Il giorno inizia di fronte a un uomo

egitto-spazio-bellezza-dialogoCon grande gioia partecipo per la prima volta all’importantissimo Meeting di Rimini. Di tutto cuore ringrazio Comunione e Liberazione per il loro cordiale e generoso invito, che mi permette di condividere questo eminente evento con tante illustri e stimatissime personalità.
Nel quadro del tema generale del Meeting ("E l’esistenza diventa una immensa certezza") è stato chiesto agli oratori egiziani di parlare della straordinaria esperienza vissuta nel Meeting del Cairo, il 28 e 29 ottobre 2010, sul tema "La bellezza, lo spazio del dialogo" e sugli avvenimenti successivi. È stato un evento storico, potrei dire una rivoluzione nel campo del dialogo interreligioso in Egitto, precursore di un’altra rivoluzione molto più grande e generale che ha coinvolto radicalmente la nostra società e il nostro Paese, e che è lontana dall'essere arrivata al suo termine. 

Prima di tutto, qual è stato il significato del Meeting del Cairo 2010? Questa inimmaginabile iniziativa è stata irradiante scintilla scaturita dal gran sole dei Meetings di Rimini. Un giovane, profondamente musulmano, istruito e sincero, che anno dopo anno vi ha partecipato, è stato tanto convinto dei benefici impatti culturali, sociali e spirituali di tali incontri, che si è sentito obbligato di arricchire il suo amato Paese di tale esperienza. È il nostro caro egregio professore Wael Farouk. Sembra che il nome "Wael" sia predestinato ad avere un ruolo decisivo in questa nostra fase storica: Wael Farouk e Wael Ghoneim. Il Meeting del Cairo è stato il frutto di una convinzione incrollabile, di un coraggio invincibile, e di una speranza illimitata. Siamo sicuri che porterà i suoi frutti, particolarmente nel clima primaverile della rivoluzione del 25 gennaio 2011. (...) 

Non posso parlare della situazione e della visione dei cristiani in Egitto nell’ultimo periodo, senza menzionare un evento storico importantissimo, ed è il Sinodo per il Medio Oriente, cui parteciparono tutti i Vescovi della nostra regione, svolto in Vaticano dal 10 al 24 ottobre 2010, dunque pochi giorni prima del Meeting del Cairo. Abbiamo riflettuto sulla situazione dei cristiani, e sull’urgenza di una migliore e più forte comunione, e sulla nostra missione di testimonianza. Questi erano precisamente le tre parti principali dei documenti e dei lavori del Sinodo. Non potevamo allora immaginare quanto i nostri interventi e dichiarazioni fossero profetiche, e venissero al momento giusto. Infatti, pochi mesi dopo, le rivoluzioni scoppiarono prima in Tunisia, poi in Egitto, Libia, Yemen, El-Bahrein, e Siria. Le richieste di cambiamento dei regimi sono salite anche in Libano, Sudan, Arabia Saudita, e Marocco.

La "Relazione dopo le discussioni" del Sinodo da una qualifica chiara alla presenza dei cristiani nella nostra regione. Essa afferma: «I cristiani del Medio Oriente sono "cittadini indigeni". Appartengono di pieno diritto al tessuto sociale e all’identità stessa dei loro rispettivi Paesi». E i vescovi fortemente chiedono uno "stato civile", che è lontano dall'essere ateo o libertino. Ecco come lo descrivono: «Un sistema socio-politico basato sul rispetto dell’uomo e della sua libertà, sui diritti che gli sono inerenti per la sua natura umana, sull’uguaglianza e sulla cittadinanza completa, nonché sul riconoscimento del ruolo della religione stessa nella vita pubblica, e sui valori morali. Questo sistema riconosce e garantisce la libertà religiosa, libertà di culto come pure libertà di coscienza. Distingue fra ordine civile e ordine religioso, senza predominio dell’uno sull’altro, e nel rispetto dell’autonomia di ciascuno. La religione non deve essere politicizzata, né lo Stato prevalere sulla religione».

Leggendo queste parole, rivedo davanti ai miei occhi le decine di migliaia di giovani riuniti nella piazza El-Tahrir (liberazione), e in centinaia di altre piazze in Egitto, dal 25 gennaio 2010 fino all’abdicazione dell’ex-presidente Mubarak l’11 febbraio e anche dopo, e sento ancora nelle mie orecchie le grida dei loro slogan: «Né poliziesco, né religioso. Civile. Civile». E questo rimane sempre il programma di questi giovani e di quanti si sono associati a loro. 

Dinnanzi a tale bella visione, il Sinodo riconosce e menziona le sfide che affrontano i cristiani del Medio Oriente, e che mi limito a menzionare senza entrare nei dettagli : 
1- Le situazioni politico-religiose dei nostri Paesi, e al centro il conflitto israelo-palestinese.
2- La libertà religiosa e la liberta di coscienza.
3- L’avanzata dell’islam politico a partire del 1970.
4- L’emigrazione. E mi fermerò un momento su questa sfida che mina la presenza cristiana nel Medio Oriente.

(...) Il Sinodo definisce cosi l’attitudine dei cristiani nella loro vita quotidiana: «La testimonianza cristiana a tutti i livelli è la risposta principale nelle circostanze in cui i cristiani vivono». E interpella tutti i fedeli a partecipare positivamente alla costruzione di una città di comunione, affermando: «Tutti i cittadini dei nostri Paesi devono affrontare insieme due sfide principali: la pace e la violenza (quanto è vero oggi quest’appello). Le situazioni di guerre e conflitti che viviamo generano la violenza e vengono sfruttate dal terrorismo mondiale e dalle correnti e dai movimenti estremisti nella regione… La vocazione della Chiesa è il servizio… Dobbiamo in ogni momento dare testimonianza con la vita, senza sincretismo né relativismo, con umiltà, rispetto, sincerità e amore»… Un vero programma di vita e di azione. (...) 

In Egitto, con l’esplosione del "movimento per il cambiamento" chiamato "rivoluzione del 25 gennaio", guardavamo all’avvenire con entusiasmo e ottimismo. Era l’inizio di una nuova fase, segnata dalla fratellanza, dalla coesione sociale, dalla scomparsa delle barriere e delle discriminazioni religiose. Ci sono stati un migliaio di morti e oltre cinque mila feriti. Un "prezzo" consistente, ma lo scopo è stato raggiunto in solo 18 giorni. Gli obiettivi erano semplici ma fondamentali: libertà, dignità e giustizia. 

Lo stesso si può dire del sit-in dei Copti davanti alla sede della televisione egiziana nel quartiere di Maspero al centro del Cairo. Che cosa chiedevano? Nient’altro che i diritti fondamentalissimi: libertà di culto per la costruzione delle chiese necessarie, liberazione dei detenuti cristiani durante la rivoluzione e nei vari episodi di attacchi e violenze contro le chiese e le proprietà dei cristiani, e in base a tutto uno stato di diritto basato sulla cittadinanza e l’uguaglianza nei diritti e doveri. Purtroppo dopo due o tre settimane dalla rivoluzione, sono accaduti dei fatti violenti contro i cristiani, e ve ne dispenso dell’elenco dettagliato.

Davanti a questi fatti positivi e negativi, vorrei menzionare la conclusione della Relazione. I Vescovi dichiarano: «Dobbiamo assumere la nostra vocazione e la nostra missione di testimonianza, al servizio dell’uomo, della società e del nostro paese. Dobbiamo lavorare tutti insieme per preparare una nuova alba in Medio Oriente». Ecco dunque l’accento finale: costruire insieme una "città della comunione", preparare una nuova alba in Medio Oriente, nella fiducia, la speranza e l’impegno positivo, sicuri che Dio è all’opera per aiutare tutti gli uomini di buona volontà.

Si racconta che un maestro di spiritualità chiese al suo discepolo: quando finisce la notte e comincia il giorno? All’aurora del mattino, rispose quello… No, dice il maestro… Ma allora come saperlo, chiede il discepolo?… Di fronte a un uomo. Se vedi in lui un fratello, fa giorno in te, la notte è terminata. Ma se vedi in lui uno straniero, fa notte nel tuo cuore e in te l’alba non è ancora levata.

Tale alba ha bisogno di una rivoluzione di amore, nel cuore di ognuno di noi: nei nostri patriarcati, nelle nostre chiese, e in tutte le nostre istituzioni cristiane, come nell’Azhar El-Sharif, nelle nostre moschee, e in tutte le nostre istituzioni musulmane. È stato facile cambiare il regime. Adesso, siamo noi che dobbiamo cambiarci, dall’interno, nelle nostre idee, i nostri sentimenti, e la nostra volontà. Da qui potrà scaturire un dialogo di cuore a cuore, che avvicina le persone e i gruppi, e ci porta tutti verso una meta comune: costruire il nostro amato Paese sui valori umani, culturali e spirituali. Cosi potremo superare le differenze, per lavorare mano nella mano, in un nuovo spazio di bellezza: il dialogo della vita e della comunione, per la costruzione di un Egitto moderno, deciso a proseguire la sua storia di civilizzazione con una nuova fase di sviluppo scientifico, illuminata dalla fede, la morale e la fratellanza. 

Quest’alba si leverà quando seguiremo la via del dialogo sincero e obiettivo, nella riconoscenza, nel rispetto e nell’ascolto dell’altro, senza volontà di dominazione, di imposizione di una sola visione, e di eliminazione dell’altro differente. Cosi vivremo la nostra vera identità: tutti figli di Dio, fratelli nell’umanità, creati per conoscerci, aiutarci e amarci gli uni gli altri, creando una società di pace, serenità e fratellanza, guardando l’avvenire senza paura ne ansietà, ma con fiducia e coraggio. Cosi il dialogo sarà il giardino della bellezza, e l’esistenza una immensa certezza. 
Grazie infinite per il vostro paziente ascolto.


© www.tracce.it - 24 agosto 2011