Per dare all'Europa un orizzonte più grande

di Gianni Ambrosio
croce-tramonto Il beato Giovanni Paolo II, facendo tesoro delle proposizioni dei padri sinodali, pubblicò nel 2003 l’esorta-zione apostolica Ecclesia in Europa, un testo che ritengo fondamentale per la missione della Chiesa in Euro-pa. La Comece ha in programma al-cune iniziative per ripresentarlo a dieci anni dalla sua pubblicazione, sottolineando in questo modo il nes-so tra l’esortazione apostolica e il la-voro dei vescovi che operano in que-sto organismo. Sono personalmente convinto che le considerazioni di Giovanni Paolo II mantengano tutta la loro attualità. Semmai possono es-sere ulteriormente precisate e appro-fondite in riferimento a ciò che è avvenuto in questi dieci anni.
«È com-pito urgente della Chiesa offrire nuovamente agli uomini e alle don-ne dell’Europa il messaggio liberante del Vangelo», scrive Giovanni Paolo II. Messaggio liberante, messaggio di speranza, quella speranza che, af-ferma il Papa, l’Europa pare aver nel matrimonio». Così si diffonde «il vuoto interiore che attanaglia molte persone, e la perdita del signi-ficato della vita». In questo contesto si diffonde l’individualismo: si assi-ste a «un crescente affievolirsi della solidarietà inter-personale e molte persone si sentono più sole, lasciate in balia di se stesse, senza reti di so-stegno affettivo». Concludo questi rapidi cenni sulla situazione religiosa e culturale con un’ultima affermazione: «La cultura europea dà l’impressione di un’ap o-stasia silenziosa da parte dell’uomo sazio che vive come se Dio non esi-stesse». A questa affermazione di Giovanni Paolo II aggiungo una ci-tazione tratta dal discorso di Bene-detto XVItenuto il 24 marzo 2007 in occasione del convegno organizzato dalla Comece e dedicato a «Valori e prospettive per l’Europa di domani, a cinquant’anni dalla firma dei Trat-tati di Roma». Anche Benedetto XVI ha fatto ricorso al termine “ap osta-sia”, ma con una formulazione diver-sa che tocca ancora di più la que-stione antropologica. L’Europa sta attuando un’apostasia «da se stessa prima ancora che da Dio», e questo porta l’Europa a «dubitare della sua stessa identità». Alla luce di questa situazione, ve-diamo alcune linee di intervento per la missione della Chiesa in Europa. Ne sottolineo tre, sempre desunte da Ecclesia in Europa, a cui aggiungo giatevi! Voi sapete di avere il compi-to di contribuire a edificare con l’aiuto di Dio una nuova Europa, realistica ma non cinica, ricca d’idea-li e libera da ingenue illusioni, ispi-rata alla perenne e vivificante verità del Vangelo. Per questo siate presen-ti in modo attivo nel dibattito pub-blico a livello europeo, consapevoli che esso fa ormai parte integrante di quello nazionale, ed affiancate a tale impegno un’efficace azione culturale (…). Il Signore renda fecondo ogni vostro sforzo e vi aiuti a riconoscere e valorizzare gli elementi positivi presenti nell’odierna civiltà, denun-ciando però con coraggio tutto ciò che è contrario alla dignità dell’uo-mo». Sottolineo solo i tre ambiti di lavoro: l’azione culturale, il dibattito pubblico, il discernimento, ricono-scendo e valorizzando gli elementi positivi della civiltà europea odierna e denunciando ciò che è contrario alla dignità umana. Queste indicazioni del magistero pontificio e dei vescovi sinodali co-stituiscono i punti di riferimento dell’attuale impegno della missione della Chiesa in Europa. Questo vale certamente per la Comece, così co-me vale per il Consiglio delle confe-renze episcopali d’Europa. Senza ad-dentrarmi nel lavoro piuttosto com-plesso della Comece, mi limito a di-re che essa segue con attenzione tut-te le normative, attua e realizza con-fronti su temi con le istituzioni euro-pee, offre pareri e proposte su diver-se questioni che riguardano la vita dell’Europa, dal punto di vista cul-turale e sociale, politico ed economi-co, non solo per favorire il cammino di pace e di giustizia, ma anche, e soprattutto, per mettere in luce ciò che è in gioco nelle scelte, e cioè la persona umana, la visione dell’uo-mo. Il nesso tra la fede e la questio-ne antropologica è particolarmente importante nel nostro contesto plu-ralistico e democratico. Allora la cu-ra della persona umana in tutti i suoi aspetti e risvolti deve essere al centro della comunicazione della fe-de. Un’esistenza impoverita, incapa-ce di generare, stanca e rassegnata, chiusa nel suo piccolo mondo, non è degna della persona umana. L’a n t ro -pologia postmoderna genera un pro-fondo disagio delle persone, un sen-so di vuoto interiore. Ma la denun-cia ecclesiale non è sufficiente. La denuncia segnala la difficoltà, anzi l’impossibilità, di vivere bene con un “cielo chiuso”, nella solitudine, nel narcisismo, nella libertà illusoria: la felicità dell’io richiuso in se stesso è una felicità da consumo, inseguita come l’istanza che giustifica ogni co-sa. Una simile antropologia narcisi-sta e consumista non ha escluso la fede, ma ha posto le condizioni per non avvertire quasi più la domanda di senso. Insieme alla denuncia, oc-corre operare per offrire un orizzon-te più grande, aiutando a superare la frammentarietà che si accontenta dell’attimo, con una progettualità della persona, con segni di continui-tà, di fedeltà e di spessore che inci-dono nella vita e aiutano a guardare in alto al futuro. La fede cristiana è realtà personale e pubblica. Questo risvolto pubblico della fede è essenziale per la vita, per la vita del credente e per la vita stessa delle nostre società. Questa dimensione pubblica può essere re-cuperata e affermata entrando nel dibattito pubblico con competenza, con serietà, con rispetto. Le comuni-tà religiose devono essere accolte nello spazio pubblico, come Jürgen Habermas, per esempio, ha più volte affermato. Da parte dei credenti e delle comunità religiose si tratta di “rendere ragione”, di proporre, di dialogare, di testimoniare la disponi-bilità al servizio e alla solidarietà. Questo servizio che la fede cristiana e le comunità ecclesiali possono ren-dere alla società è prezioso per con-solidare le basi stesse delle società pluraliste e democratiche. L’ultima linea-guida che evidenzio è la trasparenza della Chiesa per la missione in Europa. Ciò che costi-tuisce la Chiesa nel suo intimo più vero e più profondo non nasce dalla Chiesa e dai suoi progetti, ma dall’azione di amore di Dio nei con-fronti dell’umanità. Gesù Cristo ha portato a compimento il progetto di amore di Dio e ha reso noi, uniti a Lui, creature nuove. Gesù Cristo è l’insuperabile compimento della spe-ranza dell’uomo. La Chiesa deve la-sciar trasparire la bellezza e la grazia di questo amore di Dio e annunciare il legame stretto tra Cristo e l’uomo, legame che, secondo una densa for-mulazione del cardinale Kasper, por-ta a riconoscere che la determinazio-ne cristologica dell’esser uomo non è qualcosa d’estraneo all’uomo. La Chiesa, e in essa la Comece, svolge la sua missione in Europa e si pone al servizio della persona e della so-cietà europea offrendo il suo contri-buto cercando di essere sempre di più ciò che è nel disegno di Dio: e cioè di essere, «in Cristo, in qualche modo il sacramento, ossia il segno e lo strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano» (Lumen gentium, 1).

(©L'Osservatore Romano 21-22 gennaio 2013)