Il Sinodo del Medio Oriente interessa anche noi

di padre Piero Gheddo* 

ROMA, mercoledì, 13 ottobre 2010 (ZENIT.org).- Il Sinodo dei vescovi del Medio Oriente a Roma (10-24 ottobre) merita tutta l’attenzione di noi cristiani d’Italia e d’Europa. Siamo anche noi, anche se in misura minore, messi a confronto con l’islam, che si delinea sempre più uno dei due massimi problemi che la Chiesa universale è chiamata ad affrontare e risolvere nella nostra epoca, con la forza della fede. L’altro problema è senza dubbio il fenomeno della secolarizzazione (o anche relativismo) che mina alla base la fede e la pratica della vita cristiana anche nei nostri popoli evangelizzati da duemila anni.

     Il Medio Oriente presenta oggi molte situazioni difficili, che non favoriscono la sopravvivenza delle numerose e piccole minoranze cristiane. La situazione in Europa grazie a Dio è diversa, ma sono scenari che dobbiamo conoscere, il Medio Oriente non è troppo lontano da noi. Un elenco sommario deve ricordare:

-         il conflitto fra Israele e Palestina che continua da più di sessant’anni;

-         la rivoluzione in Iran nel 1979 che portò al potere Khomeini e il clero sciita, dando origine ad uno stato teocratico che si sta dotando della bomba atomica;

-         la nascita in Iran del “terrorismo islamico” che dai Paesi del Medio Oriente si  diffonde in tutto il mondo;

-         la guerra in Iraq, che non si sa ancora se si concluderà con la nascita di un Paese democratico o di un altro Paese teocratico;

-         la guerra in Afghanistan dove potrebbe rinascere (se la Nato si ritira) uno Stato talebano, cioè di estremisti islamici votati alla “guerra santa” contro l’Occidente cristiano;

-         la crescita del fondamentalismo islamico, che ormai sta conquistando molti musulmani in tutto il mondo, attraverso i partiti politici islamici, la scuola statale e la “scuola coranica”, la predicazione nelle moschee e altri strumenti;

-         preoccupante è l’avanzata dell’estremismo islamico anche in Paesi dove lo Stato trent’anni fa era laico, ad esempio Turchia, Iraq, Malesia, Egitto, Algeria, Iran, Pakistan, Indonesia….

-         La crescita del fondamentalismo islamico in alcuni Paesi ha favorito l’adozione della sharia (la legge islamica) o di parte della sharia. Questo ha una forte influenza sulla vita dei cristiani, che sono costretti a comportarsi in modo “più islamico” e favorisce la loro fuga dai Paesi dell’islam.

-         l’Occidente cristiano (specialmente gli Stati Uniti e l’Europa) è spesso  presentato (anche nei testi scolastici di Paesi islamici) come il nemico storico e attuale dell’islam, da combattere e nei tempi lunghi “riportare a Dio” attraverso l’immigrazione e l’alto tasso di fertilità dei popoli musulmani;

-         anche nello Stato palestinese e a Gaza la tendenza fondamentalista è molto cresciuta, la libertà religiosa diminuita, rendendo molto più difficile un accordo e la pace con Israele.

Il Medio Oriente (dallo Yemen alla Turchia, dall’Iran all’Egitto) conta 356 milioni di abitanti in grandissima maggioranza musulmani. I cattolici sono 5.707.000 e rappresentano l’1,6% dei 256 milioni di mediorientali; tutti i cristiani sono circa 20,6 milioni (5,62%), la maggioranza dei quali in Egitto (copti, 8 milioni), nella penisola arabica 3,5 milioni (in genere cattolici immigrati da Filippine, India, Bangladesh), 1,5 milioni in Siria e 1,4 in Libano (maroniti cattolici e altri).    

Gli scopi del Sinodo per il Medio Oriente sono indicati dal titolo del Sinodo stesso: “La Chiesa Cattolica nel Medio Oriente: comunione e testimonianza”. In altre parole: cercare la comunione e l’unità fra le molte Chiese cristiane e presentare ai popoli islamici la testimonianza di fede e di vita cristiana. Tre le situazioni che il Sinodo deve affrontare:

1)     Il pericolo che l’emigrazione azzeri la presenza cristiana in Medio Oriente.

2)     L’unità della Chiesa e il dialogo ecumenico.

3)     La convivenza e il dialogo con l’islam.

Il Medio Oriente è la regione in cui sono nati il cristianesimo e le prime comunità cristiane. Tutta la regione del Medio Oriente era cristiana prima della nascita dell’islam e delle conquiste islamiche (sec. VII dopo Cristo) ed ha maturato e tramandato tanti documenti e tradizioni apostoliche. Le Chiese cristiane locali sono quindi depositarie di un prezioso tesoro cristiano e culturale che, se continua l’attuale tendenza dei cristiani all’emigrazione verso i Paesi dell’Occidente (Europa, Americhe, Australia) andrà inevitabilmente perduto. Dalla fine della seconda guerra mondiale si calcola che dai Paesi del Medio Oriente siano emigrati verso l‘Occidente circa 10 milioni di cristiani.    

Ma questa fuga è iniziata molto prima. Ad esempio, in Turchia all’inizio del Novecento c’erano circa 2 milioni di cristiani su 18 milioni di turchi, oggi, dopo il genocidio degli armeni e la nascita di Israele, sono meno di 100.000 su 72 milioni! In Turchia, i cristiani ortodossi che fanno riferimento al Patriarca di Costantinopoli sono quasi un  milione nelle Americhe e poche migliaia in Turchia! Dal 1840 il Libano ha registrato quattro guerre intestine a sfondo religioso e ha visto crollare il numero dei cristiani dal 55% nell’anno dell’indipendenza (1932) al 35% oggi. In Egitto i copti erano circa il 19-20% degli egiziani dopo la seconda guerra mondiale, oggi sono l’8-9%.    

Essere cristiani oggi nei Paesi del Medio Oriente richiede grande fede e molto coraggio. Rodolfo Casadei, che ha fatto un’inchiesta approfondita in quattro Paesi medio orientali (“Il sangue dell’agnello”, Guerini e associati, Milano 2008, pagg. 206), scrive: “Quel che colpisce nei cristiani d’Oriente è la convivenza tra la ferialità della vita – secolare come quella di noi europei – ed eroicità della fede, alla quale quasi nessuno è disposto a rinunziare, anche se dovesse costare la vita o, più spesso, l’abbandono della casa e del Paese natio”. I martiri cristiani nel Medio Oriente d’oggi sono molti, anche se noi ricordiamo quasi solo gli italiani come don Andrea Santoro e mons. Luigi Padovese, suor  Leonella Sgorbati, Annalena Tonelli e Luciana Semprini in Somalia  (le prime due le ho conosciute bene sul posto).     

Ma i cristiani hanno ancora una missione specifica in Medio Oriente? Senza dubbio sì: la fine delle Chiese dell’Oriente sarebbe una grave perdita per la Chiesa universale e per le stesse popolazioni islamiche. La minoranza cristiana in Medio Oriente rappresenta un modo di vivere e una cultura diversi, stimolanti, aperti al mondo occidentale e cristiano, che arricchiscono le società islamiche (e anche Israele). Se queste piccole comunità vengono azzerate dall’intolleranza delle popolazioni maggioritarie, gran parte della tradizione e del pensiero delle Chiese d’Oriente andrebbe essere perso per sempre e nulla potrebbe sostituirlo. E sarebbe anche una grave perdita per la Chiesa universale.  

Lo scopo del Sinodo è di fare il punto per  vedere che futuro hanno i cristiani in Medio Oriente, rafforzare la coscienza della loro missione ed esortarli a superare i particolarismi e a camminare verso l’unità delle Chiese cristiane. Ma ha anche lo scopo di richiamare la nostra attenzione, di noi cristiani d’Italia e d’Occidente, per interessarci maggiormente dei nostri fratelli di fede in pericolo di estinzione e per aiutarli come possiamo col sostegno economico e con la preghiera. Ma i fratelli di fede del Medio Oriente possono anche insegnare molto a noi cristiani d’Italia e d’Europa. Soprattutto come porci di fronte all’islam, come dialogare con i popoli islamici, così profondamente diversi da noi. Con i quali, però, dobbiamo inevitabilmente capirci, intenderci, accordarci, se vogliamo costruire un futuro migliore per noi e per tutta l’umanità, evitando di cadere nel baratro di uno scontro, che non avrebbe vincitori ma solo vinti.   

 

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*Padre Piero Gheddo (www.gheddopiero.it), già direttore di Mondo e Missione e di Italia Missionaria, è stato tra i fondatori della Emi (1955), di Mani Tese (1973) e Asia News (1986). Da Missionario ha viaggiato nelle missioni di ogni continente scrivendo oltre 80 libri. Ha diretto a Roma l'Ufficio storico del Pime e postulatore di cause di canonizzazione. Oggi risiede a Milano.

 

© ZENIT - 13 ottobre 2010