Verso l’unità con la forza della preghiera

alleanzaIstanbul, 15. «La riconciliazione ecumenica nella sua essenza richiede totale umiltà, profonda sincerità e autenticità spirituale, per ascoltarsi davvero gli uni gli altri. Queste so-no qualità ammirevoli e la vostra opera è un servizio che ispira tante persone attraverso le generazioni e per il mondo»: è il saluto e il rin-graziamento che il Patriarca ecume-nico, Bartolomeo, arcivescovo di Costantinopoli, ha rivolto ai rappre-sentanti della comunità internazio-nale di Taizé convenuti a Istanbul, dal 3 al 6 gennaio, per festeggiare la solennità dell’Epifania del Signore assieme agli ortodossi. Bartolomeo — in occasione dei vespri celebrati, sabato 5, nella chiesa patriarcale di San Giorgio al Fanar — ha ricordato come la riconciliazione ecumenica sia «l’idea forte» sulla quale la co-munità di Taizé è stata fondata, «un concetto fatto nascere da fratel Ro-ger». E rivolgendosi in particolare all’attuale priore, fratel Alois, agli al-tri membri della comunità e ai gio-vani (un centinaio venuti da venti-cinque Paesi), il primate ortodosso ha sottolineato come «l’impegno a realizzare l’unità, che voi e gli altri fratelli della comunità di Taizé avete preso per tutta la vita, ci dà un vivo esempio del modo in cui possiamo sperare di compiere la preghiera di Cristo nei nostri rapporti con le al-tre comunità cristiane». È proprio la preghiera, secondo l’arcivescovo di Costantinopoli, la «forza indescrivibile e misteriosa ca-pace di portare le persone e le istitu-zioni ad agire in modi differenti». Solo così «possiamo camminare nel-la speranza verso la pace». E citan-do la lettera Vers une nouvelle solida-rité, scritta nel 2012 da fratel Alois, ha auspicato che «la preghiera ci conduca allo stesso tempo verso Dio e verso il mondo», perché «ciò che sembra spesso impossibile agli occhi dell’umanità può essere realizzato da Cristo in risposta alle nostre ferventi preghiere». Per questo — ha detto ancora il Patriarca ecumenico — «ve-diamo una grande saggezza nel ri-cercare il cambiamento nel mondo attraverso la preghiera». Dopo essere stati accolti e riuniti, giovedì 3, nella chiesa armeno-catto-lica di San Giovanni Crisostomo e poi nella chiesa greco-ortodossa del-la Santa Trinità, dove il metropolita Germanos ha presieduto una cele-brazione, gran parte dei pellegrini hanno raggiunto le famiglie ospitan-ti nel loro soggiorno a Istanbul. Co-me si legge nel sito on line di Taizé, venerdì 4 i partecipanti hanno visita-to Santa Sofia e San Salvatore in Chora, quindi il monastero ortodos-so di Baloukli, dove sono stati rice-vuti dal metropolita Gennadios e dove si trova, fra le altre, la tomba del Patriarca Atenagora, più volte incontrato da fratel Roger negli anni Sessanta del secolo scorso. Tappe successive la chiesa apostolica arme-na della Santa Trinità, accolti dal vescovo Sahak Mashalian, e quella armeno-cattolica di San Giovanni Crisostomo dove i giovani di Taizé hanno eseguito i loro tradizionali canti e dove si è pregato nelle diver-se lingue dei cristiani di Turchia. Ed è stato qui che fratel Alois ha spie-gato il significato del “p ellegrinag-gio di fiducia” a Istanbul: «Perché — si è chiesto il priore rivolgendosi ai cristiani turchi — abbiamo biso-gno di voi? Essenzialmente per due ragioni. La prima è perché qui, su questa terra, la nostra fede è stata formulata nel Credo, la fede cristiana si è aperta a una cultura che non co-nosceva la Bibbia. I padri della Chiesa l’hanno approfondita. Tutti noi abbiamo delle radici qui. In un’epoca in cui, grazie ai mezzi di comunicazione, possiamo esprimere più facilmente una comunione uni-versale dei cristiani, è importante ri-cordarci di questa comunione oggi», in un ideale collegamento con i pre-cedenti periodi storici. «Il secondo motivo — ha spiegato Alois — è che voi, cristiani di Istanbul, ci date un vivo esempio del modo di vivere in minoranza in una società dove il cri-stianesimo è marginale. Sappiamo come ciò sia difficile, e vi siamo ri-conoscenti per questo segno del Vangelo. Vi ringraziamo per la vo-stra fedeltà e la vostra perseveranza. E vorremmo incoraggiarvi a conti-nuare sul cammino di comunione fra differenti tradizioni e differenti Chiese. Pregate insieme tutti gli an-ni durante la settimana dell’unità, e più spesso durante l’anno. Così re-stiamo in comunione con voi». Il saluto e il ringraziamento di Bartolomeo, come detto, sono arri-vati la sera dei vespri dell’Epifania al Fanar, nella chiesa di San Gior-gio. «Che gioia per i nostri cuori ac-cogliervi qui oggi. E con ciascuno di voi accogliamo anche la speranza dell’unità cristiana che rappresenta-te. Ci rallegriamo dell’entusiasmo dei giovani per il Cristo e la sua Chiesa, e per il suo fedele servizio. La sacra Scrittura — ha ricordato il Patriarca ecumenico — afferma il po-tenziale rappresentato dai giovani nella fede cristiana, attraverso le sto-rie di Giuseppe, Ester, Davide, Gio-vanni, Marco e Timoteo. Come san Paolo ha osservato nella sua prima lettera a Timoteo: “Nessuno disprez-zi la tua giovane età, ma sii di esem-pio ai fedeli nel parlare, nel compor-tamento, nella carità, nella fede, nel-la purezza” (4, 12). E la preghiera di Cristo in Giovanni17, 11 “Padre san-to, custodiscili nel tuo nome, quello che mi hai dato, perché siano una sola cosa, come noi”, ci lascia nell’attesa che la sua preghiera sarà un giorno realtà. Amando i nostri fratelli cristiani — ha concluso l’a rc i -vescovo di Costantinopoli — deside-riamo cominciare a realizzare la ri-conciliazione ecumenica voluta dal Cristo». I giovani di Taizé hanno ri-sposto intonando l’O tu l’al di là di tutto, parole di san Gregorio Nazian-zeno (detto il Teologo), che fu ve-scovo di Costantinopoli nel IV seco-lo. Bartolomeo li ha aspersi con l’ac-qua benedetta e ha poi donato loro una croce e una piccola icona. In piccoli gruppi si sono quindi diretti in diverse zone della città per incon-trare una comunità ortodossa sul Bosforo, giovani di diversi riti nella cattedrale cattolica del Santo Spiri-to, i focolarini, luterani, anglicani e loro amici musulmani, persone im-pegnate nell’accoglienza dei rifugiati e dei migranti. Infine, il 6 gennaio, la tradizionale benedizione delle ac-que, prima in San Giorgio e poi sul-la riva del mare, al Corno d’oro, do-ve il Patriarca ha gettato una croce, subito recuperata da una ventina di fedeli tuffatisi in acqua.

© Osservatore Romano - 16 gennaio 2013