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La globalizzazione senza giustizia è una tragedia

"Il primo caso di una pubblicazione ufficiale "a quattro mani". Un manifesto per una concreta azione comune che si basa su questo assunto di principio:  benessere spirituale e benessere materiale stanno in piedi insieme o cadono insieme". Così scrive Pierluca Azzaro, curatore del libro del cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato, L'etica del bene comune nel pensiero sociale della Chiesa (Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 2008, pagine 111, euro 9,50) che verrà presentato venerdì 26 settembre a Mosca, presso l'Università di Stato delle Relazioni Internazionali del Ministero degli affari esteri di Russia. "A quattro mani", perché il volume - stampato in italiano e in russo con i due testi a fronte - è introdotto da una importante prefazione del metropolita Cirillo, presidente del Dipartimento per i Rapporti Religiosi Esterni del Patriarcato di Mosca.
Alla presentazione del libro - pubblicato dalla Libreria Editrice Vaticana in collaborazione con l'associazione internazionale Sofia Idea Russa Idea d'Europa e con l'università moscovita delle Relazioni Internazionali - interverranno per la Chiesa ortodossa il vescovo Mark di Egorievsk, vicepresidente del Dipartimento Relazioni Ecclesiastiche Esterne del Patriarcato di Mosca, e per la Chiesa cattolica l'arcivescovo Antonio Mennini, nunzio apostolico a Mosca, e un rappresentante dell'arcivescovo Paolo Pezzi della diocesi della Madre di Dio a Mosca. Parteciperanno inoltre il rettore dell'università, Anatoly Torkunov, l'ambasciatore d'Italia a Mosca, Vittorio Claudio Surdo, e il rappresentante del Sovrano Militare Ordine di Malta in Russia, l'ambasciatore Gianfranco Facco Bonetti.
In questa pagina pubblichiamo in anteprima l'intervento integrale del metropolita Cirillo e ampi stralci del testo del cardinale segretario di Stato. di Kirill Gundaev
Metropolita di Smolensk e Kaliningrad

 Idocumenti ufficiali della Chiesa ortodossa russa, così come le opere di molti studiosi cristiani - cattolici e protestanti - contengono l'idea che lo sviluppo armonico della società umana sia possibile soltanto sulla base dei valori essenziali dell'amore e del sacrificio, della responsabilità sociale e del servizio al bene comune.
In questo senso il libro di Sua Eminenza il cardinale Tarcisio Bertone L'etica del bene comune nella dottrina sociale della Chiesa, rappresenta un vivido esempio di interpretazione originale delle sfide che la civiltà secolarizzata lancia al cristianesimo moderno. È particolarmente condivisibile la tesi dell'autore secondo la quale una posizione centrale nella dottrina sociale della Chiesa Cattolica Romana spetta non tanto al concetto di giustizia formale, quanto alla "comunità", alla fraternità dei membri della Chiesa in Cristo, tesi alla realizzazione dell'idea del bene comune.

Il cardinale Bertone sottolinea anche la pericolosa tendenza, presente nella vita sociale, del rifiuto del primato dei valori etici a fronte dell'espansione di una cultura "occidentale" aggressiva che, sotto le insegne dell'universalismo, distrugge l'identità e la cultura degli altri popoli. L'autore trae una conclusione pienamente condivisibile:  nella sua aspirazione a realizzare la concezione del bene comune, l'eterno imperativo morale non deve essere sostituito dal consenso sociale, spesso fondato sull'interpretazione soggettiva del bene da parte della personalità umana ferita e offuscata dal peccato.
Parlando del concetto ortodosso del bene comune, bisogna notare che non si tratta soltanto del benessere materiale, non solo della pace e dell'armonia nella vita terrena, ma prima di tutto dell'aspirazione dell'uomo e della società umana alla vita eterna che è il sommo bene per ogni cristiano. Ecco perché, per la coscienza ortodossa, il discorso sul bene comune sarà incompleto se verrà inteso soltanto come realizzazione del benessere nella vita terrena, mentre il sommo bene - la vita in Cristo - viene ignorato dai predicatori del secolarismo radicale e del materialismo volgare.
Quanto abbiamo detto non significa affatto che l'Ortodossia neghi l'aspetto materiale dell'esistenza umana, ritenendolo poco importante per la causa della salvezza. La Chiesa si limita all'invito a individuare in modo corretto le priorità, e a ricordare le parole del Vangelo "Che giova infatti all'uomo guadagnare il mondo intero se poi perde la sua anima?" (Marco, 8,36). Una giusta operosità e la produzione di beni materiali si giustificano solo se vengono adoperati per assicurare all'uomo una vita degna, per aiutare il prossimo a sviluppare il suo potenziale spirituale. In questo modo si risponde all'appello a servire operosamente Dio e la Patria.
Al tempo stesso non bisogna dimenticare che i beni materiali non sono una condizione irrinunciabile per la salvezza e quindi la loro acquisizione non deve diventare fine a se stessa, tale da distruggere la persona e i capisaldi della società umana. La storia dimostra chiaramente che soltanto l'aspirazione a un fine superiore, la capacità di sacrificare i beni terreni in favore dei beni del cielo, la capacità di porsi compiti di ordine superiore, spirituale, rendono la società umana vitale e danno significato alla vita di ogni singola persona. Gli Stati e i popoli che hanno negato il valore della vita spirituale sono scomparsi dalla scena della storia. Per questo è così importante, quando si parla di economia e di crescita del benessere, non dimenticare mai il loro fine superiore:  servire il bene comune materiale e spirituale, non ostacolare, ma forse persino favorire la salvezza dell'uomo.
Non è un caso che, in greco, il termine "economia" significhi edificazione, costruzione.
Nella sua attività economica l'uomo è chiamato a diventare simile al suo Creatore e a seguire la Sua santa volontà. Si può dire che l'economia sia un genere di attività da sempre benedetta dal Creatore. Ma essa non deve attenere a una sfera di interessi esclusivamente materiali. L'economia senza morale, immorale, non è più economia nel senso primo del termine, poiché non serve alla costruzione, bensì alla distruzione.
Nel mondo contemporaneo non sono pochi gli esempi in questo senso:  lampante è la miseria di milioni di persone, il culto del consumismo che rende ottusi, lo sfruttamento degli istinti per scopi volgari, la crisi ambientale. Tutto questo è il risultato di una gestione priva di spiritualità, il frutto dell'"economia" del profitto e dell'egoismo.
Nel codice culturale della Russia, formato dall'Ortodossia, è insita la priorità dei valori spirituali su quelli materiali. Tuttavia, questa tradizione ascetica si combina con un'altra potente tradizione:  quella di un rapporto di cura e di sollecitudine nei confronti dei beni materiali, che ci danno la possibilità di compiere buone azioni.
La nascita di questi due archetipi risale al secolo XVI, alla celebre discussione tra i seguaci di Josif Volockij e quelli di Nil Sorskij. La canonizzazione di entrambi da parte della Chiesa dimostra che entrambe le tradizioni corrispondono allo spirito dell'Ortodossia.
Sia il beato Josif che il beato Nil non avevano alcun disprezzo per il mondo materiale che è stato creato da Dio e quindi ha valore e può essere utile all'uomo. Per questo colui che lavora onestamente e moltiplica i beni materiali compie un'opera divina. In questo modo, la discussione tra gli "josifljani" e i "nestjazateli" riguardava la questione del come disporre dei beni materiali e non del loro valore. I Beati discutevano se fosse meglio rinunciare alle ricchezze o usarle per opere di bene. E il confronto tra questi due approcci diversi ha convinto la coscienza ortodossa della giustezza di entrambe le visioni. La sintesi dei due approcci ha aperto vasti orizzonti per la creazione della ricchezza nazionale e per il suo utilizzo per il bene degli uomini.
Successivamente, il filosofo russo Nikolaj Berdjaev ha detto delle parole bellissime:  "Il problema del pane per me è un problema materiale, ma il problema del pane per il mio prossimo, per tutti gli uomini è una questione spirituale, religiosa". Per un verso l'economia è chiamata a elevare il benessere degli uomini. La gestione dell'economia deve essere efficiente, altrimenti non raggiunge i suoi scopi. Per altro verso l'altro parametro dell'economia, sulla cui importanza la Chiesa insiste, è la giustizia.
Efficienza e giustizia, quindi. L'economia nazionale e il sistema economico mondiale nel suo insieme devono rispondere a questi due principi.
Per ora la globalizzazione economica, a quanto dimostra la prassi, dà frutti opposti a quelli che si supponevano in partenza. Solo negli ultimi vent'anni la differenza di reddito tra i ricchi e i poveri è aumentata a dismisura, l'economia internazionale è sempre sull'orlo di una crisi finanziaria, e come prima, milioni di esseri umani non hanno accesso alle conquiste della civiltà.
Un sistema economico del genere non può certo definirsi etico.
Nel settembre del 2007 una delegazione della Chiesa Ortodossa Russa ha preso parte ai lavori della iii Conferenza Cristiana Europea interconfessionale a Sibiu, Romania. Nell'appello finale della conferenza si sottolinea come "in tutto il mondo, persino in Europa, il moderno processo di globalizzazione radicale del mercato approfondisce nella società umana il distacco tra coloro che riescono e coloro che invece rovinano, sminuisce il valore di molte persone, ha conseguenze ambientali catastrofiche e, soprattutto, a causa dei cambiamenti climatici, diventa incompatibile con uno sviluppo armonioso del pianeta".
Si tratta di una posizione condivisa non solo dai cristiani delle diverse confessioni. Sono solidali con noi anche i capi di altre importanti comunità religiose. Non è un caso che il tema della giustizia e dell'economia globale sia stato uno dei temi al centro dell'attenzione del summit mondiale dei capi religiosi che si è svolto a Mosca nel luglio del 2006 e che ha raccolto i rappresentanti di tutte le principali religioni del pianeta. Nell'appello conclusivo, rivolto tra l'altro ai capi dei Paesi del g8, il summit ha dichiarato che "l'ordinamento economico internazionale, così come le altre sfere del governo globale, devono entrambi basarsi sulla giustizia. Tutta l'attività economica e produttiva deve essere socialmente responsabile e poggiare sulle norme della morale. Proprio questo la renderà davvero efficiente, cioè foriera di bene per gli uomini".
La strada che imboccherà l'umanità nel terzo millennio dipenderà in gran parte dal modo in cui le classi dirigenti politiche ed economiche dei Paesi sviluppati ascolteranno i consigli dei capi religiosi del pianeta ed elaboreranno forme più giuste di sviluppo economico globale.
Nel Corpus dei Principi e delle Regole morali nell'Economia - documento fondativo del Concilio Ecumenico del Popolo Russo dedicato all'etica economica - si sottolinea giustamente che "il denaro è soltanto un mezzo per raggiungere un fine preposto. Esso deve essere sempre in movimento, in circolazione. Il lavoro, autentico, totalmente appassionante, ecco la vera ricchezza dell'imprenditore! L'assenza del culto del denaro emancipa l'uomo, lo rende interiormente libero".
Il vero uomo d'affari ricorda sempre che il profitto è soltanto un mezzo per continuare e sviluppare il proprio lavoro per il bene del prossimo. Per noi, il significato principale del nostro lavoro deve essere servire Dio, il nostro prossimo e la Patria, attraverso la creazione di beni materiali e spirituali indispensabili per una vita degna. Qui sta la principale differenza tra l'etica socio-economica ortodossa, tra la nostra concezione del "bene comune" e la ben nota "etica del capitalismo".
In questo senso, la pubblicazione in lingua russa del libro di Sua Eminenza il cardinale Tarcisio Bertone, nel quale si rinvengono molte assonanze con la dottrina sociale della Chiesa Ortodossa Russa, sarà in grado di dare un nuovo importante impulso allo sviluppo del dialogo tra ortodossi e cattolici sul significato dei valori spirituali e morali nella vita della società contemporanea.

(©L'Osservatore Romano - 25 settembre 2008)