Dialoghi con Atenagora

Icon largeEsce in questi giorni, a cura di Andrea Riccardi, Umanesimo spirituale. Dialoghi tra Oriente e Occidente (Cinisello Balsamo, Edizioni San Paolo, 2013, pagine 666, euro 35). Nel volume — traduzione di D ialo-gues avec le Patriarche Athénagoras, pubblicato da Fayard in Francia nel 1969 — viene riproposta la figura del Patriarca ortodosso, appassionato pro-tagonista dell’ecumenismo, scomparso nel 1972, attraverso la descrizione che ne fece uno dei più eminenti studiosi contemporanei dell’ortodossia, morto nel 2009. Pubblichiamo, a firma di quest’ultimo, la presentazione all’edizio-ne francese.

di OLIVIER CLÉMENT

Questo libro è il racconto di un incontro. Con un uomo e con una spiritualità — il termine è impegnati-vo, ma è l’unico adatto. Da quando la figura imponente di Atenagora è apparsa sui nostri schermi televisivi e sulle pagine delle riviste, i cristiani d’Occidente e le masse hanno senti-to, al di là delle rotture e delle scle-rosi della storia, di conservare vinco-li profondi di unità con l’O riente ortodosso, vincoli che il Patriarca ha tradotto in gesti e simboli di pacifi-cazione. In una civiltà che corre all’indietro verso la morte, inseguen-do l’eterna giovinezza, il volto-icona di Atenagora testimonia di una vec-chiaia intrisa di saggezza, in grado di svelare la parola d’ordine capace di fare della morte una metamorfosi. Egli è archetipo del “vecchio sag-gio” — avrebbe detto Jung — che mostra come il compimento dell’esi-stenza si realizzi nel suo superamen-to, e che in fondo a tutto non vi è il nulla ma l’a m o re . Quanto a me, sono qualcuno che, dopo essere cresciuto in un contesto di ateismo, ormai da diversi anni ha intrapreso il pellegrinaggio verso l’Oriente interiore, e ricevuto consa-pevolmente il battesimo nella Chie-sa ortodossa, che costituisce un’ini-ziazione decisiva. Da allora ho se-guito i passi del Patriarca, notando-ne la fecondità. Nella notte dell’ani-ma che caratterizza l’Occidente di oggi e che è forse, per citare san Giovanni della Croce, una notte mi-stica, ho visto poi una parte del cri-stianesimo occidentale — quella me-no bruciante di contestazione, ma la più orante — ritrovare le sue “radici orientali”. Come è accaduto pure ad alcuni rivoluzionari, resisi conto che la sola vera alienazione è quella che priva l’uomo dell’infinito. Per que-sto, quando mi è stato proposto di scrivere questo libro, ho accettato volentieri, al servizio dell’unità. Nell’estate del 1968 ho trascorso lunghe settimane a fianco del Pa-triarca, prima a Istanbul, quindi nel-le isole dei Principi, nella facoltà di teologia di Halki, dove egli si è re-cato per un periodo di riposo. All’inizio Atenagora temeva di tro-vare in me uno di quegli intellettua-li che seppelliscono la concretezza della vita sotto il sapere libresco (e alcuni così facendo sono giunti a seppellire Dio stesso) o uno di quei teologi che egli non ama, perché fanno del Vivente un concetto e un’arma di polemica. Allora ho ta-ciuto, ho atteso, mi sono addentrato in quei ritmi fatti di silenzio, di ri-spetto, di apertura, tanto importanti in Oriente. E l’incontro si è realiz-zato. Il Patriarca ha compreso come fossi più attento all’uomo che al personaggio e al ruolo che talvolta deve necessariamente giocare; ha av-vertito il mio amore per il suo po-polo, e il mio amore per Bisanzio. Si è così creata una convergenza an-cora più profonda: entrambi, attra-verso cammini diversi, siamo giunti a scorgere, al di là dei limiti delle Chiese, alla luce del Vangelo, un nuovo volto dello Sconosciuto, del Vivente, volto che traspare da una storia divenuta planetaria, da un co-smo smisuratamente esteso. Atena-gora, che ama giocare con le parole, mi ha detto un giorno che io sono un teologo... clemente, e che la cle-menza costituisce, d’altronde, uno dei più bei nomi di Dio. Quel gior-no, egli mi ha adottato. «Qui lei è un monaco, e mi deve obbedienza», mi disse. E io obbedendo ho ritro-vato un padre. Quando egli lo desi-derava, mi sedevo accanto a lui co-me un discepolo ai piedi del pro-prio maestro. «Così è l’anziano che si confessa al giovane», mi ha detto un giorno. Questi dialoghi non sono imma-ginari. Certo, non si tratta di inter-viste, giacché non mi sarei mai per-messo di prendere appunti mentre il Patriarca parlava. Ma il cuore ha buona memoria. Nel redigere tutto ciò che in questo libro appare pro-priamente sotto forma di dialogo, ho proceduto come gli storici dell’antichità, che partivano dallo spirito, dalle intenzioni profonde, per ricomporre il loro discorso. Ho avvicinato e coordinato i propositi, talvolta utilizzando messaggi recenti del Patriarca che mi hanno permes-so di sviluppare le sue allocuzioni. Ma ho inteso anche rendere il vol-teggiare del pensiero e della parola. Il mio modo di procedere non è sta-to quello del fotografo ma quello del pittore, che vuol far indovinare, nei tratti e nelle espressioni di un volto, il segreto di tutta un’esisten-za. La sola cosa che mi ha forse di-sturbato mentre scrivevo, era la stes-sa forma dialogica. La parola, nella quale si esprime il meglio dell’O cci-dente, implica l’uguaglianza dei partner. L’Oriente, pur continuando a praticare una calorosa semplicità nei rapporti umani alla quale non siamo più abituati, ha conservato il senso del rispetto. Per ben ascoltare un uomo che è al tempo stesso un grande anziano, un patriarca, un te-stimone di saggezza, le dimensioni del rispetto si impongono, in senso verticale più che orizzontale. Ho ascoltato ben più di quanto non ab-bia parlato. Ho domandato più di quanto non abbia affermato. Vorrei che nella mia partecipazione ai dia-loghi si cogliesse il desiderio di fare eco alle parole del Patriarca, talvolta in maniera esplicita, altre volte ri-manendo in silenzio. Per rendere intellegibili l’uomo e le sue parole è stato necessario col-locarli nel giusto universo spirituale. Del resto, il ruolo di traduttore mi è familiare, non con riguardo alle lin-gue ma allo spirito. È così che que-sto libro si è articolato. Vi si trovano anzitutto, dopo una breve presenta-zione della Chiesa ortodossa — p re -sentazione continuamente ripresa e sviluppata in altri capitoli — le gran-di tappe di una vita. Ad Halki, una sera, in giardino, ho sentito il Pa-triarca parlare con sua sorella della loro infanzia. Il che mi ha portato a rievocare molti episodi della sua storia. Storia con radici profonde nella terra: Paesi e vicende che l’O c-cidente conosce poco e male e che sono divenuti lo sfondo del dipinto. Che talvolta è in stile impressionista e altre volte più ricco di particolari, come era uso presso i “primitivi”. Poi vengono i dialoghi veri e pro-pri. Si coglierà in essi — spero — fi-no a che punto lo Spirito che fa la Tradizione vivente della Chiesa pos-sa divenire juvenescens, “ringiovanen-te”, come scriveva nel II secolo un orientale, discepolo di san Giovanni e primo vescovo di Lione. Una ter-za parte analizza l’opera del Patriar-ca per il rinnovamento dei rapporti ecumenici, fino ad allora limitati al dialogo tra cattolici e protestanti. Un’ultima parte riguarda il suo la-voro per unire le Chiese ortodosse, in vista di una nuova coscienza dell’ortodossia posta al servizio dell’unità cristiana. Questo libro è un’espressione di gratitudine. Verso il Patriarca Atenagora, che mi ha aiutato, per riprendere un concetto a lui caro, a disarmarmi, a spogliar-mi delle contrapposizioni e delle paure segrete, e che mi ha mostrato nella storia dei nostri tempi i per-corsi di una creazione profetica in atto. Verso la Chiesa ortodossa, mia patria spirituale, chiamata a diventa-re oggi, al di là dei suoi limiti stori-ci, l’umile testimone della Chiesa in-divisa: luogo in cui il mistero e la li-bertà non sono in opposizione ma si rispondono. Verso coloro che hanno pensato a me per questo li-bro e per questo servizio: monsi-gnor Meletios, rappresentante del Patriarcato ecumenico in Europa oc-cidentale e metropolita delle Gallie, e Charles Orengo e Jean Chevalier delle edizioni Fayard. Infine, verso Bisanzio, questa Bisanzio che oggi non è altro che luce, e di cui il Pa-triarca Atenagora I è forse, per la condivisione e l’unità, l’ultima incar-nazione.

© Osservatore Romano - 11-12 febbraio 2013