Siria: tra imperialismi e bancarotta politica araba

siria riccardo cristiano 320x400C’è un racconto che non viene fatto abbastanza ma che è essenziale per capire cosa succede in Siria: è il racconto della bancarotta politica araba. Questo racconto non viene fatto perché rimuoviamo il punto di vista degli arabi e non siamo disponibili a riconoscere contemporaneamente i gravissimi danni causati sia dai sovietici, poi russi, sia dagli statunitensi. Questi danni preferiamo attribuirli tutti all’islam. Eppure è strano che tanti osservatori attenti, colti e ben documentati dimentichino tanto facilmente che l’ultimo grande esercito islamico, quello del sultano ottomano, combatté con le armi i wahhabiti, ritenuti alla Sublime Porta qualcosa di simile alla peste: la follia teologica e culturale del puritanesimo wahhabita arrivò a distruggere importanti sarcofagi islamici, che non dovevano essere luogo di venerazione perché si venera solo Dio: motivo per cui scoraggiano la stessa visita alle tombe di Maometto e dei primi califfi. Tanto che ancora oggi chi compie il pellegrinaggio può solo affacciarsi per qualche momento a una piccola edicola dalla quale vedere in lontananza i preziosi sarcofagi. La guerra cominciò appena i wahhabiti distrussero il sarcofago dell’imam Hussein a Kerbela, all’inizio del XIX secolo: nel 1816 gli uomini del Sultano intensificarono la loro campagna militare e sconfissero i wahhabiti, già sostenuti dai Saud. Molto tempo dopo, subito dopo la conferenza di Yalta, F.D. Roosvelt non ebbe problemi a recarsi a Riad e ad allearsi con loro, che per prendere il potere in Arabia, divenuta tutta saudita, non avevano esitato a combattere tutte le altre tribù, sostenuti solo dalla setta wahhabita. Colpa dell’Islam? Problema per l’Islam, che da allora si è visto trasformato dai miliardi sauditi che gonfiano le tasche degli imam wahhabiti in tutto il mondo.

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