Sulla strada dell’unità fra i battezzati

taizePrende il via venerdì 28 a Roma il trentacinquesimo incontro europeo dei gio-vani promosso dalla Comunità di Taizé. In oltre quarantamila sono attesi per il tradizionale “pellegrinaggio di fiducia sulla terra” che si snoderà lungo sei giorni scanditi dalla preghiera, dalla riflessione e dalla vita in comune con le famiglie, le parrocchie e le comunità religiose di Roma e del Lazio. Momento centrale dell’appuntamento sarà l’incontro con Benedetto XVIin programma nella serata di sabato 29 in piazza San Pietro. Qui di seguito pubblichiamo una riflessione del priore della comunità ecumenica tratta dal libro, uscito proprio in questi giorni, nel quale vengono affrontati i richiami a una maggiore radicalità cristia-na e a un confronto fecondo tra fede e mondo contemporaneo (Pellegrini di fi-ducia. Il cammino di comunione seguito a Taizé, Bologna, Editrice missio-naria italiana, 2012, pagine 126, euro 10).


di fratel ALOIS

Per i giovani in particolare è essen-ziale che la testimonianza di ricon-ciliazione non sia espressa astratta-mente, ma sia vissuta concretamen-te. Nel prendere dimora in un vil-laggio della Borgogna, all’inizio della seconda guerra mondiale, frè-re Roger aveva scelto, come Gio-vanni Battista, un luogo deserto. E, come il Precursore, ha visto arrivare folle assetate, che cercano la vera vita, il senso della vita, che cercano un rapporto personale con Dio. Frère Roger ci ha trasmesso la pas-sione di accogliere, di ascoltare chi arriva, senza distinzioni. Giovanni Battista ha presagito che Colui che doveva venire, il Messia, cammina-va già con quelli che venivano da lui. Noi dobbiamo imparare da Giovanni come preparare la strada di Cristo per le donne e gli uomini di oggi: è il Cristo misteriosamente presente in quelli che accogliamo che deve crescere in noi. E insieme, impariamo da Giovanni l’umiltà: occorre che Cristo cresca e il testi-mone diminuisca (Giovanni, 3, 30). Secondo l’Apocalisse, la Chiesa del futuro, la Chiesa indivisa, riunisce uomini e donne «di ogni tribù, lin-gua, popolo e nazione» (Ap o c a l i s s e , 5, 9). I giovani che vengono a Tai-zé, forse, nei raduni internazionali, nella preghiera celebrata in tante lingue, intuiscono qualcosa dell’uni-tà della Chiesa, ancora da scoprire ma già esistente. Forse intuiscono che qui si trova un seme di unità della famiglia umana. Per potersi aprire a una comprensione più pro-fonda del mistero della Chiesa, i giovani hanno bisogno di un’esp e-rienza di comunione più ampia di quella che sperimentano nelle loro Chiese locali. L’insegnamento da solo, senza un’esperienza concreta, non basta più, oggi, a trasmettere la fede. Noi vorremmo invitare i giovani provenienti da diverse confessioni ad aprirsi alla Chiesa universale, al-la comunione tra tutti i battezzati, ma al tempo stesso li invitiamo ad approfondire la loro appartenenza ecclesiale. Costruire la nostra testi-monianza sull’anticipazione della Chiesa indivisa non ci impedisce minimamente di essere solidali con la realtà, che vede i battezzati divisi tra diverse confessioni. Frère Roger ricordava a volte che Giovanni Bat-tista non ha trattenuto attorno a sé i propri discepoli, ma ha mostrato loro il Cristo e li ha lasciati andare dietro a Cristo. È il segno dell’au-tenticità della sua testimonianza. Anche noi siamo chiamati a non trattenere presso di noi quelli che vengono da noi, a non creare un movimento di Taizé ma a inviarli a casa, verso le loro Chiese d’origine. Cerchiamo di conservare, giorno dopo giorno, questa tensione a vi-vere in comunione con le diverse Chiese, con i loro responsabili, e al tempo stesso porre dei segni che in-dichino come possiamo già vivere qualcosa dell’unità della Chiesa indivisa.

(©L'Osservatore Romano 27-28 dicembre 2012)