogativo dell’antigiudaismo cristiano: «Se è vero che il giudeo-cristianesimo delle origini è un dato storicamente non più recuperabile, oggi, però, assistiamo a qualcosa che ci fa sperare di poter almeno lasciarci alle spalle l’antigiudaismo, e questo è la nascita di una nuova amicizia tra ebrei e cristiani».

© Osservatore Romano - 2 giugno 2012