ECUMENISMO: SAE, ACCOGLIENZA, SPIRITUALITÀ ORTODOSSA, TEOLOGIE FEMMINISTE

“Cristo annuncia pace ai lontani e ai vicini perché da entrambi si crei un 'uomo nuovo', quindi anche i vicini vanno guariti, perché i lontani siano sanati”. Dunque “un solo corpo che è la Chiesa, uniti senza confusioni”. La riflessione è del biblista Piero Stefani, che ha aperto, stamattina, i lavori della quarta giornata della sessione di formazione ecumenica del Sae, in corso a Chianciano (Si) fino a sabato, con una meditazione della Lettera agli Efesini. Preso in senso lato, ha osservato il biblista, il testo può avere anche “una valenza civile, oltre che ecumenica”. Perché pace sia “occorre un’accoglienza che non sia né assimilazione, né comunitarismo (identità collettive che si accampano come tali), ma bisogna instaurare una dinamica in cui gli uni e gli altri confluiscano in qualcosa di nuovo, senza dimenticare le proprie origini. Salvare perdendo, senza abbarbicarsi alle proprie collettive identità perché esse restino come ricordo e non come muri; qualcosa va perduto, perché la pace possa essere come spazio in cui tutti si ritrovano”. La mattina è proseguita con la conversazione con Vladimir Zelinsky e Gheorghe Vasilescu condotta da Simone Morandini, che ha rivelato aspetti della spiritualità ortodossa inediti ai più.  E' emerso, ad esempio, che “l’ortodossia non conosce separazioni, nella liturgia si esprime pienamente il dogma. La Divina liturgia eucaristica è preceduta dalla presentazione dei doni, in cui si evidenzia la croce come realtà che permea tutta la vita del fedele ortodosso”. Un ortodosso davanti al volto del crocifisso “scopre la sua condanna - perché Dio è morto per lui - e insieme scopre la sua salvezza. Di fronte alla croce si scopre l’amore, un oceano di perdono”. Contemplando la croce, “è la misericordia di Dio che viene contemplata”, di fronte alla quale non si può restare indifferenti. Croce e risurrezione sono strettamente unite e formano “la teologia della salvezza e della redenzione”. È intervenuta, poi, Cristina Simonelli, docente della facoltà teologica del Triveneto, sul tema su “Croce e com-passione” evidenziando “un percorso nelle teologie femministe”, proponendo alcune prospettive “in forma di laboratorio”. Simonelli ha parlato di differenza tra “passione e com-passione, che dicono la vita stessa di Dio”, e che sono contemporaneamente “capacità di entrare nelle trame più profonde della vita e della storia per cambiarne il segno”. “Pur nei diversi contesti – ha detto Simonelli -, un tratto comune delle teologie femministe è il rifiuto di modelli dolorifici, nei quali la dimensione sacrificale non sia perlomeno indagata criticamente”. Certo, ha aggiunto, “non sono solo le teologhe femministe a dirlo, né la questione riguarda soltanto le donne, ma questo modello sacrificale risulta particolarmente devastante quando è applicato alle donne. Innanzitutto, dal punto di vista socio-politico, in quanto le donne insieme ai loro bambini sono un'alta percentuale degli impoveriti”. In secondo luogo “perché questo modello sembra legarsi ad un tratto antropologico, pure molto diffuso, per cui nelle donne la spiritualità della croce si unisce ad una sorta di ansia oblativa e sacrificale, che moltiplica il modello e le sue conseguenze in modo esponenziale”. Nella sessione spazio anche per la solidarietà: la colletta del culto evangelico con Santa Cena, celebrato ieri sera, è stata devoluta ai giovani universitari dell’Aquila, a supporto dell’opera promossa dalla Federazione delle Chiese evangeliche italiane, la colletta della santa messa cattolica, presieduta martedì da mons. Giancarlo Bregantini, arcivescovo di Campobasso-Bojano, andrà a sostenere la rinascita del monastero delle Clarisse di Paganica, che è stato distrutto dal terremoto.
© SIR 30 luglio 2009