Ecumenismo. Il card. Koch: "Compiere passi sulla questione del Primato"
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- Creato: 27 Febbraio 2014
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“Spianare la strada verso il futuro” nel cammino di riconciliazione tra la Chiesa d’Occidente e la Chiesa d’Oriente significa “compiere ulteriori passi comuni nella questione cruciale del Primato del vescovo di Roma”. Così il cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, ieri pomeriggio a Castel Gandolfo intervenendo al Convegno dei vescovi amici del Movimento dei Focolari con una relazione dal titolo “Sinodalità e Primato alla luce degli stimoli forniti da Papa Francesco”. Secondo il cardinale - riferisce l'agenzia Sir - la questione non è arrivare “ad un compromesso intorno al minimo comune denominatore.
Piuttosto si vogliono far interloquire i punti di forza di entrambe le Chiese, confidando nel fatto che esse siano disposte ad imparare l’una dall’altra e dando prova del principio fondamentale del dialogo ecumenico che consiste nel mutuo scambio di doni. In questo senso, entrambe le parti nel dialogo ecumenico devono fare passi l’una verso l’altra”. Da un lato la Chiesa cattolica “dovrà ammettere che non ha ancora sviluppato nella sua vita e nelle sue strutture quel livello di sinodalità che sarebbe teologicamente possibile e necessario”. Dall’altro “le Chiese ortodosse possono imparare che un Primato anche al livello universale della Chiesa non è soltanto possibile e teologicamente legittimo ma è necessario, e che le stesse tensioni all’interno dell’ortodossia suggeriscono che occorre riflettere su un ministero dell’unità a livello universale”. “La riuscita di una sintesi credibile tra Primato e sinodalità - ha proseguito il cardinale - dipenderà soprattutto da quanto il primato del Vescovo di Roma dimostrerà di essere un Primato dell’obbedienza al Vangelo”. “Soltanto se il Vescovo di Roma - ha detto il cardinale -, il cui compito consiste nel far sì che la Chiesa si impegni all’ubbidienza davanti alla Parola di Dio, è egli stesso modello esemplare di ubbidienza e dunque non si auto-concepisce come regnante assoluto intento a seguire soltanto le proprie idee e le proprie visioni, nel senso di una monarchia di tipo politico, né limita il proprio servizio ad un semplice primato onorifico, vi è davvero la speranza e la possibilità che il primato del Vescovo di Roma si ponga al servizio del ristabilimento della Chiesa una e indivisa in Oriente e in Occidente”. “Ci auguriamo di cuore - ha quindi concluso il capo del dicastero vaticano - e preghiamo affinché ciò avvenga, che l’incontro che avrà luogo il prossimo maggio a Gerusalemme tra il patriarca ecumenico Bartolomeo e Papa Francesco, nel ricordo del primo incontro tenutosi cinquant’anni fa tra i rappresentanti delle due Chiese, possa offrire rinnovata speranza nel dono della comunione ecclesiale”. Nel ricordare il richiamo del patriarca Athenagoras nel 1968, “E’ giunta l’ora del coraggio cristiano”, il cardinale rivolgendosi ai vescovi ha aggiunto: “Tutti noi siamo chiamati ad apportare il nostro contributo affinché il cammino della riconciliazione tra la Chiesa d’Oriente e la Chiesa d’Occidente, e quindi anche tra sinodalità e primato, iniziato cinquant’anni fa pieno di promesse, possa infine raggiungere il suo obiettivo nell’agape eucaristica. Questo è un duro compito, ma è in prima linea una grande grazia concessa a tutti noi”. (R.P.)
© www.radiovaticana.org - 27 febbraio 2014
Piuttosto si vogliono far interloquire i punti di forza di entrambe le Chiese, confidando nel fatto che esse siano disposte ad imparare l’una dall’altra e dando prova del principio fondamentale del dialogo ecumenico che consiste nel mutuo scambio di doni. In questo senso, entrambe le parti nel dialogo ecumenico devono fare passi l’una verso l’altra”. Da un lato la Chiesa cattolica “dovrà ammettere che non ha ancora sviluppato nella sua vita e nelle sue strutture quel livello di sinodalità che sarebbe teologicamente possibile e necessario”. Dall’altro “le Chiese ortodosse possono imparare che un Primato anche al livello universale della Chiesa non è soltanto possibile e teologicamente legittimo ma è necessario, e che le stesse tensioni all’interno dell’ortodossia suggeriscono che occorre riflettere su un ministero dell’unità a livello universale”. “La riuscita di una sintesi credibile tra Primato e sinodalità - ha proseguito il cardinale - dipenderà soprattutto da quanto il primato del Vescovo di Roma dimostrerà di essere un Primato dell’obbedienza al Vangelo”. “Soltanto se il Vescovo di Roma - ha detto il cardinale -, il cui compito consiste nel far sì che la Chiesa si impegni all’ubbidienza davanti alla Parola di Dio, è egli stesso modello esemplare di ubbidienza e dunque non si auto-concepisce come regnante assoluto intento a seguire soltanto le proprie idee e le proprie visioni, nel senso di una monarchia di tipo politico, né limita il proprio servizio ad un semplice primato onorifico, vi è davvero la speranza e la possibilità che il primato del Vescovo di Roma si ponga al servizio del ristabilimento della Chiesa una e indivisa in Oriente e in Occidente”. “Ci auguriamo di cuore - ha quindi concluso il capo del dicastero vaticano - e preghiamo affinché ciò avvenga, che l’incontro che avrà luogo il prossimo maggio a Gerusalemme tra il patriarca ecumenico Bartolomeo e Papa Francesco, nel ricordo del primo incontro tenutosi cinquant’anni fa tra i rappresentanti delle due Chiese, possa offrire rinnovata speranza nel dono della comunione ecclesiale”. Nel ricordare il richiamo del patriarca Athenagoras nel 1968, “E’ giunta l’ora del coraggio cristiano”, il cardinale rivolgendosi ai vescovi ha aggiunto: “Tutti noi siamo chiamati ad apportare il nostro contributo affinché il cammino della riconciliazione tra la Chiesa d’Oriente e la Chiesa d’Occidente, e quindi anche tra sinodalità e primato, iniziato cinquant’anni fa pieno di promesse, possa infine raggiungere il suo obiettivo nell’agape eucaristica. Questo è un duro compito, ma è in prima linea una grande grazia concessa a tutti noi”. (R.P.)
© www.radiovaticana.org - 27 febbraio 2014