E il mondo slavo fece ingresso nella cristianità

cyril-2di VILIAM JUDÁK

I santi Cirillo e Metodio svolsero il loro servizio missionario in unità sia con la Chiesa di Costantinopoli, dalla quale erano stati inviati, sia con la Sede apostolica di San Pie-tro, che approvò e confermò la loro opera dando così testimonianza dell’unità della Chiesa. Era una mis-sione religiosa e cristiana, aveva co-me motivo conduttore e obiettivo la piena conversione degli slavi alla fe-de cristiana, la professione del Van-gelo e l’organizzazione di una co-munità religiosa salda e vitale, quel-lo, cioè, che anche oggi è l’obiettivo delle missioni cattoliche: implantatio Ecclesiae. La situazione politica, nel-la quale si è realizzata, come anche i suoi eventuali effetti e le relazioni con le vicende storiche del tempo, non ne disturbano minimamente l’impronta fondamentale e basilare. Applicare le moderne categorie ideologiche alla missione cirillo-me-todiana sarebbe semplicemente anti-storico. Rastislav si era forse accorto di ciò che sarebbe accaduto a seguito dell’invito ufficiale e dopo l’arrivo della missione bizantina nella Gran-de Moravia, nel caso in cui si fosse-ro realizzati i suoi piani. Sapeva che volente o nolente la Grande Mora-via sarebbe diventata un crocevia di culture, di cerimonie e di diritti. Non poteva ormai non rispettare il lavoro dei precedenti missionari oc-cidentali, non poteva ormai cambia-re il rito latino, che una gran quan-tità degli abitanti della sua terra aveva già accolto, non poteva can-cellare ormai la civilizzazione orien-tata verso l’occidente, ma per il suc-cessivo sviluppo e l’autonomia del Paese scelse questo dualismo, cioè l’influenza di Bisanzio, come se vo-lesse indietreggiare dai suoi origina-ri intenti di costruire un nuovo Sta-to indipendente e autonomo nell’Europa centrale. Voleva essere autonomo dalle influenze politiche dei Franchi e autonomo dalla giuri-sdizione ecclesiastica del potere dei vescovi della Baviera. Intuiva che anche le nazioni a nord e a est degli Slavi si sarebbero emancipate costi-tuendo nuovi Stati, come avvenne nel secolo seguente per la Polonia e la Russia. Rastislav, nella storia de-gli Slavi meridionali e occidentali, giocò un ruolo insostituibile. Pecca-to che non venne compreso e realiz-zato anche da Svätopluk, che si de-dicò all’allargamento dei territori dell’impero, tattica che si dimostrò poco dopo la sua morte come infeli-ce e sbagliata. Ultimamente si sono moltiplicati gli studi sulle relazioni (e sulla for-mazione) nell’alto medioevo delle nuove nazioni cristiane negli ex ter-ritori dell’impero romano. Ma è proprio verso la loro rinnovata unità civile e politica (e anche religiosa nella prospettiva ecumenica) che si dirige l’attuale Unione europea. Ep-pure, l’intero processo storico che ha portato all’originale formazione dell’unità religiosa, morale e civile rimane poco noto e in gran parte si appoggia ai miti culturali del passa-to e ai resistenti pregiudizi di razza, di nazione e di confessione religio-sa. L’attuale storia della Chiesa in generale viene avvertita con questi limiti. Se facciamo riferimento (in modo astratto o pragmatico) al pas-sato “cristiano” dell’Europa, se in-terpretiamo il processo di “evange-lizzazione” e “cristianizzazione” co-me un’azione missionaria tra le sue nazioni e le sue culture e se ci sfor-ziamo di ricondurre l’Europa alle sue cosiddette radici e all’identità nazionale, si richiede una conoscen-za del concreto e reale passato stori-co e culturale delle singole nazioni. Da parte delle Chiese cristiane non possiamo certo aspettarci che, nel tentativo di edificare nella futura Europa una “civiltà d´amore” e di solidarietà fraterna, comincino a esortare i Paesi affinché introducano leggi controverse, crociate e principi discriminatori paralleli o analoghi nelle forme legali e sociali a quelli contenuti nei documenti e negli scritti di Carlo Magno, la cui mano militare impose alle nazioni suddite il battesimo individuale e il rispetto delle norme della morale religiosa nella società romano-germanica sot-to la minaccia della pena di morte. Sì, siamo all’inizio del terzo mil-lennio della nostra storia e in quan-to partecipi di questo passaggio di era siamo testimoni di enormi cam-biamenti. Ma non possiamo non avere davanti agli occhi il momento storico in cui i nostri antenati nello spirito di Rastislav e Metodio ci hanno per la prima volta indicato il loro (e quindi anche il nostro) orientamento cristiano. Dal tempo in cui i missionari bi-zantini hanno legato gli antichi Sla-vi alla cristiana Roma e quindi all’orientamento culturale-religioso dell’Occidente, l’idea cirillo-meto-diana nel corso di tutta la nostra storia è divenuta la seconda natura della vita slava. Dal momento in cui papa Adriano II nell’867 accolse a Roma la delegazione della Grande Moravia di Rastislav guidata da Co-stantino (Cirillo) e da Metodio, che portavano nella città eterna i messali in lingua paleoslava, e quando il pa-dre della cristianità acconsentì a tale liturgia, il mondo slavo entrò nella storia della cristianità e d’Europa. Si ingrandirono anche i confini dell’impero della Grande Moravia e questa iniziò a partecipare alle vi-cende spirituali europee. E quando Metodio divenne arcivescovo metro-polita della nuova provincia mora-vo-pannonica, crebbe nell’E u ro p a centrale — «sotto la protezione di san Pietro» — un nuovo fattore ec-clesiastico e politico, che doveva es-sere rispettato, per il suo rapporto con Roma, da formazioni statali in quel tempo molto più grandi.

© Osservatore Romano - 27 febbraio 2013