L'identità cristiana della democrazia europea

042q06aBELGRADO, 19. "L'affermazione dell'identità cristiana in Europa non è esclusiva ma inclusiva, nel senso che ha in sé le condizioni necessarie per lo sviluppo di ciò che è il fondamento delle nostre democrazie: la libertà di culto": lo ha sottolineato, ieri, il metropolita ortodosso Emmanuel di Francia, nella relazione svolta in occasione dell'incontro - in corso di svolgimento fino al 20 febbraio, a Belgrado - del comitato congiunto del Consiglio delle Conferenze episcopali d'Europa (Ccee) e della Conferenza delle Chiese europee (Kek) sul tema "Identità nazionale e integrazione europea: un contributo dei cristiani". All'incontro prendono parte le delegazioni dei due organismi europei, guidati rispettivamente proprio dal metropolita Emmanuel di Francia, presidente della Kek, e dal cardinale arcivescovo di Esztergom-Budapest, Péter Erd?, presidente del Ccee. Il metropolita Emmanuel ha ricordato all'inizio del suo intervento che "l'anno 2010 è stato particolarmente ricco di avvenimenti e le tematiche che vengono affrontate a Belgrado trovano una forte risonanza nel contesto attuale e nel messaggio che sarà lanciato al termine dell'incontro". In particolare, il pensiero è andato alle sofferenze delle comunità cristiane nel Vicino e Medio Oriente e ai religiosi che le guidano.
Riferendosi all'identità del continente europeo, il metropolita ortodosso ha spiegato che "la riaffermazione delle radici cristiane dell'Europa, nella prospettiva della costituzione di un'identità collettiva europea ha forgiato, attraverso il tempo e la storia, l'emergere del principio di libertà religiosa". Questo principio, ha aggiunto, "non rappresenta soltanto una caratteristica politica del funzionamento democratico, ma è consustanziale alla formazione di un'identità europea tanto inclusiva che aperta".
L'ecumenismo - ha quindi osservato il metropolita - assume "una dimensione catalizzatrice" di tutti gli sforzi in difesa dei valori fondamentali. A tale proposito, il presidente della Kek ha citato la Charta Oecumenica, di cui quest'anno si celebrano i dieci anni della firma a Strasburgo, avvenuta il 22 aprile 2001. Nel documento - a firma degli allora rappresentanti della Kek e del Ccee, il metropolita Jeremias e il cardinale Miloslav Vlk - è scritto che "le Chiese promuovono una unificazione del continente europeo". In tale ambito, si puntualizza, "non si può raggiungere l'unità in forma duratura senza valori comuni, persuasi che l'eredità spirituale del cristianesimo rappresenti una forza ispiratrice che arricchisce l'Europa". Pertanto, è aggiunto, "sul fondamento della nostra fede cristiana ci impegniamo per un'Europa umana e sociale, in cui si facciano valere i diritti umani e i valori basilari della pace, della giustizia, della libertà, della tolleranza, della partecipazione e della solidarietà".
La Charta Oecumenica, ha ribadito il metropolita Emmanuel, è dunque "limpida" nell'indicare la missione delle comunità cristiane nel panorama attuale europeo. Si tratta "di mettere in rilievo l'impregnazione culturale del cristianesimo nella nostra storia comune, che è quella dell'Europa. Il rappresentante ortodosso ha quindi richiamato i partecipanti all'incontro ad approfondire le conseguenze sociali della crisi economica che imperversa nel continente e ai pericoli "del crescente populismo" che, ha precisato, "sono in contraddizione con la concezione che abbiamo del cristianesimo e del suo messaggio di pace". Questa riflessione si innesta nel più generale ambito di coordinamento e di lavoro che il comitato congiunto del Ccee e della Kek stanno portando avanti fin dal 1972. "Come coniugare l'unità e la diversità - ha spiegato il metropolita Emmanuel - senza contraddizione tra l'uno e l'altro termine è la sfida che abbiamo di fronte". La constatazione di un crescente sentimento di nazionalismo, legato a forme di populismo, ha concluso il rappresentante ortodosso, "pone delle domande in merito alla capacità dell'Europa di far emergere dalla realtà multinazionale e multiculturale" che la caratterizza un modello valido, anche se all'interno di esso "il cristianesimo tenderebbe a essere un elemento di rottura". Il comitato congiunto, come accennato, è stato istituito nel 1972 e ha come compito principale la supervisione della cooperazione tra il Ccee e la Kek. Il comitato comprende, oltre ai segretari generali dei due organismi, sette membri nominati dal Ccee e sette membri della Kek. Il segretario generale del Ccee, padre Duarte da Cunha, in una dichiarazione rilasciata prima dell'apertura dell'incontro, ha spiegato che occorre "identificare e vivere un'identità nazionale che non generi tensioni e non diventi causa di conflitti". In questo, "ci sembra che i cristiani abbiano qualcosa d'importante da dire, proponendo la logica della carità come parametro di vita politica e sociale, perché capace di valorizzare le identità nazionali e, quindi, l'amore per il proprio popolo".

(©L'Osservatore Romano - 20 febbraio 2011)