le frontiere dell’europa - L’Ucraina sarà sacrificata nel patto tra Trump e Putin?

Trump PutinViaggio a Kiev: c’è chi teme che l’America possa lasciare il Paese in balia della Russia in nome della realpolik. Ma c’è anche chi è ottimista sulla restituzione della Crimea  di Farian Sabahi

KIEV «Trump è imprevedibile, ma a Washington non sono in tanti a nutrire simpatie per Mosca: molto probabilmente la nuova amministrazione difenderà la sovranità ucraina senza interrompere gli aiuti finanziari e militari», osserva Mikhail Minakov, docente universitario di Filosofia politica. Co-fondatore del Bendukidze Free Market Center e collaboratore dell’ex presidente georgiano Saakashvili rientrato a Kiev dopo aver rinunciato all’incarico di governatore di Odessa, Vladimir Fedorin ritiene invece che «l’avvicinamento tra Stati Uniti e Russia potrebbe essere pericoloso per l’Ucraina». Non tutti sono però in grado di percepirlo perché «dei 45 milioni di abitanti, solo tre milioni sono registrati come utenti Facebook e hanno accesso ai media internazionali. Gli altri traggono le informazioni dalle emittenti russe che del candidato Trump hanno dato un’immagine positiva», spiega Kateryna Zarembo, vice-direttore dell’Institute of World Policy.

Il neopresidente potrebbe riconoscere l’annessione russa della Crimea? Kiev potrebbe essere sacrificata sull’altare della realpolitik? A pensarlo sono stati in molti, soprattutto quando Rex Tillerson è stato scelto come segretario di Stato.

 

Per questo a Kiev molti hanno tirato un sospiro di sollievo quando il mese scorso a margine del G20 di Bonn, ha dichiarato al russo Lavrov: «Ci aspettiamo che la Russia onori gli impegni di Minsk e lavori alla de-escalation della violenza in Ucraina».

 
 
L’inizio della crisi

Ma facciamo un passo indietro. Il 21 novembre 2013 l’ex presidente ucraino Viktor Janukovyč respinse l’accordo di associazione con l’Ue proponendo una commissione commerciale tripartita con la Russia. In cambio, Putin gli promise un prestito di 15 miliardi di dollari. L’opinione pubblica ucraina insorse. A febbraio 2014 le proteste di Euromaidan portarono al rovesciamento del presidente e costarono la vita a un centinaio di persone. Un mese dopo Putin annesse la Crimea e nel sudest dell’Ucraina scoppiò la guerra tra l’esercito ucraino e i ribelli separatisti «sostenuti da Mosca che hanno dato il pretesto alle autorità ucraine per violare la costituzione», spiega Minakov.

 
Deriva autoritaria

Dopo tre anni di guerra, tutti concordano che il conflitto avrà fine solo quando Putin non sarà più al Cremlino. Conclusi tra Kiev e Mosca con il sostegno tedesco e francese, gli accordi di Minsk non hanno portato a una soluzione ma «non ci sono altre opzioni», osserva Minakov. «Il presidente ha consolidato il potere nelle sue mani, contro la legge e la costituzione». Una deriva autoritaria aggravata dai gruppi nazionalisti: «Alle urne riscuotono solo un 2 percento di consensi ma sono infiltrati nei servizi e in politica».
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Secondo l’European Council on Foreign Relations, l’Ucraina resta la più sovietica delle repubbliche dell’ex Urss. La lotta alla corruzione è in cima alle priorità. «La corruzione è una questione culturale», interviene Zarembo. «I medici non chiedono denaro, sono i pazienti a dare bustarelle di loro spontanea volontà: è un modo di ringraziare. E il non rispetto delle regole è retaggio dell’epoca sovietica: è difficile rispettare la coda, un tempo se aspettavi il tuo turno restavi a mani vuote».
Tra le riforme più significative vi sono, oltre a quella delle forze armate, il ProZorro per la trasparenza negli appalti e la e-declaration che ha reso noti i patrimoni dei politici, spesso in contanti per la scarsa fiducia nel sistema bancario. Resta tanto da fare, Bruxelles potrebbe dare un contributo nella riforma della pubblica amministrazione e del sistema giudiziario.

Adesione all’Ue o pro Mosca?

A essere corrotti sono i clan legati alla politica e alla finanza (e non a imperi economici), non certo coloro che ricevono il salario minimo di 200 euro mensili. «Stipendi bassi che dovrebbe allettare gli investitori stranieri, se non fosse che questo è il paese d’Europa con il livello più basso di libertà economica per un mix di cattive abitudini pre e post-sovietiche: tante regole, tasse alte, dipendenti pubblici demotivati», spiega Fedorin. Le riforme sono indispensabili per rilanciare l’economia perché, sulla scia delle proteste di Euromaidan, nel 2015-16 il Pil era crollato del 15 percento. L’Unione Europea è il primo partner commerciale ma se teniamo conto delle entità statali, al primo posto c’è la Russia, «anche se il business con Mosca è diminuito perché parte delle imprese sono situate nei territori occupati e gli ucraini boicottano i prodotti russi», nota Zarembo.
Quali opzioni per l’Ucraina? Intimoriti dall’aggressività del Cremlino (sottovalutata quando fu attaccata la Georgia nel 2008), e perplessi di fronte alle prime mosse dell’amministrazione Trump, gli ucraini possono aderire all’Ue, finire del tutto nell’area di influenza della Russia, oppure restare in una zona grigia ma comunque nel raggio d’azione di Mosca. Auspicata dal 55 percento della popolazione, per Zarembo «la soluzione europea è l’unica che garantisca la sopravvivenza nel rispetto degli standard occidentali di trasparenza, elezioni e diritti umani che vorremmo fare nostri».

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